Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa

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Rosa bulgara, Kalofer 2018. Credit: perfectsenseblog

Vi siete mai chiesti quante rose ci vogliono per fare un profumo? Beh dipende, solitamente nelle fragranze ci sono molte materie prime combinate e bilanciate insieme per creare un bouquet armonico, e pure quelli ispirati esplicitamente all’odore della rosa contengono anche altre materie, odori che servono, per esempio, ad armonizzare la fragranza e renderla più “completa”, e dipende poi dalla maestria e fantasia del profumiere e dall’idea che vuole esprimere (soprattutto nella profumeria più tradizionale e di nicchia, e nel caso di profumieri – i “nasi” – indipendenti). È più utile forse partire dalle materie prime, oli essenziali e assolute. Quante rose servono?

Di ritorno da un breve viaggio in Bulgaria, maggiore produttore insieme alla Turchia della rosa damascena, voglio raccontarvi della valle delle rose e di come dai fiori si arriva all’olio essenziale.

Le principali rose usate per la profumeria sono la rosa centifolia, la rosa alba, la rosa gallica, e la rosa damascena o rosa bulgara coltivata, come dicevamo, principalmete in Bulgaria e Turchia, ma anche in Iran, e in India che ne è un discreto produttore.

Le vicende evolutive e gli intrecci genetici che hanno portato alle attuali rose sono un capitolo interessante, e sulle loro origini ci sono ancora diverse questioni aperte. Tra l’altro, sono al momento in corso diversi studi per capire meglio i meccanismi genetici e molecolari che permettono a certe rose di  profumare più di altre. Contrariamente a quanto uno possa pensare, infatti, anche se spesso associamo le rose al loro profumo, la maggior parte di quelle in circolazione per scopi commerciali non ne hanno poi granché. La ragione è che nel corso del tempo attraverso i vari incroci le varietà sono state selezionate più per l’aspetto, il colore e la longevità che per l’odore. D’altra parte, siamo in tempi ecologicamente difficili e i cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova molte delle tradizionali coltivazioni, non solo di rose, per cui anche quelle dedicate ai profumi rischiano di diventare sempre meno e i produttori di oli essenziali e industria profumiera iniziano ad allertarsi e a cercare nuovi sistemi per garantirsi produzioni decenti.

Nel frattempo, uno studio pubblicato quest’anno su Nature genetics ha prodotto informazioni molto utili per venire a capo delle catene biosintetiche che determinano il colore dei petali, il profumo e i tempi di fioritura di una varietà di rosa cinese. Questi dati potrebbero aiutare a capire come favorire incroci di rose profumate e con un bel colore, e aiutare i coltivatori a ottenere rose più adatte alle attuali condizioni climatiche e alle nostre necessità. Inoltre, come dicevamo, l’interesse scientifico è anche nel venire a capo dei vari incroci, discendenze e parentele tra le circa 200 specie di rosa che ci sono (la metà delle quali, è poliploide, cioè con più corredi cromosomici). I ricercatori pensano che siano circa 8-20 le specie che anno inizialmente contribuito all’attuale panorama genetico delle varietà ibride, e una delle più importanti è proprio Rosa chinensis (diploide), portata in Europa dalla Cina intorno al Diciottesimo secolo e molto apprezzata e usata negli incroci per la frequenza delle fioriture e la longevità dei fiori. Avete presente la rosa tea? È una delle più conosciute e variegate, e sappiate che è una delle principali discendenti degli affari promiscui avvenuti nel tempo tra Rosa chinensis e i diversi tipi di rose europee e del Medio Oriente.

In Ordine: Rosa chinensis, Rosa alba, Rosa gallica, Rosa tea (ibrido).

 

Ma anche la nostra rosa damascena – e sì, anche lei si è incrociata con la chinensis – ha un albero genealogico e discendenze piuttosto intricate: originaria, si pensa, dell’Anatolia, si è poi diffusa in altre aree crescendo spontaneamente tra Caucaso, Siria, Persia, fino al Marocco e l’Andalusia. Gli incroci iniziali furono probabilmente tra Rosa gallica e Rosa moschata nel caso della varietà autunnale (autumn damask), e tra Rosa gallica e Rosa phaenicia per la varietà estiva (spiegazione semplificata, visto che gli intrecci, ibridi e varietà sono numerose, i botanici in ascolto sono i benvenuti per ulteriori commenti; Fonte: Hurst 1941; Nagar et al., 2007). Il nome “rosa di damasco”, viene proprio da uno di questi centri di origine da cui fu poi portata in diverse altre aree del Mediterraneo per trovare in Turchia e Bulgaria l’ambiente perfetto per crescere. Andiamoci.

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Coltivazione di rosa damascena, Kalofer 2018. Credit: perfectsenseblog.

 

Il centro della Bulgaria è una grande conca circondata, e riparata, dai Balcani e dagli antibalcani. La temperatura non è perciò mai troppo rigida e le sere estive non troppo calde. Inoltre, il sottosuolo è ricco d’acqua e ciò, insieme alle caratteristiche del terreno, rende questa zona, la valle tra Karlovo, Kazanlak e Plovdiv, il regno perfetto per la crescita della rosa damascena. Passandoci in macchina si osserva un paesaggio verdeggiante, un pianoro intervallato da tratti arborei che lasciano poi spazio a diverse coltivazioni tra le quali spiccano i campi di rosa: distese di arbusti verdi e bassi puntellati di rosa. A intervalli si trovano anche campi di lavanda, dai quali si ricava un ottimo olio essenziale (uno dei produttori che ho incontrato durante il mio viaggio, mi ha anzi fatto notare come la qualità della lavanda bulgara, e del suo olio essenziale, non abbia assolutamente nulla da invidiare a quella francese, anzi, a sua detta, è migliore. Certo sarà stato anche un po’ di parte, ma devo dire i campi avevano un aspetto bellissimo e l’olio essenziale che ho provato mi è sembrato davvero di ottima qualità – nonostante la mia personale insopportazione per l’odore della lavanda, ma su questo sorvoliamo).

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Distillatore tradizionale, usato ormai solo a scopo espositivo. Distilleria Enio Bonchev, Kazanlak. Credit: perfectsenseblog.

 

Nell’estrazione dell’olio essenziale di rosa uno dei fattori limitanti è che i petali ne contengono poco, e anche per questo motivo ne servono molti. Inoltre le fioriture, i tempi e il quantitativo non sono facilmente controllabili. La stagione di raccolta dura di solito tutto il mese di maggio. I coltivatori mi hanno detto che quest’anno hanno avuto un maggio pieno e la fioritura ha anticipato leggermente, così come le temperature sono state un pochino più alte degli anni scorsi…

Le rose vanno raccolte al mattino presto, di solito si inizia verso le 6 e si continua fino a mezzogiorno. Bisogna far in fretta e raccogliere i fiori a mano uno a uno. Un tempo si usavano grandi cesti di vimini o paglia, come si può vedere nelle foto tradizionali e nelle ricostruzioni storiche, ma oggigiorno si usano soprattutto sacchi di plastica, meno poetici, ma più pratici, leggeri e facili da trasportare. I fiori devono essere distillati il giorno stesso perché non deteriorino. I sacchi sono più o meno “tarati” nel senso che riempiti pesano circa 10-12 kg; al punto di raccolta ogni sacco viene pesato e messo “in attesa” per l’imminante distillazione. Un singolo raccoglitore fa in media 4 sacchi al giorno, e il prezzo di raccolta è di circa 1 Lev (ca. 0.51 eu) per kg, cioè i raccoglitori ricevono in media 25eu al giorno (circa il 10 percento dell’introito) più, spesso, vitto e allggio. Mi dicevano, tra l’altro, che quest’anno hanno fatto fatica a trovare i lavoratori locali e molti sono stati reclutati in Moldavia.

In una delle distillerie che ho visitato i numeri erano questi: quattro distillatori principali in acciaio inox ognuno dei quali ha una capienza di circa 180 kg di rose, a cui viene aggiunta acqua in rapporto 1:4 (c’erano poi altri sei distillatori in rame e più datati, grossi più o meno la metà degli altri). La distillazione avviene in acqua (nel caso della rosa la distillazione con vapore non funziona molto bene perché i petali si appiccicano tutti insieme durante il processo e pare che il risultato non sia dei migliori), dopo un primo passaggio si ottiene un liquido formato da olio essenziale che galleggia in superficie e viene subito raccolto, e acqua di rose che viene raccolta separatamente e fatta distillare una seconda volta per estrarre i componenti aromatici rimasti e che si erano liberati nella parte acquosa invece che in quella oleosa della prima distillazione. Alla fine i due oli essenziali, quello della prima e della seconda distillazione, vengono uniti e messi a maturare, mentre l’acqua rimasta dalla seconda distillazione viene usata per fare, appunto, l’acqua di rose.

Distilleria Enio Bonchev, Kazanlak. Credit: perfectsenseblog.

 

Una rosa pesa circa 5 grammi; da 1000 kg di rose si ottengono circa 200 ml di olio essenziale (o.e.), cioè per fare 1kg di o.e. di rosa servono circa 3000-3500kg di rose (nel caso della Rosa alba ne servono circa 5000kg), per un prezzo finale intorno ai 20-25 euro/ml.

Ma alla fine a cosa dobbiamo il profumo della rosa damascena? Come al solito, si tratta di almeno un centinaio di molecole che insieme determinano il caratteristico odore. Inoltre, un po’ come avviene con i vini per capirci, il risultato finale dipende da tanti elementi: abbiamo le caratteristiche genetiche a cui accennavamo prima, le condizioni ambientali – clima, suolo, acqua, etc, – e come queste ultime influenzano l’espressione di alcune caratteristiche genetiche; e poi ci sono le condizioni di temperatura e pressione alle quali avviene la distillazione, e il tipo stesso di distillazione e estrazione dell’olio essenziale: come dicevamo nel caso della rosa damascena si usa principalmente la distillazione in acqua (idrodistillazione), nel caso della rosa centifolia è invece più comune l’estrazione in solvente (di solito esano) da cui si ottengono le assolute.

Ad ogni modo, alcune delle molecole più caratterizzanti sono:

  • Citronellolo
  • Geraniolo, che tra l’altro veniva, e viene ancora usato per “tagliare” l’olio essenziale e contraffarlo. Cioè visto che l’olio essenziale di rosa puro è costoso, veniva allungato col geraniolo o simili.
  • Linalolo
  • 2-fenietanolo
  • Cis- rose-ossido

E poi questi tre, che se pur in concentrazioni bassissime (intorno allo 0.20%) conferiscono la parte più caratterizzante dell’odore:

  • α e β-Damascenone
  • β-ionone
  • α e β-Damascone

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La mia valigia oramai sa solo di rose (ma poteva andare peggio dai).

Bonus

La raccolta delle rose si chiude tradizionalmente con una grande festa folcloristica durante il primo fine settimana di giugno a Kazanlak. Il culmine si raggiunge la domenica con la parata finale: gruppi e rappresentanze da ogni parte del mondo si radunano qui e dopo assersi esibiti nei giorni precedenti in una rassegna di danze folcloristiche, sfilano per la città. Insieme a loro ci sono rappresentanze di scuole, club sportivi, e associazioni di ogni tipo:

Per l’Italia c’era Il palio della rosa.

 

Credit: perfectsenseblog.

 

C’erano anche una rappresentaza canina, e i bikers del Black roses motorcycle club 😀
Credit: perfectsenseblog.

Designing with smell: Practices, Techniques and Challenges – The book.

 

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È Fuori. Il libro Designing with smell – Practices, Techniques and Challenges edito da Victoria Henshaw, Kate McLean, Dominic Medway, Chris Perkins, Gary Warnaby per Routledge è uscito, finalmente libero di andare con le proprie gambe, o sarebbe il caso di dire, di librarsi in volo e diffondersi come un odore ricco ed evocativo.

È stato un lavoro lungo e collettivo al quale ho avuto l’onore di partecipare e che ha messo insieme esperti di diverse discipline dell’arte, della ricerca scientifica e umanistica, tutti accomunati da un interesse specifico per l’olfatto e dal lovoro con odori e profumi, con i sensi e l’arte. Vi elenco qui di seguito le parti in cui è diviso il libro giusto per stuzzicarvi (di sotto nella sezione in inglese trovate l’abstract):

Part I Olfactory Art

Part II Representing Smell

Part III Smellscape Design and Monitoring

Part IV Retail, Scent and Service Design

Part V Smell Learning Environments

Part VI Historic and Theatrical Smellscapes

Part VII Smell Capture, Distillation and Diffusion

Il mio contributo come vi dicevo è sull’uso di odori in ambito teatrale e performativo. Insomma è andata così, lavorando sulla fisiologia dell’olfatto da un lato, continuando con i training e la pratica di teatrodanza dall’altro, a un certo punto semplicemente è successo. Non potevo evitarlo: le cose si sono incrociate. Leggevo e cercavo (e questa pratica continua) di approfondire gli studi di neuroscenze applicati alle arti, la neuroestetica, le scienze cognitive applicate alle arti performative – danza e teatro principalmente – e a un certo punto mi sono chiesta cosa ne fosse in tutto ciò del senso dell’olfatto. Certo è un senso difficile da controllare, sfuggente, ma questo è sufficiente a far sì venga ignorato? Nessuno si era preso la briga di mettere in scena un odore? Non dico una “puzza”, ma almeno un “profumo”? La mia ignoranza sulla questione andava colmata e nel frattempo avevo bisogno di provare da me. A usare gli odori in scena e durante il traning dico. A capire come fare e come non cascare subito nelle trappole di un senso così viscerale e profondo. Come è andata?

Nel mio contributo in questo libro c’è in qualche modo l’inizio di questa storia, con una panoramica sull’olfatto e l’uso di odori in scena e la presentazione di alcuni “casi”, performance e pezzi teatrali, e racconto anche dello studio iniziale di una mia performance di teatro danza con gli odori. Del resto vi darò presto altre notizie 😉

 

Designing with smell – Practices, Techniques and ChallengesThe book is out!

I am very happy to announce the long waited book on smell and design is finally out! It has been a long way, with many contributors coming from different disciplines and a common interest on smell, art and design, and I am honored to be on of them.

The book, which was initiated by the late Victoria Henshaw, was continued in her memory by Kate McLean, Dominic Medway, Chris Perkins, and Gary Warnaby as editors, and it is published by Routledge:

Designing with Smell aims to inspire readers to actively consider smell in their work through the inclusion of case studies from around the world, highlighting the current use of smell in different cutting-edge design and artistic practices. This book provides practical guidance regarding different equipment, techniques, stages and challenges which might be encountered as part of this process.

Throughout the text there is an emphasis on spatial design in numerous forms and interpretations – in the street, the studio, the theatre or exhibition space, as well as the representation of spatial relationships with smell. Contributions, originate across different geographical areas, academic disciplines and professions. This is crucial reading for students, academics and practitioners working in olfactory design.

The book includes my contribution on smell and theater, with some case-studies including the work in progress of my performance Duft- metamorphosis, a dance-theater piece with odors.

Imagine being in a theater watching a piece or a choreography. Focus on the gesture of the actors, on the expressions of their faces, you can feel them. Actually, you can smell them. Would be this disturbing? Fascinating? Could be the meaning/interpretation of the performance influenced? In this chapter I analyze the use of the odors, i.e. the odor perception, in the performative space: how the smell can be included in the space of the spectator and the actor and, how it modifies the communication between them and their experience. The olfaction has the unique feature to be directly connected with the deep and old part of the brain, the so-called “reptilian brain”. The regions that process odor-information, emotions and memory are in part overlapped. What does this mean for the performative arts? In this work I am going to explore these questions analyzing as case-study different uses of the smell in space.

 

Annuso, dunque compro – I smell, therefore I buy

Sul marketing olfattivo e la psicologia dell’acquisto

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Credit: perfecsenseblog.

È vero che la presenza di fragranze nei negozi influenza il comportamento degli acquirenti e li spinge a comprare di più? Questa è un po’ in sintesi la domanda fondamentale che molti si pongono e su cui si concentra anche il marketing olfattivo. Domanda talvolta associata all’idea, e alla falsa credenza, che uno specifico odore o profumo possa avere un effetto diretto e specifico sul nostro umore e sul nostro comportamento, e quindi anche influenzare l’acquisto… facciamo un po’ di chiarezza.

La faccenda è complessa perché si tratta di studiare il comportamento e la psicologia umana in condizioni piene di variabili difficili da controllare. In una situazione ideale io ho un elemento A, l’odore diciamo, e un effetto da misurare: voglio sapere se questo, spruzzato nel negozio, fa aumentare le vendite (effetto B). Faccio una serie di osservazioni e confronto il numero di vendite prima e dopo aver spruzzato quel profumo, e vado poi a vedere se c’è una differenza significativa tra i due casi, con e senza profumo: le vendite potranno essere aumentate, diminuite o rimaste invariate; o, più semplicemente, dato A, ottengo B. Il ragionamento sembra filare e in parte, insieme ad altre misure e osservazioni potrebbe aiutare ad avere almeno delle informazioni qualitative. Tuttavia le variabili confondenti presenti in questo caso, e in altri simili, sono numerose. Infatti, altri fattori potrebbero influire sulle vendite e quindi interferire con la mia osservazione. Qualche esempio: il periodo dell’anno, orari della giornata, giorno della settimana, stagione, possono influire sul flusso e tipo di clientela, e quindi sulle vendite; anche le condizioni meteorologiche, perché a seconda che piova o ci sia bel tempo possono esserci pattern di comportamento diversi; e poi ancora il fatto che le condizioni ambientali nel negozio possono un po’ variare, dalla presenza o assenza di musica e quale tipo, ai commessi, allo stato psicologico personale degli acquirenti in un dato momento. Ci sono metodi statistici che potrebbero aiutare a tenere conto di alcune di queste variabili nell’analisi dei dati, ma servirebbe comunque raccogliere dati in larghissima scala (e in diversi posti, perché anche elementi come il tipo di negozio, cosa viene venduto, posizione geografica, ecc. potrebbero portare a risultati diversi) in modo da avere un campione molto grande di riferimento. Di studi del genere in realtà non ce ne sono molti, e l’unico studio quantitativo di questo tipo risale al 1995 (Hirsch A., 1995) ed è però riferito a una situazione particolare: il gioco d’azzardo. Lo studio è stato infatti fatto a Las Vegas, in un casinò, per vedere se la presenza di profumi ambientali influenzasse o meno la propensione al gioco d’azzardo, e osservando che c’era un’aumento del 45% nel gioco nelle sale con odori.

Ci sono alcuni studi scientifici con un approccio più rigoroso, ma che hanno comunque diversi aspetti deboli nella metodologia, inoltre alcuni di questi studi vengono svolti in mabiente controllato, quindi in laboratorio. E perfino in questo caso potrebbero esserci dei bias nelle osservazioni, perché i comportamenti non sono osservati in ambiente “naturale”. Dall’altro lato gli studi sul campo sono insidiosi perché, come abbiamo visto, effetti confondenti dovuti ad altre variabili che non c’entrano con quello che si vuole misurare potrebbero influenzare il comportamento finale osservato.

E poi, se anche osservassi un effetto, questo dipenderebbe da una specifica profumazione, oppure una vale l’altra? Ognuno ha gusti e preferenze diversi, mediati da diversi fattori, biologici, psicologici, sociali, culturali, ecc. Per cui semmai, dato un certo odore, avendo un numero sufficientemente alto di osservazioni “controllate”, dovrei poter ottenere almeno indicazioni del tipo: quando nell’aria è presente l’odore A, diffuso nell’ambiente con modalità X, a concentrazione Y, per un perido di tempo Z, in un certo tipo di negozio, nella città di odorlandia, l’indice di gradimento dei clienti per il negozio è di J in K numero di persone, e le vendite vanno nel modo C. E bisognerebbe poi vedere, se questi effetti rimangono e sono ripetibili nel tempo. Altrimenti, di nuovo, chi mi assicura che non si sia trattato solo di caso o coincidenza? E tu, che devi investire in un prodotto del genere, ti fidi che funzioni?

In letteratura, nell’insieme dei fattori presi in considerazione sul comportamento dei clienti rispetto alla presenza di profumazione ambientale, ci sono anche:

-gradimento per il negozio e/o specifico prodotto

-tempo di permanenza nel negozio/reparto

-possibili effetti sull’umore

-propensione all’acquisto

Come dicevo non ci sono molti studi quantitativi a riguardo e sono spesso carenti o comunque portano a risultati non conclusivi, al più evidenziano delle correlazioni che, sappiamo, non sono necessariamente indicative di un “effetto” realmente presente.

Spesso per queste valutazioni sul campo vengono usati dei questionari, che hanno una loro utilità, ma molto limitata perché soggettivi. Per esempio: voglio sapere se la presenza di un odore in un certo negozio influenza il giudizio dei clienti sul negozio stesso. Cerco di prendere un campione di clienti a cui sottoporre un questionario di gradimento. Però, siccome non posso obbligare i clienti a rispondere al questionario, una prima selezione viene già fatta in base a chi è più propenso a rispondere. Posso presumere che chi in quel momento ha più tempo a disposizione, o è di buon umore per altri motivi, sarà magari più disponibile, e magari, sarà più facile mi dia anche un giudizio positivo, che però non dipende dall’odore in sé ma dal fatto che quella persona in quel momento era di buon umore. Come faccio a essere sicuro che è davvero l’odore a fare la differenza? Servono come minimo valutazioni su larga scala, e in ogni caso possono dare un’indicazione, ma si è ben lontani dall’essere certi.

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Pannello pubblicitario della McCain in cui schiacciando un bottone si può sentire il profumo delle patatine al forno pubblicizzate.

In una review pubblicata nel 2016 sul International Journal of Consumer Studies gli autori hanno provato a fare un rassegna degli studi più attendibili, condotti e pubblicati dal 1980 al 2015, sull’effetto degli odori sul comportamento dei consumatori. Sono stati presi in considerazione solo lavori pubblicati su riviste specializzate e peer-review (cioè dove la pubblicazione avviene dopo una revisione alla pari) e valutate con un punteggio di tre e quattro stelle dalla Associations of Business Schools Academic Journal Quality Guide, per i campi di studio di psicologia e marketing. Dal loro setaccio sono usciti solo 45 lavori scientifici, comprese alcune review (cioè descrizioni critiche di studi altrui).

I ricercatori hanno preso in considerazione questi effetti: la risposta cognitiva, l’influenza su umore e emozioni, percezione, memoria e risposta comportamentale.

Su molti di questi aspetti gli studi sono pochi e spesso non conclusivi.

Sulla risposta cognitiva, per esempio, alcuni ricercatori hanno osservato che la valutazione di un odore è influenzata dal contesto, cioè se l’odore è congruo con l’ambiente oppure no. Per esempio odori di cibo nel reparto abbigliamento o in quello alimentare portano ad apprezzamento diverso nei consumatori. D’altra parte altri ricercatori hanno osservato che in altri casi invece la congruità non sembra essere importante nella valutazione positiva dell’esperienza. Ovvero, basta che l’odore piaccia affinché la valutazione sul negozio/prodotto sia positiva, anche se l’odore non c’entra niente col prodotto stesso. Insomma, dati discordanti.

Altri fattori presi in esame in diversi studi e che possono contribuire agli effetti degli odori sui clienti sono, oltre alle preferenze soggettive per una data fragranza, l’età, il genere, altre caratteristiche della fragranza come intensità, piacevolezza, congruenza, la consapevolezza della presenza o meno dell’ odore.

Per molte di queste valutazioni non si hanno ancora dati scientifici definitivi e sicuramente è un ambito di ricerca in espansione, e col tempo probabilmente ci saranno nuovi dati, non solo dalla psicologia, ma anche dalle neuroscienze, che ci aiuteranno a capire meglio questi meccanismi.

Ma quindi per un marchio ha senso avere un proprio logo olfattivo, oppure no? Ha senso diffondere odori negli ambienti commerciali? Vista la complessità dell’argomento ovviamente non possiamo fare un discorso generico. Ci sono diverse osservazioni che suggeriscono che una profumazione leggera e non troppo invasiva, che rimane nel background, può incidere positivamente sull’esperienza del cliente, e di conseguenza renderlo più propenso ad apprezzare il negozio e i prodotti, da qui a dire che gli odori faranno comprare di più è un’altra storia.

Per quanto riguarda il logo olfattivo, può invece avere un senso, visto il legame molto stretto che si può formare nella memoria del cliente tra un odore specifico e il brand stesso. In questo senso – io non sono esperta di marcketing – il meccanismo e i parametri per riconoscibilità e distinguibilità del logo sono analoghi a quelli applicati al logo tradizionale. Il valore aggiunto della componente olfattiva, oltre alla novità della cosa, sarebbe il fatto che essendo l’olfatto legato alle nostre memorie ed emozioni, ciò aiuterebbe a “fissare” facilmente il logo nella memoria emotiva del consumatore. Per cui il cliente “imparerà” a collegare quel determinato odore a quel prodotto specifico o a quella marca (avete presente la scia di profumo emanata dalla catena di negozi Lush? Decisamente riconoscibile e volutamente percepibile a distanza: chiunque arrivando da lontano, prima ancora di vedere il negozio ne “sniffa” la presenza). D’altra parte, gli odori possono essere un’arma a doppio taglio: hanno un impatto emotivo e fisico molto forte, perciò se l’odore usato è troppo forte o diventa per qualunque ragione disturbante e molto spiacevole, e anche questo rimarrà impresso nella memoria del consumatore.

 

Bonus

Nota di viaggio dal Giappone

Durante il mio recente viaggio in Giappone una delle cose da cui sono rimasta più colpita è stato il diverso uso, rispetto a quanto avviene da noi, di odori e profumi nello spazio pubblico e nei negozi.

Che in Giappone l’uso, il gusto e la sensibilità per le fragranze siano diversi dai nostri già lo sapevo, così come sapevo che culturalmente lì si ha la tendenza a non amare profumazioni personali troppo forti e, anzi, è preferibile evitarle. Cosa che ho potuto riscontrare in diversi contesti pubblici, nei locali, nelle metropolitane affollate, per strada: quelle rare volte che mi è capitato di sentire un profumo personale era quello di un turista straniero. Tra l’altro, cosa bizzara forse effetto del viaggio e nell’immersione completa in una nuova cultura, la mia sensibilità alle profumazioni personali si è in quei giorni accentuata portandomi a notarle, con una punta di fastidio devo dire, molto più di quanto faccia di solito.

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Yokohama Garden Necklace 2017. Credit: perfecsenseblog.

Ad ogni modo, tra le mie osservazioni “sul campo” ce n’è stata poi una seconda: le profumazioni ambientali dicevo. Molto più di quanto mi aspettassi, nei centri commerciali, e anche in alcune stazioni della metropolitana, almeno nei posti in cui sono stata (Sapporo, Tokyo, Kyoto, Osaka, e diverse località minori) vengono spesso diffuse profumazioni piuttosto tenui che, a mio gusto personale, ho trovato piacevoli. Mi sono sempre sembrate non invasive, poco intense e delicate, spesso con un sentore vagamente agrumato, oppure di legno di sandalo in alcuni casi. La cosa interessante per me è stata la gradevolezza e la pacatezza di questi odori, sobri e non eccessivi, e forse anche per questo ancora più in contrasto con molte delle profumazioni ambientali che mi è capitato di sentire, e subire, in diversi negozi in Europa. Ribadisco, queste sono ovviamente mie osservazioni e impressioni personali, quindi soggettive e ahimè mendaci 😀

Tra l’altro, mia osservazione curiosa, in Giappone i negozi Lush non hanno la stessa intensità olfattiva; la profumazione è la stessa, ma una volta avvistato il negozio è necessario avvicinarsi fino all’ingresso per sentirne l’odore. Presumo si tratti di un “adattamento” di mercato tarato sui gusti locali.

 

I smell, therefore I buy

 

The question is always the same: how can I make my brand more appealing? How can I make consumer to consume more? The last hot resource for communication and marketing seems to be in our nose.

Sensory marketing, neuromarketing, olfactory branding, all of these tend since some years to understand how consumer-brain works and how to make products more pleasurable and appealing to the senses. Vision and hearing are the most obvious target, but other senses can be very resourceful as well. Touch and smell for example. The use of ambient fragrances and olfactory-logos is becoming more and more popular, with the promise of making customer prone to buy (more). The question is: does it work? Is there any scientific ground for such approach?

The answer is not an easy one. Talking about human behavior and psychology we are confronted with observations and phenomenon not easy to measure under control. We want, say, measure if an ambient odor has an impact/effect on the selling rate in a shop. It sounds pretty straight forward: I measure the selling rate before and after diffusion of the odor and see if any significant difference is there. The point is: how to make sure that what I am observing is actually due to the odor and not to something else? People consumption-behavior can be affected by several factors, personal and subjective, and environmental (season, time, weather, shop layout and setting including the presence/absence of music, illumination, selling-assistants, etc.). There are several potential confounding parameters to take into account, therefore huge amount of data need to be collected in controlled way and same conditions over the time, in order to give a solid statistical ground to the observations.

Actually there are no many quantitative studies available; the only one with this approach is from 1995 (Hirsch A., 1995), and is quite specific: it measured the effect of ambient odors on gambling behavior in Las Vegas in one casino, which resulted in the observation that the presence of ambient fragrances was associated with increase (45%) in slot-machines usage.

In 2016 a review published on International Journal of Consumer Studies (Rimkute et al., 2016) collected most of the major studies that have been published, between 1980 and 2015, in the field of psychology and marketing on the effects of scent on consumer behavior. The goal was to have a reliable summary and overview of the studies regarding the impact of scent on consumers ‘cognitive and affective responses, attitudes and perceptions, as well as memory and behaviors. It emerged that relevant mediators and moderators of the effects of scent on these variables include affect, cognition, awareness and individual or environmental stimuli.

From the review emerges that in most of these studies (they could select only 45 peer-reviewed papers and reviews according with the quality standard of the Associations of Business Schools Academic Journal Quality Guide) findings are somewhat inconclusive.

Olfaction has surely a huge impact on feelings, memory and emotions therefore create a strong link between a specific odor and a brand/product – make an ‘olfactory logo” – could work, and actually there are already several successful cases: from the coffee-smell of Starbucks to the fragrance of Singapore Airlines, for example. On the other hand, people can be very sensitive to smell, and overstimulation could also cause headache and be a trigger of bad memories. Selecting a palette of odors for an olfactory logo or ambient one should therefore bear in mind to avoid those odors that could over-stimulate in this fashion, as they could negatively affect the customers. Usually odors which are delicate and remain more in the background are more tolerate.

Most of the “effect” of an odor is connected to the context and the meaning people gives to it, therefore is often not a direct biological effect of the odor per se – which indeed is not yet proven scientifically – but the emotional association that has been made to that odor. If the odor is associated to a positive experience, it is most likely that the odor will trigger positive feelings in the future as well and vice versa.

 

Bonus – my traveling notes from Japan

Is it true, if you go east odors became fainter and subtitles. It was true at least for me visiting Japan. I am used to European, say Western, odor-mode, which is often loud. In Japan everything is all but loud, perfume too. People don’t like strong smell, actually better if you have no smell at all. Moreover, what impressed me is the use of ambient odor in public space. Actually I could make very elaborate smell-map of the places where I have been, but, singularly, all these smell where “silent” and somehow “elegant”. I have noticed many natural odors, most from flowers which were very often used for decorating public spaces such mall and stations (yes, they used very often impressive garden installations, with actual flowers!).

I have found myself often smelling around with a little smile on my face, it was usually an odor citrus-like, or a sandalwood-like smell, faint, not aggressive, just pleasant, diffused in some shops and big mall, even in the underground sometimes. I found these odors very far from the strong, heavy (personally sometimes intoxicating) fragrances that are often sprayed in our western shops. I have been always very critical with such “odor-branding-strategies”, but after my trip I have seen that another way is possible, yet pleasurable.

A Esxence 2017

E le mie divagazioni su me medesima, i profumi, la fiera e una community bellissima

Non sono mai stata molto brava a lavorare per compartimenti stagni, parte del senso che trovo nelle cose che faccio deriva proprio da questo rimestare e mescolare le attività e le ispirazioni più disparate, tessendo così il filo delle mie passioni: scienza e olfatto, teatro e danza (con e senza sperimentazioni olfattive), scrittura e, indovinate un po’? i profumi.

Questo per dirvi che questo mese a Esxence 2017 – fiera internazionale di profumeria artistica – le mie passioni saranno di nuovo mescolate: a Milano, domenica 26 marzo, alle 11.30, terrò una conferenza su olfatto e percezioni olfattive con un’attenzione particolare soprattutto alla psicologia dell’olfatto e delle nostre sensazioni olfattive. Perché sentiamo ciò che sentiamo?

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In laboratorio lavoro in mezzo a cavi, cacciaviti e bulloni; certo ci sono anche flaconi con soluzioni e diverse sostanze chimiche, e beh no, il camice bianco, per la verità, lo uso poco. Nei mei esperimenti cerco di capire come funzionano i neuroni di alcune parti del cervello, negli ultimi anni principalmente quelli coinvolti nel senso dell’olfatto. E quindi per farlo, e per studiarne l’attività elettrica – che è il modo in cui i neuroni si “esprimono” – mi servono appunto cavi e  aggeggi che a volte fanno pensare più di essere in un’officina che in un laboratorio così come spesso ce lo immaginiamo. A casa, invece, nella “stanza degli hobby” (sì abbiamo una stanza così, ma questa è un’altra storia), accanto ad altri utensili vari, “da officina” pure lì, ho un angoletto degli odori, dove mi diletto e mi esercito a conoscere e imparare a distinguere le materie prime usate in profumeria. Non che ancora mi riesca granché bene, ma mi piace, e mi permette di addentrarmi ancora di più in una passione che ho da quando ero bambina: gli odori, gli aromi, i profumi…

Una delle cose più affascinanti dell’olfatto è quella di essere sfuggente, sottilmente legato al contesto in cui ci troviamo e a ciò che “crediamo”  di sentire. Durante l’incontro vi parlerò di alcuni dei tranelli che a volte l’olfatto ci tende e del perché succede.

Ma c’è di più, sarò lì negli altri giorni della fiera per annusare e immergermi nei profumi di nicchia, un settore della profumeria moderna che va pian piano espandendosi e abbraccia una fetta sempre più ampia di pubblico: appassionati, cultori, ma anche persone che semplicemente amano i profumi e sono curiose e aperte alle novità e a prodotti diversi da quelli offerti da altri canali. Il tema della fiera quest’anno è “I giardini dell’Eden” richiamando come ispirazione quella di un giardino rigoglioso, lussureggiante, e ricco di note olfattive.

Nella fiera vengono esposti i principali marchi di nicchia (quest’anno saranno presenti 190 case madri), da quelli molto grandi a profumieri indipendenti, ed è un modo per venditori e addetti ai lavori di conoscere i nuovi lanci del mercato e nuove case. Inoltre, al sabato e alla domenica c’è l’apertura al pubblico per dare modo a chiunque di avvicinarsi a questo mondo, scoprire marchi nuovi e conoscere altri lati della profumeria.

Durante i giorni della fiera c’è poi un calendario di incontri e conferenze per addetti ai lavori e per il pubblico (nel fine settimana, l’ingresso è gratuito, bisogna solo registrarsi sul sito). Qui alcuni di quelli che mi sono segnata:

giovedì alle 13.00 Saskia Wilson-Brown, fondatrice del The Institute for Art and Olfaction (Los Angeles), annuncerà i finalisti del Art and olfaction awards; mentre alle 15.30 il Prof. Giuseppe Squillace, dell’Università della Calabria, presenterà il suo nuovo libro “I mestieri del lusso nel mondo antico: l’arte della profumeria”; venerdì alle 9:45 ci sarà il workshop con il naso profumiere Christophe Laudamiel: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation; sabato pomeriggio alle 15:00 lo scrittore di profumi Eddie Bulliqi terrà la conferenza Scent surprises: prepare to be shocked!, e alle 17:00 Wanda Benati, esperta di viaggi, terrà un incontro sui giardini e le piante da profumo in varie parti del mondo.

La mia conferenza invece, come dicevo, sarà domenica mattina alle 11:30.

Ci vediamo lì 🙂

Bonus

Durante queste mie incursioni condividerò impressioni e idee insieme al gruppo di Adjiumi. Che cos’è Adjiumi? La descrizione “da manuale” sarebbe forse quella di una community virtuale sul profumo, orbitante principalmente intorno all’omonimo forum, e con propaggini e pseudopodi su gruppi facebook dedicati a temi più specifici.

E ora vi dico cosa è davvero, raccontandovi la mia esperienza: da appassionata di profumi, mi sono iscritta al gruppo facebook, cosa che non faccio molto spesso devo dire. E forse anche per questo non ero molto preparata. Infatti, la prima sensazione/reazione è stata: dove sono capitata? Sembrava di stare al bar dove tutti si conoscono e tutti parlano, con modalità diverse perché siamo tutti diversi, degli argomenti più disparati; tutti però incentrati su un grande tema comune: la passione per i profumi. Il fatto è che secondo me più che un gruppo, è una tribù, bellissima e variopinta. E in questa tribù o ti ci butti e ti fai un po’ travolgere o non ci resisti – anche perché sennò che senso avrebbe? Ed è così che pian piano scopri e diventi parte di un tessuto in fermento: è un luogo umano, dove le persone si incontrano e scambiano informazioni utili, opinioni, consigli, esperienze; si riescono così a conoscere cose nuove sul mondo dei profumi, e persone aperte e disponibili come se ti conoscessero da chissà. La regola principe è solo quella delle buone maniere e dell’educazione – ché online come nella “vita reale” andrebbero applicate comunque. Per cui niente stramazzi e discussioni asciuganti e fini a se stesse, ma chiacchierate serene e una passione in comune. Che bello (qui potete leggere di più su come è nato il gruppo e chi l’ha fondato).

Posterò foto, e aggiornamenti su:

le pagine facebook de il senso perfetto (perfectsenseblog) e sulla pagina fb di Adjiumi

Sulle pagine Twitter mia e di Adjiumi

E Instagram #perfectsenseblog #Adjiumi #Esxence2017

We meet at Esxence 2017

Digressions about myself, perfumes and a passionate community

I have to say I was never good at keeping things separate: science, art, dance, theater, olfaction, perfumes… I like mixing, and I find meaning in bringing things together in order to get new inspirations. It turns out this brings me often merging different fields: the science of olfaction and the aesthetics, my practice in dance-theater and the olfactive-theater, my days in the lab, and the evenings sniffing raw materials at home, and the perfumes.

Thus, this month I am very happy to merge one more time my passions:  I will take part to Esxence 2017 – the international fair of artistic perfumery – in Milan, where on Sunday 26 I will give a talk about the sense of smell, psychology and odor perceptions.

The fair is a big event for niche perfumery, hosting this year 190 brands and several talks and events, with some during the weekend open for general public as well. During those days I will hang around, open to smell and discover new people and perfumes. Among the events Saskia Wilson-Brown will announce on Thursday 23 March, the finalist of the Art and Olfaction Awards; and on Friday morning, the nose Christophe Laudamiel will give the workshop: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation.

My talk will be on Sunday, 26 March, 11:30 am

I’ll see you there!

Bonus

During my “perfumed – days” I will share my pictures and impression with the guys of Adjiumi – the passionate Italian tribe of perfume-lovers. You can follow us also on our socials 😉

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Summer digest II

Nell’ultimo scorcio di estate vi lascio ancora una carrellata di notiziole e appuntamenti intorno a olfatto e odori, riprenderemo poi da metà settembre con post “più corposi” (sì a me piace seguire il calendario scolastico, c’ho pure il diario ancora :D).

 

  • Il topo “super-sniffer” (l’hanno chiamato loro così eh)

Lo studio, condotto dai ricercatori del laboratorio di Paul Finestein della City University di New York, è stato pubblicato a luglio scorso sulla rivista scientifica Cell Reports. In breve, gli scienziati hanno messo a punto una nuova strategia di modificazione genetica che permette a un predefinito recettore olfattivo di essere espresso più di quanto avverrebbe normalmente, e di conseguenza il topo con questa “amplificazione” recettoriale diventa molto più sensibile all’odore corrispondente. Il MouSensor, come è stato chiamato, potrà essere molto utile per sviluppare linee di ratti super-sniffer da addestrare a riconoscere sostanze come il trinitrotoluene (TNT) presente nelle mine e che potrebbero così essere usati senza rischio per sminare i campi (questi animali essendo molto piccoli hanno un peso non sufficiente a innescare le mine). Un’altra applicazione interessante potrà essere lo sviluppo di nose on a chip e tecnologie per la diagnosi precoce di malattie che danno come campanello di allarme la produzione di molecole e “odori” specifici.

  • ECRO – meeting dal 7-10 Settembre, Atene

L’annuale congresso della società europea dei sensi chimici quest’anno si terrà ad Atene nella prima metà di settembre. Si tratterà come sempre di un importante momento di scambio in ambito scientifico.

  • Scent – the smell of architecture

A Basilea invece a partire dal 31 agosto, fino al 21 dicembre, il Scent Culture Institute organizza una serie di mostre e incontri interessanti (in tedesco), per il pubblico generico, su olfatto e spazio architettonico. In che modo interagiamo e veniamo influenzati dagli odori a seconda dello spazio pubblico e architettonico in cui ci troviamo e dei materiali di cui questi spazi sono fatti.

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  • Pitti Fragranze

Fiera di profumeria artistica che si svolge a Firenze dal 9 all’11 settembre, un bel posto per chi ama i profumi e volesse iniziare a esplorare un po’ meglio di più questo mondo, o per chi già li ama e vuole seguire le ultime novità.

Summer digest I

Annuso cose, sniffo gente

 

Mentre tra un esperimento e l’altro lavoro a un paio di progettini di cui vi parlerò a tempo debito e che mi tengono al momento un po’ lontana dal blog (abbiate pazienza), vi propongo un concentrato estivo con un paio di aggiornamenti freschi freschi dal mondo della ricerca, e qualche appuntamento sparso su arte e cultura dell’olfatto.

 

  • L’antibiotico l’avevamo sotto al naso

O meglio dentro al naso, bisognerebbe dire, grazie al batterio Staphylococcus lugdunensis. Andreas Peschel con i colleghi dell’università di Tubingen, in Germania, ha appena pubblicato su  Nature una scoperta promettente: S. Lugdunensis produce una molecola chiamata lugdunina (in inglese lugdunin, non sono certa della traduzione italiana) che inibisce la crescita di un altro batterio, lo Staphylococcus aureus restistente alla meticillina. Questo batterio, nella sua forma normale, vive nel naso di una persona su tre, mentre il ceppo resistente alla meticillina si trova in due persone su cento. Può capitare che il batterio riesca a raggiungere il sistema circolatorio e, diffondendosi grazie al flusso sanguigno, causi gravi infezioni. I ricercatori ora hanno scoperto (187 i pazienti esaminati per questo studio), che se nel naso ci vive anche S. Lugdunensis le probabilità di Staphylococcus aureus di proliferare sono sei volte meno rispetto a chi non ha S. Lugdunensis, perché la lugdunina inibisce S. Aureus. La molecola è efficace contro le infezioni anche sulla pelle dei topi e i ricercatori sperano ora di arrivare un antibiotico efficace contro i ceppi di Staphylococcus aureus restistente alla meticillina per l’uomo.

  • Test olfattivi per diagnosticare l’Alzheimer

Questa settimana si è svolto a Toronto il congresso della Alzheimer’s Association dove sono stati presentati due studi della Columbia University per sviluppare test affidabili per la diagnosi precoce dell’Alzheimer. Uno dei primi sintomi di questa malattia, ma anche del Parkinson e di alcune altre demenze senili, è la perdita dell’olfatto. I ricercatori hanno condotto su pazienti sessantenni test olfattivi di riconoscimento di odori comuni come caffè, fumo e altri odori casalinghi. Le capacità di riconoscere gli odori si sono rivelati buoni predittori delle abilità di memoria e cognitive. I pazienti con difficoltà a riconoscere gli odori avevano tre volte più probabilità degli altri di avere anche problemi di memoria. Questi risultati sono anche in accordo con il secondo studio, fatto su 397 ottantenni, in cui i test olfattivi erano buoni predittori dello sviluppo di demenza.

  • Un recettore olfattivo “super-sensibile”

Come funzionino esattamente i recettori olfattivi e come facciano le molecole odorose a interagire con essi è ancora un bel cavillo per i ricercatori. Anche perché certi recettori sono molto specifici e riconoscono solo un odore, altri riconoscono diverse molecole. Alcuni ricercatori dell’Institute of Genetics dell’Università di Colonia, e dell’Istitute of Complex Systems del Research Center Jülich, sempre in Germania, hanno fatto alcuni esperimenti per capire meglio come funziona e come è fatto il recettore per la cadaverina (sì una delle responsabili della puzza putrescente di cadaveri e carcasse) TAAR13c. Hanno riprodotto il recettore in diverse versioni, ciascuna con specifiche mutazioni nei punti in cui si pensa interagisca e leghi la molecola. Ci sono due punti principali di interazione, uno sul lato esterno del recettore e uno interno. I ricercatori hanno scoperto che il sito interno se mutato faceva perdere del tutto al recettore la capacità di legarsi all’odore. Il sito esterno invece, se eliminato, rendeva il recettore molto più sensibile alla molecola. Secondo i ricercatori questo sito esterno agisce come una “porta-sensore” che regola e limita l’accesso al sito interno. I risultati, pubblicati su Scientific Reports, mostrano un nuovo meccanismo di funzionamento di questo specifico recettore (ma magari anche di altri simili) e gli scienziati pensano abbia avuto un vantaggio evolutivo visto che la cadaverina è un odore socialmente importante nel mondo animale.

  • Osmodrama Festival 2016 – Berlino

Smeller 2.0 è un organo di odori elettronico progettato dall’artista Wolfgang Georgsdorf. Pesa circa una tonnellata e mezza e ha 64 canali per gli odori che permettono di immettere nella stanza odori secondo una sequenza preordinata. In occasione dell’Osmodrama Festival rimarrà installato nello spazio della St. Johannes Evangelist Church dal 15 luglio fino al 18 settembre. Osmodrama è un progetto interdisciplinare per sviluppare performance con gli odori: possono essere le sequenze di odori da sole ad andare in scena o in combinazione con altre arti: musica, letteratura, danza. Esperienze multisensoriali che raccontano storie. Uno storytelling con odori e profumi, che è poi il workshop tenuto da Wolfgang Georgsdorf a cui parteciperò settimana prossima, non vedo l’ora! Vi racconterò tutti i dettagli al mio ritorno, intanto se vi va, potete esplorare il sito del Festival e programmare una gitarella 😀

  • Smell Festival in Puglia

Chi invece volesse fare un’immersione nella macchia mediterranea e abbinare il caldo torrido, terribile e meraviglioso della Puglia (ve l’ho già detto vero che è la mia regione natale?) a un’immersione nel mondo dei profumi, dal 5 al 10 agosto, tra il Castello Dentice di Frasso di Carovigno e la riserva naturale di Torre Guaceto (BR), si svolge la prima edizione estiva dello Smell Festival. Tra i vari appuntamenti ci saranno anche i laboratori dei miei maestri: Luigi Cristiano terrà due workshop di profumeria artigianale, sabato mattina sull’accordo ambra, una delle fragranze definite “orientali”, e domenica pomeriggio sul Chypre, uno degli accordi più classici e antichi; Martino Cerizza domenica mattina terrà il workshop ‘Di terra, di cielo, di mare’ sulla composizione di una fragranza ispirata gli odori del paesaggio mediterranei.

Per chi ama invece gli aspetti sociali e antropologici degli odori, sabato 6 agosto alle 18.00, Gianni De Martino, l’autore di Odori e Viaggi e Profumi (nel caso cerchiate ispirazioni per letture estive) terrà la conferenza ‘Non c’è fumo senza dei: note sui rituali aromatici’. Infine per chi ama i profumi e ed è curioso di sapere qualcosa sulla storia della profumeria italiana segnalo altri due incontri con Ermano Picco, blogger e esperto di profumi: sabato alle 20.30 ‘Rubini: fragranze dal futuro anteriore’, dove racconterà la nascita di Fundamental, profumo lanciato lo scorso anno Esxence e di cui mi sono perdutamente innamorata; e domenica alle 19.00 dove incece parlerà della profumeria italiana a cavallo tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta.

  • Installazione odorosa a Manifesta 11

A Zurigo dal 11 giugno al 18 settembre si svolge la biennale europea di arte contemporanea. Tra le opere esposte merita quella di Mike Bouchet: 80 tonnellate di scultura fatta con rifiuti organici umani (pipì, pupù e varie per capirci) e un odore che si sente da lontano e all’apertura della mostra ha fatto un po’ trasecolare i curatori. Orribilmente ipnotica. Me l’hanno raccontata per ora, ma dovrò testarla col mio naso.

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Mike Bouchet, “The Zurich Load”, presso il Migros Museum of Contemporary Art. Credit: Camilo Brau, 2016.

 

Passate una buona estate.

 

Un profumo, un ‘impressione

Ovvero sul significato che diamo al profumo

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Può essere un’occasione speciale, una cerimonia, un appuntamento amoroso o un colloquio di lavoro, indossare un profumo, oppure no, è quasi sempre una scelta precisa. E la reazione delle persone accanto a noi dipenderà anche da quella scelta. Di fronte a uno sconosciuto, quanto siamo influenzati dal suo profumo nella nostra valutazione?

Pensiamo a un profumo da uomo, elegante, cuoiato, e poi immaginiamo di sentirlo addosso a qualcuno in giro: addosso a un operaio a lavoro in un cantiere; addosso al tassista che ci porta in aeroporto; addosso a un collega a lavoro; addosso alla signora seduta accanto a noi in autobus. Potremmo fare lo stesso esperimento pensando invece a un profumo un po’ più gourmand, con un sentore dolce e vanigliato, e applicarlo alle stesse persone. Come cambia la nostra percezione di quelle persone al variare del loro profumo? E perché succede?

In un paio di studi degli anni Ottanta, pubblicati su Journal of Applied Social Psychology, i ricercatori hanno osservato come in un contesto lavorativo le capacità dei candidati venivano valutate più o meno positivamente a seconda che indossassero un profumo oppure no. Lo scenario presentato ai soggetti in questi due studi era un colloquio di lavoro. I volontari dovevano valutare le potenziali abilità dei candidati. I risultati mostrarono che i maschi erano portati a considerare meno adatte al lavoro le donne col profumo (Jontue, nel caso specifico) rispetto a quelle che non lo indossavano. Al contrario, le donne non mostravano questo bias.

Si tratta certamente di studi datati e sui quali è importante fare alcune osservazioni. Queste ricerche risalgono infatti a un periodo storico – pur non lontano – in cui in molti ambiti lavorativi si era ancora ben lontani dalla parità di genere. Non che adesso la questione sia completamente risolta, ma all’epoca era sicuramente più accentuata e questo può aver influito sulle valutazioni dei soggetti. Anche il tipo di profumo scelto per gli esperimenti potrebbe essere questionabile. Jontue era negli Stati Uniti, dove sono state svolte le ricerche, un profumo molto in voga. Tuttavia, può essere che molti soggetti fossero abituati a sentire questo profumo in contesti personali, indossati magari da mogli e fidanzate, e questa associazione può aver influito sulle loro impressioni.

La valutazione e percezione di un profumo è fortemente influenzata dalla circostanza in cui è usato e può assumere valenze anche opposte a seconda del contesto. Gli elementi psicologici e socioculturali associati all’uso del profumo sono numerosi. Nella società occidentale c’è stata, per svariate ragioni storiche, culturali e di costume, un’attribuzione puttosto marcata di significato erotico e sensuale al profumo. E queste sono spesso state associate a immagini stereotipate della donna “delicata” che “deve profumare come un fiore”, o al contrario della “famme fatale” dal profumo ammaliante. Dopo un periodo a inizio e metà del Novecento in cui questo stacco e assegnazione del profumo a prerogativa femminile si è fatta marcata, negli ultimi decenni l’uso del profumo tra gli uomini è stato nuovamente sdoganato. Studi come quelli citati prima, ora darebbero, forse (?) risultati diversi. Mi pare comunque valga la pena una riflessione sul fenomeno. Perché?

Avete fatto caso all’invito che vi ho fatto all’inizio di questo post? Dicevo, provate a pensare a un profumo maschile. Ma cosa significa “profumo maschile” o “femminile”? Il marketing ci ha abituati a questa distinzione, così tanto che oramai lo diamo per scontato, ma dove sta scritto quale sia il profumo più adatto a noi? Chi lo decide?

 

Bonus

Per chi come la sottoscritta ama annusare di tutto, ma soprattutto ha una passione per i profumi, dal 31 marzo al 3 aprile a Milano ci sarà Esxence 2016, evento e luogo di incontro della profumeria artistica. Il tema di quest’anno è l’infinito.

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Gli studi che ho citato:

  • Baron R. A. Sweet smell of success? The impact of pleasant artificial scents on evaluations of job applicants.
    Journal of Applied Psychology. 1983;68:709–13.
  • Baron R. A. Self-presentation in job interviews: When there can be too much of a good thing. Journal of Applied Social Psychology. 1986;16:16–28.

 

Un profumo felino

Ovvero se al micio piace Calvin Klein

 

Leggevo di un’osservazione curiosa, ancora della fine degli anni Novanta, in uno zoo del Texas: il gattopardo americano va di matto per Obsession for men di Calvin Klein. Sì il profumo. Ora ve la racconto.

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Credit: Wikipedia

Il gattopardo americano (Leopardus pardalis), o ocelot, è un felino del Centro e Sud America, ma il suo areale si spinge fino al Texas meridionale. È un bel micione del peso di circa 15-18 chili e di esemplari allo stato selvatico purtroppo non ne rimangono molti; di alcune sottospecie ancora presenti nel Texas meridionale se ne contavano a fine anni Novanta circa 100-150 esemplari. I ricercatori dello zoo di Dallas cercavano perciò una strategia efficace e non invasiva per spingere questi animali in corridoi di territorio protetti tra il Texas e il Messico, dove potessero avere un habitat più favorevole e adatto a riprodursi. Per poter censire e monitorare la popolazione sarebbe stato poi utile avere dei campioni del pelo, in modo da poter estrarre dai bulbi piliferi il DNA e quindi identificare i singoli individui. Come convincere gli animali a spostarsi? Usando piste odorose. Come tutti i felini, anche questo gattopardo segna il territorio con spruzzi di pipì e strofinandosi contro alberi e cespugli. Così facendo sul terreno e sui tronchi rimangono sempre dei peli, i ricercatori li raccolgono e possono così analizzarli. Ora si trattava di scegliere l’odore da usare per attirarli. Dopo diverse prove andate male fatte nello zoo, i ricercatori fecero alcuni tentativi usando dei profumi – quando si dice provarle tutte 😀 – e tra questi Obsession for men diede i risultati migliori. Spargendo su alberi, cespugli e angoli di terreno questo profumo, i ricercatori osservarono che gli animali ne erano attratti e, soprattutto le femmine, ci si fiondavano e iniziavano a strofinarcisi.

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Queste osservazioni sono state negli anni replicate in diversi zoo (zoologi in ascolto se ne sapete o avete precisazioni da fare manifestatevi che di sicuro ne sapete più di me, ne sarò felice), tra i quali quello del Bronx di New York e il Taronga Zoo di Sydney. In uno studio della Wildlife Conservation Society del Bronx Zoo, per esempio, sono stati testati diversi profumi e colonie su felini in cattività, e dalle loro osservazioni pare che Obsession fosse effettivamente il più gettonato. Bisogna ovviamente notare una certa variabilità nel comportamento degli animali, non erano proprio tutti tutti interessati al profumo. La possibilità che l’effetto fosse poi amplificato o comunque infleunzato dallo stato di cattività non è da escludere. Inoltre, potrebbe essere che invece gli animali selvatici, esposti già naturalmente a molti più odori, risultino mediamente più indifferenti al profumo. Anche per questo motivo diversi ricercatori hanno provato a fare dei test simili con gli animali selvatici. I biologi del Natural History Museum di Los Angeles hanno condotto alcune osservazioni sul giaguaro in Nicaragua.

Per l’osservazione e il monitoraggio di animali sfuggenti come i felini un metodo ideale è quello delle fotocamere nascoste. Queste camere hanno dei sensori all’infrarosso, visto che questi animali sono attivi soprattutto di notte, e si attivano quando l’animale è vicinissimo. In questo modo gli studiosi possono riprendere gli animali e successivamente raccogliere i campioni del pelo lasciato dal felino strofinandosi sul posto. Per attirarli alle fotocamere i ricercatori hanno provato diversi odori e, di nuovo, pare che Obsession funzioni molto meglio di altri odori.

Come mai sto profumo? Tra i suoi componenti c’è un composto, usato storicamente in profumeria, che ha appunto una nota “animale”. In profumeria se ne usano diverse, questa in particolare si chiamata civetta, perché ricavata appunto dalla ghiandola anale dello zibetto (civet in inglese). Gli animali usano questi odori per comunicare e, come dicevamo, segnare il territorio. L’uomo ha scoperto che a piccole dosi e ben miscelati ad altri odori, permettono di creare profumi voluttuosi. Oggi questi composti – per ragioni di costi e di preservazione delle specie animali – sono di solito riprodotti in laboratorio (di questo parleremo meglio un’altra volta). Ad ogni modo, è possibile siano queste note animali presenti nel profumo ad attirare i felini.

C’è poi da dire che in alcuni zoo, come parte del programma di arricchimento sensoriale dell’ambiente per gli animali, insomma per stimolarli e tenerli attivi, vengono usati diversi odori e oli essenziali. Al Taronga Zoo di Sydney hanno osservato che tigri e giaguari apprezzano le note speziate, soprattutto cannella e zenzero, ma anche cardamomo, finocchio, chiodi di garofano. E note forti come la menta piperita. Al solito c’è da osservare che ogni animale mostra poi delle preferenze più per una o per l’altra.

A parte report e osservazioni degli zoo non sono riuscita a trovare pubblicazioni scientifiche sulla questione, per cui rimango ancora un po’ scettica e proseguirò le ricerche. Vi tengo aggiornati.

Intanto mi servirebbero un paio di gatti e un goccetto di Calvin Klein…

 

Bonus

Salvador Dalí aveva come animale domestico un ocelot, Babou. Ecco noi però lasciamoli dove sono, miraccomando.

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Credit: Wikipedia

Messico e nuvole

Vado in vacanza insomma

 

Nell’arco di una giornata facciamo circa 23.040 respiri, e quindi anche annusate. Mica male, ma certo dipende da dove viviamo e che aria sniffiamo. Città del Messico per esempio, posto con un inquinamento atmosferico da togliere il fiato e dove l’aeroporto è stato segnalato come uno dei più puzzolenti. Odori interessanti dai quali anche l’artista Sissel Tolaas è rimasta affascinata e ne ha fatto una mappa gratta e annusa.

In Talking Nose l’artista intervista diversi abitanti di Città del Messico sugli odori dei loro quartieri: smog, gasolio, spazzatura, letame, sporcizia varia, tubi di scappamento. Poi ricrea gli odori menzionati dalla popolazione e li mette su una mappa della città. Ogni quartiere è rappresentato dall’odore che più lo caratterizza e può essere annusato grattando la mappa. Sissel Tolaas fa annusare la mappa alle stesse persone precedentemente intervistate e ne filma le reazioni “a naso”. Nel progetto finale, i video con i nasi e le bocche delle persone intervistate vengono associate a una voce fuori campo e non in sincrono che descrive gli odori. È un modo, spiega per rendere le persone più consapevoli del proprio olfatto. Tutti percepiamo puzze e profumi, ma un conto è subirli passivamente, un altro è esserne consapevoli.

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Mi verrebbe da aggiungere che questo è anche un ottimo modo per sensibilizzare le persone sull’inquinamento atmosferico e sulla qualità dell’aria respirata. Qualche passeggiata guidata anche tra le nostre città, registrando puzze e odori, renderebbe forse gli abitanti più consapevoli e di conseguenza più attenti. Certo tutti ci lamentiamo del traffico, ma se ci mettiamo a camminare per le nostre vie, nel posto in cui viviamo registrandone gli odori, tutto diventa più vivido. Possiamo mettere a fuoco le sorgenti di certe puzze e magari iniziare a impegnarci per ridurle attraverso comportamenti più attenti e consapevoli. Si inizia sempre con le piccole cose… quasi quasi un progettino ce l’avrei… 😉

E niente, questo anche per dirvi che sparisco per una pausa estiva, e verificherò personalmente gli odori da quelle parti, vi racconto quando rientro 😀

 

Bonus

Sapete che profumo usava Frida Kahlo? Sicuramente diversi. Dana Emir per esempio, un profumo del 1936 creato da Jean Carles per la casa Javier Serra fondata a Barcellona nel 1932. Ne è conservato ancora un flacone nella Casa Azul, l’abitazione di Frida a Coyoacan diventata poi museo in suo onore. E poi, per la gioia dei vintage-addicted, indossava il floreale orientale Schiaparelli Shocking (1937).

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Visto che ci siamo, per i fan come me dell’artista messicana segnalo anche la mostra al The New York Botanical Garden, Frida Kahlo: Art, Garden, Life, nel caso qualcuno capitasse da quelle parti.

Bello anche il progetto fotografico Frida di Ishiuchi Miyako (2013) sulgli oggetti e l’abbigliamento di Frida Kahlo, peccato il catalogo sia esaurito, ma potete esplorare il sito dell’artista.

Frida by Ishiuchi

Frida by Ishiuchi

Frida by Ishiuchi

Frida by Ishiuchi

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Frida by Ishiuchi

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Performing Scents

Ovvero inizia Smell Festival (e ci sarò anch’io 😉 )

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Ci siamo, oggi si alza il sipario dello Smell Festival, a Bologna dal 20 al 24 maggio. Un evento dedicato alla cultura dell’olfatto e all’arte del profumo. Il tema di quest’anno, Performing scents, esplora le intersezioni tra olfatto e arti performative e quando Francesca Faruolo, ideatrice del Festival, me lo ha detto io sono andata in un brodo di giuggiole: è ormai da un po’ che esploro e studio le intersezioni tra olfatto e arti performative, e lei con il team di Smell ha messo insieme un evento stimolante e raffinato, come sempre. Il caso non esiste vien da dire a volte. Il programma offre una panoramica ampia e sfaccettata del tema tra mostre, workshop di profumeria artistica e performance.

Si inizia oggi pomeriggio, 20 maggio, alle 16.00 con l’inaugurazione dell’installazione Mellifero #1 e performance dell’autrice Dacia Manto: “Pollini, resine, mieli e altre sostanze odorose… fa parte dell’installazione una struttura odorose sospesa che rimanda alla costruzione complessa di un alveare, tavoli/archivio che raccolgono tracce sensoriali e olfattive insieme a reperti di materiali organici, disegni, quaderni e altri elementi provenienti dallo studio della botanica e dell’entomologia”.

Venerdì sera invece, dalle 18.00 alle 23.00, al Grand Hotel Majestic “già Baglioni” ci sarà Perfume showcase, per avvicinarsi al mondo delle fragranze e conoscere non “solo” nuovi marchi di profumeria, ma i nasi che ci stanno dietro. Tra questi ci saranno anche Molinard, Sammarco e Bogue, che mi piacciono particolarmente. La serata inizierà con un aperitivo e proseguirà con la performance Danzare il profumo, un progetto di Smell Festival in collaborazione con la danzatrice Emilia Sintoni che tradurrà in movimento alcune delle note olfattive presentate.

L’apice del festival si raggiungerà domenica con la cerimonia del Kodo, l’antica arte giapponese di “ascoltare l’incenso”. È un appuntamento che mi emoziona particolarmente dopo averne tanto letto e ascoltato: lo scorso anno proprio in questi giorni ero a un simposio alla Sorbona di Parigi su Kodo e teatro olfattivo, mi si è aperto un mondo e ho iniziato così studiare e a documentarmi di più su quest’arte. Immaginate quindi come mi senta ora all’idea di una cerimonia dal vivo con il maestro Souhitsu Hachiya, 21esimo discendente dell’antica famiglia degli Hachiya. Evento raro che si svolgerà domenica pomeriggio in due turni alle 14.15 e alle 16.15, presso il Museo della Musica di Bologna.

credit: Master Souhitsu Hachiya - Courtesy Bruno-Dewaele

credit: Master Souhitsu Hachiya – Courtesy Bruno-Dewaele

Durante il fine settimana ci sarà poi una staffetta tra workshop di profumeria, conferenze e performance. Ovviamente non posso non segnalarvi i laboratori dei miei maestri, con i quali ho iniziato il mio avvicinamento al linguaggio del profumo e della profumeria artigianale: Martino Cerizza sabato pomeriggio alle 14.00 condurrà un laboratorio di fragranze a tema urbano; e Luigi Cristiano, domenica pomeriggio alle 14.00, spiegherà come preparare un aceto profumato da toeletta come quelli già usati nel Settecento.

 

Bonus

E sì, come vi accennavo, quest’anno ho l’onore di partecipare a Smell Festival. Sabato mattina alle 11.00 nella sala eventi del Museo della musica presenterò in anteprima, ancora in forma di studio, la performance di teatrodanza Duft, metamorfosi olfattiva di un gesto danzato. Successivamente, alle 11.45 terrò una conferenza sullo stesso tema: Il naso in scena, immaginari olfattivi nello spazio scenico.

 

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È così, lavorando sulla fisiologia dell’olfatto da un lato, continuando con i training e la pratica di teatrodanza dall’altro, a un certo punto semplicemente è successo. Non potevo evitarlo: le cose si sono incrociate. Leggevo e studiavo (lo faccio ancora ovviamente) le ricerche di neuroscenze applicate all’ arte, la neuroestetica, le arti performative, danza e teatro soprattutto. Mi sono chiesta allora cosa ne fosse in tutto ciò dell’olfatto. Certo è un senso difficile da controllare, sfuggente, ma questo è sufficiente a ignorarlo? Nessuno si era preso la briga di mettere in scena un odore? Non dico una “puzza”, ma almeno un “profumo”? La mia ignoranza sulla questione andava colmata e nel frattempo avevo bisogno di provare da me. A usare gli odori in scena e durante il training dico. A capire come fare e come non cascare subito nelle trappole di un senso così viscerale. Come è andata? Questo ve lo racconto a Smell Festival, vi aspetto.