Con quell’odore un po’ così

Feromoni, un mondo animale…

30-David-Lazar-Lion-Teeth© 2014 David Lazar

Immaginate un bel maschio in cerca di consorte, a un certo punto finalmente trova una femmina compiacente e fa ciò che tutti gli animali fanno dalla notte dei tempi. Ora pensate invece alla femmina: è l’inizio della gravidanza ma succede che il partner si è allontanato, nei paraggi capita un altro maschio che subito mostra interesse e però si sa come vanno queste cose se poi lui rimane e si trova i figli di un altro… Che fare? Taaack! Aborto spontaneo (sai mai che quello poi se li mangi i pargoli).

Sconcertati? Di fatto questo è un piccolo estratto della vita sessuale di un topo e un esempio di come agiscono i feromoni.

In numerose specie animali buona parte della vita sociale e riproduttiva avviene seguendo comportamenti stereotipati regolati da molecole che veicolano informazioni sullo status dell’animale o dell’ambiente circostante: presenza di un predatore-allarme; presenza di un partner disponibile-accoppiamento; cure parentali; ecc. Il termine feromone deriva dal greco pherein (trasferire, portare) e hormon (eccitare, stimolare) e fu coniato nel 1959 dai ricercatori P. Karlson e M.Luscher:

Pheromones are defined as substances which are secreted to the outside by an individual and received by a second individual of the same species, in which they release a specific reaction, for example, a definite behavior or a developmental process (P.Karlson & M.Luscher, Nature, 1959).

All’epoca Adolf Butenandt aveva appena isolato il primo feromone: il bombicolo, feromone sessuale del baco da seta Bombyx mori, da cui appunto il nome (per stare in tema gli studi invece sugli ormoni sessuali avevano già valso a Butenandt il Nobel per la chimica nel 1939). La scoperta provocò molto fermento perché era la prima prova diretta di una forma di comunicazione chimica fra gli animali. L’idea che esistesse c’era già, ma passare dalle ipotesi e alcune evidenze etologiche alle prove stringenti è un’altra cosa: si apriva così tutto un nuovo ambito di ricerca.

1000px-Bombykol.svg  Molecola di bombicolo

PairedmothsCoppia di falene (Credit: wikipedia)

I feromoni fanno parte della famiglia dei semiocomposti (semiochemicals), composti chimici che mediano la comunicazione animale a diversi livelli e anche tra specie diverse. La caratteristica specifica dei feromoni è di essere molecole, anche inodori, rilasciate da un individuo e in grado di indurre in altri individui della stessa specie una risposta comportamentale innata, che cioè non deve essere appresa: reazioni di attacco o di fuga, di accoppiamento, di cure parentali fanno parte di un repertorio comportamentale che l’animale già possiede alla nascita e che viene “scatenato” da un messaggio chimico (il feromone appunto).

Come sono classificati i feromoni?

Classicamente i feromoni sono distinti in base alla loro funzione e all’effetto che provocano sull’animale “ricevente”:

Releaser sono le sostanze che scatenano una risposta comportamentale immediata. Per esempio l’istinto di suzione nei piccoli conigli è scatenato dal 2-metilbut-2-enale presente nel latte di mamma coniglia.

Primer sono invece molecole che agiscono sullo stato ormonale dell’animale ricevente o influenzano il suo sviluppo. Nell’urina dei topi maschio per esempio sono presenti diverse sostanze derivate dal testosterone che possono influenzare i livelli ormonali delle femmine: il α-farnesene, per citarne uno, agisce accelerando la pubertà delle femmine (Vanderbergh-effect, Vanderbergh 1969; Drickamer 1987; Mucinatt-Ceretta 1995).

A queste due categorie ne sono state aggiunte altre che includono sostanze in realtà attive anche in modo interspecifico, cioè tra specie diverse, e che hanno principalmente un ruolo di riconoscimento con innesco di reazioni di fuga o attacco: queste sostanze vengono infatti chiamate  “di allarme e rintracciamento”. Un classico esempio è la feniletilamina presente nella pipì di puma e altri felini: provoca un’immediata risposta di panico nel topo.

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Come dicevo un feromone è una molecola che induce una risposta stereotipata e innata nell’animale ricevente. Di fatto però la comunicazione tra gli animali è un po’ più complicata e di solito a determinare la specificità di un’azione è il contesto e il mix di sostanze che viene rilasciato. Questo bouquet di molecole caratterizza il singolo individuo e permette per esempio a ogni membro della specie di riconoscere i membri del proprio clan distinguendoli dagli estranei e agire di conseguenza. Poi, sostanze specifiche (che possiamo definire feromoni in senso stretto) agiscono in modo più mirato.
Le molecole del complesso di immunoistocompatibilità (MHC) contribuiscono a determinare l’impronta individuale facendo sì che ognuno (anche noi) abbia un proprio odore caratteristico e riconoscibile. In base a questo per esempio le femmine possono distinguere il proprio compagno dagli estranei (evitandosi aborti spontanei), e i propri cuccioli, viceversa, i piccoli imparano a riconoscere l’odore della madre e del nido. L’odore caratteristico è principalmente appreso, mentre la risposta metabolica e ormonale è innata.

Digressione sulla pipì di topo

L’urina in molte specie animali è uno dei mezzi prediletti per comunicare. In effetti se ci pensate è un sistema piuttosto pratico: la pipì tanto bisogna farla comunque e per giunta è facile da spargere in giro e vi si possono diluire diversi tipi di sostanze, quindi perché non ottimizzare: le molecole più volatili e odorose, per una comunicazione a distanza che segna subito la presenza dell’individuo; molecole meno volatili e che richiedono un contatto diretto per chi vuole diciamo  approfondire la conoscenza…
Nell’urina sono presenti un complesso di proteine, chiamate major protein urins (MUPs), con diverse funzioni sociali. Queste sostanze rappresentano circa il 99% del contenuto proteico della pipì del topo e nei maschi sono presenti in concentrazione cinque volte maggiore che nelle femmine; difatti delimitano il territorio e rendono le femmine più disponibili. Queste proteine hanno numerose varianti individuali e contribuiscono a creare l’”impronta personale”, inoltre, molte di esse essendo derivate dal testosterone sono presenti solo nella pipì dei maschi.

I principali effetti dei feromoni urinari descritti nel topo (ma presenti anche in altri mammiferi) sono:

      Effetto Vanderbergh: già accennato, l’urina dei topi maschi accelera la comparsa della pubertà nelle femmine. Molecole responsabili:

  • 2-Sec-butyl-4,5-dihydrothiazole (BT)
  • 2,3-Dehydro-exobrevicomin(DB)
  • α- and β-Farnesene
  • Major urinary proteins (MUPs)

       Effetto Whitten: le femmine in cui c’è stata soppressione del ciclo estrale quando sono esposte all’urina del topo maschio riprendono la ciclicità sincronizzando i calori. Molecole responsabili:

  • 2-Sec-butyl-4,5-dihydrothiazole (BT)
  • 2,3-Dehydro-exobrevicomin(DB)

      Effetto Lee-Boot: La coabitazione di sole femmine adulte provoca la soppressione del ciclo estrale. Molecole responsabili:

  • 2,5-Dimethyl pyrazine
  • α- and β-Farnesene
  • n-pentyl acetate

         Effetto Bruce: Se una femmina appena fecondata viene esposta all’urina di un maschio estraneo nelle prime ore dopo l’accoppiamento, l’impianto in utero non avviene (ricordate?). Molecole responsabili:

  • Peptidi della Classe I del MHC (complesso di immuno-istocompatibilità): SYFPEITHE e AAPDNRETF (ehm no queste non sono parolacce in cirillico, ma la loro sigla 😀 )

 

L’organo vomeronasale

Il sistema olfattivo della maggior parte degli animali presenta strutture distinte specializzate alla ricezione di odori e feromoni. L’epitelio olfattivo nel naso e il bulbo olfattivo nel cervello servono alla ricezione e elaborazione degli odori. La percezione dei feromoni avviene invece grazie ad alcuni organi olfattivi accessori:

– Ganglio di grueneberg (GG)

Septal organ of Masera (SOM; abbiate pazienza ma la traduzione italiana “organo settale” non si può sentire)

– Organo vomeronasale o di Jacobson (VNO)

Zufall2006nature05404-f1.2Schema degli organi olfattivi nei roditori (Brennan&Zufall, Nature, 2006)

Il principale di questi ultimi e il meglio studiato è l’organo vomeronasale, una struttura tubulare situata alla base della cavità nasale alla quale è collegata da un dotto. L’organo presenta una struttura muscolare che agisce come una pompa aspirando le sostanze dalla cavità nasale e portandole così in contatto con la sua parte sensoriale. Qui i neuroni vomeronasali vengono attivati dai feromoni in modo analogo a quanto fanno gli odori con i neuroni olfattivi nel naso. Dall’organo vomeronasale le terminazioni nervose vanno in una zona specializzata del bulbo olfattivo chiamata bulbo olfattivo accessorio (AOB).
L’organo vomeronasale, chiamato anche di Jacobson dal nome del suo scopritore (1813), si pensava inizialmente fosse l’unica struttura dedicata alla ricezione dei feromoni. In realtà si è scoperto che diverse molecole odorose possono essere riconosciute anche dai neuroni vomeronasali, mentre alcuni neuroni olfattivi esprimono recettori che sono in grado di riconoscere anche molecole che agiscono come feromoni questa loro funzione non è però del tutto chiara. Evolutivamente si pensa che l’organo vomeronasale si sia sviluppato successivamente, durante il passaggio alla vita terrestre, e quindi abbia raggiunto la sua specializzazione come adattamento successivo.

E l’uomo?

Nell’uomo l’organo vomeronasale è vestigiale, ossia se ne trova un residuo evolutivo durante le prime fasi dello sviluppo embrionale,  poi basta. Ad oggi non ci sono evidenze anatomiche e funzionali della sua presenza e geni cruciali per la codifica dei feromoni (quelli che codificano per i canali TRPC2) nell’uomo sono pseudogeni, ossia non funzionano. Si pensa che la funzionalità dell’organo si sia persa circa 23 milioni di anni fa, quando gli ominidi si separarono dai cercopitechi (Old world monkeys).

Cercopithecus_ascaniusCercopiteco nasobianco (Cercopithecus ascanius)

Certo resta la possibilità che nell’uomo siano alcuni recettori nel naso a recepire anche i feromoni, e si è molto dibattuto del fatto che questi possano influenzare a qualche livello alcune interazioni umane. Al momento però non ci sono prove scientifiche sufficientemente solide e chiare da poter affermare che nell’uomo ci sia una qualche comunicazione “subliminale” mediata dai feromoni. Anche perché vi sarete fatti un po’ un’idea di come agiscono… Nell’uomo il sistema sociale e relazionale è molto più complesso e le componenti culturali e di apprendimento hanno sicuramente un ruolo più importante che negli altri animali.
Attualmente il candidato principale a “feromone” umano è l’androstadienone presente nel sudore ascellare degli uomini. È stata osservata anche una correlazione tra estratti di sudore ascellare maschile e alcune fluttuazioni dei livelli ormonali nelle donne (aumento del rilascio dell’ormone luteinizzante), ma appunto una correlazione non va confusa con un rapporto di causa-effetto. Esiste inoltre una serie di esperimenti (e diverse serie di magliette sudate) che indica come le preferenze “a naso” siano influenzate anche dal fattore di immunoistocompatibilità (MHC). Cioè annusando l’odore di due persone tenderò a preferire quello di chi ha un MHC più diverso rispetto al mio.

Insomma di studi in corso ce ne sono molti per cercare di chiarire la faccenda (e meriterà una trattazione a parte) e certo nel frattempo può avere un suo fascino crogiolarsi nell’idea che uno speed-date fatto annusando magliette usate (sì lo fanno davvero) possa far incontrare la persona “dall’odore giusto”, ma poi questa persona siccome non è un topo inizierà a parlare e… (in bocca al lupo).

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