Se al cavolo piace Čechov – When cabbage loves Chekhov

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Cabbage Installation at Mediamatic, Amsterdam. Credit: perfectsenseblog.

 

Ho amato molto il mio appartamento quando vivevo a Trieste; appena trasferita ci vollero circa due mesi per far andar via l’odore di cavolo che lo possedeva. Sembrava essere una parte strutturale delle mura, o forse lo era davvero perché quell’odore, per la verità, non andò mai via del tutto.

E quindi, seppure allora dichiarai guerra aperta al cavolo in ogni sua forma ed espressione, ora quell’odore in qualche modo mi è caro.

La lotta all’odore di cavolo è una faccenda su cui non si scherza, e ci sono diverse ricerche per capire come cammuffarlo, contenerlo, cancellarlo, eradicarlo. Alcune di queste riguardano in particolare quello ornamentale, avete presente quei fiori un po’ “strani” – per chi non li ha mai visti – che girano in autunno, violacei, dall’aspetto di lattuga riccia con gambo lungo? Quelli. Chiunque li abbia avuti in casa almeno una volta conosce bene la fragranza pestilenziale di cui si riempie la casa se poco poco ci si dimentica di cambiargli l’acqua…

Brassica-oleracea

La questione dunque è questa: sti fiori sono tanto belli e decorativi quanto malefico è il loro odore dopo qualche giorno, e i giapponesi, che di piante e fiori ornamentali se ne intendono, e guarda caso ne fanno largo uso, hanno cercato il modo di ottenere fiori meno puzzolenti. Che poi, il problema riguarda anche le nostre parti, visto che ora vanno di moda, e l’Olanda ne è il maggior produttore europeo.

Forti di queste esigenze, nel 2014 i ricercatori del NARO Institute of Floricultural Science di Tsukuba e del Plant Breeding & Experiment Station (Takii & Company) di Konan, in Giappone, hanno fatto una ricerca sugli odori del cavolo ornamentale Brassica oleracea (var. acephala f. tricolor). Dalle loro analisi, fatte con gas cromatografia e spettrometria di massa, hanno potuto “catturare” e analizzare gli odori emessi dai fiori recisi e dall’acqua dei loro vasi.

Intermezzo

 

In Giappone la sensibilità per odori e fragranze è abbastanza diversa da quella Occidentale: profumi e odori sono molto apprezzati e il loro uso ha una lunga tradizione (gli incensi per esempio), tuttavia vengono usati in modo diverso, si prediligono fragranze più tenui e non “aggressive” o squillanti, e, soprattutto, si cerca di non turbare e disturbare gli altri in pubblico con i propri odori, di qualunque natura essi siano. Per i vegetali succede un po’ la stessa cosa, e di fatti anche fiori, come per esempio i narcisi, dall’odore gradevole, ma piuttosto intenso, sono apprezzati nei giardini all’aperto, ma non vengono usati per decorare ristoranti e luoghi pubblici perché l’odore è considerato troppo forte.

E ora immaginatevi quanto possa essere delicata da quelle parti la gestione del cavolo decorativo.

 

L’odore del cavolo

 

Dalle analisi sono emerse alcune molecole non proprio nuove: il dimetildisolfuro, emesso dal fiore e dall’acqua dei vasi, e il dimetiltrisolfuro, isolato solo dall’acqua. Il che non ha sorpreso particolarmente gli scienziati visto che queste molecole hanno un curriculum di tutto rispetto: sono, per esempio, tra le responsabili della puzza di diverse crucifere (cavolo, broccoli, broccoletti di Bruxelles, etc) e della cipolla.

Insieme a questi, dai fiori hanno isolato anche:

– α-pinene: odore di pino

– β-pinene: odore di trementina

– 2-esanale: odore fruttato

– metiltiocianato: odore dolciastro

Mentre dall’acqua dei fiori:

– allilisotiocianato: odore pungente tipo senape

– 3-metil tiopropil isotiocianato: odore irritante un po’ pungente tipo rapa o rapanello

– metil metiltiometildisolfuro: odore solforoso simile all’aglio e al cavolo cotti.

Queste le principali, bisogna poi tenere presente che dalle quantità in cui queste molecole sono presenti e come si “mescolano” insieme emerge l’odore complessivo.

 

Come ridurre le emissioni?

 

Capito quali sono i principali componenti dell’aroma di cavolo rimaneva da trovare un modo per ridurne le emissioni, insomma uno stratagemma per farli puzzare meno. A parte il saggio consiglio di cambiare spesso l’acqua dei vasi, gli scienziati hanno anche studiato alcune delle vie metaboliche che producono le sostanze odorose del cavolo: l’idea è che bloccando una di queste vie, si bloccherebbe o almeno ridurrebbe la produzione della o delle molecole puzzolenti, e si avrebbe un fiore che non fa puzzette e, quindi, più presentabile in società.

Dagli esperimenti di questi ricercatori pare che l’uso di inibitori della sintesi del  dimetildisolfuro (Cyprodinil e aminooxyacetic acid) non servano granché; al contrario, germicidi isotiazolinonici, usati in genere per far mantere più a lungo i fiori recisi, funzionano riducendo le emissioni di dimetildisolfuro del 30-40%.

 

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Anastasia Loginova listening to cabbage. Credit: Mediamatic.

Bonus

E poi c’è chi i cavoli li ama, al punto di mettersi a recitare per loro brani di Čechov e Tolstòj, come l’artista Anastasia Loginova. Succede al Mediamatic di Amsterdam, un’istituzione culturale che si occupa di arte, design e scienza e delle possibili intersezioni tra queste discipline in relazione all’ambiente e alla società. Ci sono stata recentemente e il programma invernale ha una sezione dedicata proprio al cavolo e come usarlo: Pare che la scorsa stagione il raccolto di cavoli sia stato perticolarmente abbondante, cosa fare dell’eccedenza? Il team di Mediamatic a risposto a proprio modo recuperandola e organizzando delle attività a tema per una riflessione sul cibo e come gestire a livello locale le eccedenze. Partendo da questo hanno organizzando incontri e workshop a tema (per esempio come fare il Kimchi – la versione giapponese dei crauti per capirci), menu a base di cavolo nel loro bistrot, e installazioni artistiche. Scopri così virtù e meraviglie di questo ortaggio: avete presente il suono dei pugni nei film di kung-fu? Ecco il suono migliore lo fanno con i cavoli.

 

When cabbage loves Chekhov

When I was in Trieste my flat was one of the things I loved most; at the beginning it was embedded in an awful cabbage odor. It toked me two months to get rid of that, yet after a while it was there. I embraced a cruel bat against that odor which now felt like a dear one.

Going against cabbage odor is a serious stuff, people try to cancel, undermine, reduce, get rid of it. Take the ornamental cabbage for example, it is not an easy guy, as you shall see if you try to keep it in the same water for more than 2-3 days… so, some researchers are working on that.

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Scientists from NARO Institute of Floricultural Science, Tsukuba, and Plant Breeding & Experiment Station (Takii & Company), Konan, Japan, made some studies on the ornamental cabbage Brassica oleracea (var. acephala f. tricolor) in order to find out the main odorants and how to fight them.

Researchers analyzed with gas chromatography-mass spectrometry techniques the air emitted by the cabbage-flower and coming from the vase water. It turns out most of pestilent odor comes from two well-known molecules: Dimethyl disulfide and Dimethyl trisulfide. These molecules are also responsible for the aroma of other cabbage-relatives (broccoli, Brussels sprout, etc.) and onions.

Other odorants isolated, though at the end they all blend together in the characteristic aroma:

  • α-Pinene odor of pine;
  • β-Pinene: turpentine-like
  • Methyl thiocyanate: Unpleasant and sweet odor
  • 3-Methyl thiopropyl isothiocyanate: Raddish-like
  • Allyl isothiocyanate: Mustard-like pungent odor

Researchers questioned also how to get rid or reduce the production of such molecules, and they find out that isothiazolinonic germicide, the same used to preserve cut-flower, is the most effective, along with the good habit of changing often the vase water…

Bonus

In defense of cabbage we must say it stinks mostly when is cooked (or overcooked) and the stinky molecules get released, but there are plenty ways to make it appetible and tasty,  for example just roasted, and in sauerkraut or kimchi (the Japanese way).

And we have people who love talking to cabbage and reading Russian literature to it as artist Anastasia Loginova does during her perfomances at Mediamatic in Amsterdam (on their website you find the full program). The cultural institution is hosting for winter season a series of workshop, installation and talk about cabbage. I was there recently and it is amazing to see and learn how many things you can do out of it. Did you know the best Kung-fu sound is made with cabbage?

 

Reference: Kishimoto et al., Odor Components and the Control of Odor Development in Ornamental Cabbage. J. Japan. Soc. Hort. Sci. 83 (3): 252–258. 2014

Designing with smell: Practices, Techniques and Challenges – The book.

 

cover

È Fuori. Il libro Designing with smell – Practices, Techniques and Challenges edito da Victoria Henshaw, Kate McLean, Dominic Medway, Chris Perkins, Gary Warnaby per Routledge è uscito, finalmente libero di andare con le proprie gambe, o sarebbe il caso di dire, di librarsi in volo e diffondersi come un odore ricco ed evocativo.

È stato un lavoro lungo e collettivo al quale ho avuto l’onore di partecipare e che ha messo insieme esperti di diverse discipline dell’arte, della ricerca scientifica e umanistica, tutti accomunati da un interesse specifico per l’olfatto e dal lovoro con odori e profumi, con i sensi e l’arte. Vi elenco qui di seguito le parti in cui è diviso il libro giusto per stuzzicarvi (di sotto nella sezione in inglese trovate l’abstract):

Part I Olfactory Art

Part II Representing Smell

Part III Smellscape Design and Monitoring

Part IV Retail, Scent and Service Design

Part V Smell Learning Environments

Part VI Historic and Theatrical Smellscapes

Part VII Smell Capture, Distillation and Diffusion

Il mio contributo come vi dicevo è sull’uso di odori in ambito teatrale e performativo. Insomma è andata così, lavorando sulla fisiologia dell’olfatto da un lato, continuando con i training e la pratica di teatrodanza dall’altro, a un certo punto semplicemente è successo. Non potevo evitarlo: le cose si sono incrociate. Leggevo e cercavo (e questa pratica continua) di approfondire gli studi di neuroscenze applicati alle arti, la neuroestetica, le scienze cognitive applicate alle arti performative – danza e teatro principalmente – e a un certo punto mi sono chiesta cosa ne fosse in tutto ciò del senso dell’olfatto. Certo è un senso difficile da controllare, sfuggente, ma questo è sufficiente a far sì venga ignorato? Nessuno si era preso la briga di mettere in scena un odore? Non dico una “puzza”, ma almeno un “profumo”? La mia ignoranza sulla questione andava colmata e nel frattempo avevo bisogno di provare da me. A usare gli odori in scena e durante il traning dico. A capire come fare e come non cascare subito nelle trappole di un senso così viscerale e profondo. Come è andata?

Nel mio contributo in questo libro c’è in qualche modo l’inizio di questa storia, con una panoramica sull’olfatto e l’uso di odori in scena e la presentazione di alcuni “casi”, performance e pezzi teatrali, e racconto anche dello studio iniziale di una mia performance di teatro danza con gli odori. Del resto vi darò presto altre notizie 😉

 

Designing with smell – Practices, Techniques and ChallengesThe book is out!

I am very happy to announce the long waited book on smell and design is finally out! It has been a long way, with many contributors coming from different disciplines and a common interest on smell, art and design, and I am honored to be on of them.

The book, which was initiated by the late Victoria Henshaw, was continued in her memory by Kate McLean, Dominic Medway, Chris Perkins, and Gary Warnaby as editors, and it is published by Routledge:

Designing with Smell aims to inspire readers to actively consider smell in their work through the inclusion of case studies from around the world, highlighting the current use of smell in different cutting-edge design and artistic practices. This book provides practical guidance regarding different equipment, techniques, stages and challenges which might be encountered as part of this process.

Throughout the text there is an emphasis on spatial design in numerous forms and interpretations – in the street, the studio, the theatre or exhibition space, as well as the representation of spatial relationships with smell. Contributions, originate across different geographical areas, academic disciplines and professions. This is crucial reading for students, academics and practitioners working in olfactory design.

The book includes my contribution on smell and theater, with some case-studies including the work in progress of my performance Duft- metamorphosis, a dance-theater piece with odors.

Imagine being in a theater watching a piece or a choreography. Focus on the gesture of the actors, on the expressions of their faces, you can feel them. Actually, you can smell them. Would be this disturbing? Fascinating? Could be the meaning/interpretation of the performance influenced? In this chapter I analyze the use of the odors, i.e. the odor perception, in the performative space: how the smell can be included in the space of the spectator and the actor and, how it modifies the communication between them and their experience. The olfaction has the unique feature to be directly connected with the deep and old part of the brain, the so-called “reptilian brain”. The regions that process odor-information, emotions and memory are in part overlapped. What does this mean for the performative arts? In this work I am going to explore these questions analyzing as case-study different uses of the smell in space.

 

‘Wurzi’ il fiore-cadavere sta tornando – The corpse flower is back to Frankfurt

E non è solo…

Del fiore (che sa di) cadavere e di quanto puzza vi avevo già parlato. L’anno scorso ne avevo beccato la fioritura al Palmengarden di Francoforte, dove la pianta sembra trovarsi proprio bene… Infatti in questi giorni ci sono altre due fioriture in arrivo!

Non è una cosa tanto facile, c’è una vera e propria gara tra i giardini botanici in giro per il mondo, e le fioriture di solito sono monitorate e seguite, tanto che in alcuni posti, quando ce n’è una si creano file di centinaia di persone per vederlo, e annusarlo.

E niente sto fiore puzzolente (ma precisiamo è un’infiorescenza) mi ha conquistata, e questa volta, in collaborazione con Hilke Steinecke del Palmengarten di Francoforte, terrò un visita guidata per annusarlo e conoscerlo meglio. Se per caso in questi giorni siete da queste parti scrivetemi! (qui sotto i dettagli).

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‘Wurzi’ and the little brother are about to bloom in Palmengarden Frankfurt. Credit: perfectsenseblog.

 

An evening with Amorphophallus titanum

A journey into the lovely stinky-world of the corpse flower

 in collaboration with Dr. Hilke Steinecke – Palmengarten Frankfurt

Let’s make it clear from the beginning; if they call it ‘corpse flower’ there is a reason.

And now, imagine being the first person who found it.

We are in the 1878 and Italian botanist Odoardo Beccari is exploring the tropical forest in Sumatra: a walk through all kind of green, a rich atmosphere, lush and highly humid, full of odors coming from the vegetation. Odoardo at a certain point is been catching from a strange scent, an unusual smell like something rotten. He thinks there must be a monkey-carcass somewhere nearby or something similar…

Odoardo starts to follow the putrid scent, but It turns out what he finds is not the remaining of a dead animal, but something way more interesting, and astonishing: a three-meters tall flower standing in front of him.

It is called Titan Arum, Amorphophallus titanum in Latin, which comes from ancient Greek and means άμορφος – amorphos, “without form, misshapen” and φαλλός – phallos, “phallus”, and “titan”, “giant”. The plant, from the Araceae family, consists of a smelly spadix of flowers wrapped by a spathe (a leaf-like bract), and it is the largest unbranched inflorescence in the world, though commonly named giant “flower”. And it stinks. Heavily and deadly. Why the plant produces such odors?

Meet Amorphophallus titanum at the Palmengarten in Frankfurt during a special tour in the evening, when the giant flower releases its putrid lovely scent at its best. We will talk about the olfaction, the sense of smell, and how we sense odors. We will have a special focus on stinky plants and on the particularities of Amorphophallus titanum.

Free your nose, It’s gonna stink…

Practical information

When: We don’t know! We are making the countdown for the plant to bloom, it can happen anytime within the next days. If you are interested in it write an email to hilke.steinecke@stadt-frankfurt.de  or to anna.derrico@gmx.de and we will let you know as soon as we are ready for the tour.

The tour will take place at h.19:30 and it takes almost 1.15 hours

Where: Palmengarten Frankfurt – Siesmayerstr. 61, 60323 Frankfurt am Main

Entrance: : It is Free! (donations are welcome)

Further information: hilke.steinecke@stadt-frankfurt.de   Tel: 069 212 38149

Annuso, dunque compro – I smell, therefore I buy

Sul marketing olfattivo e la psicologia dell’acquisto

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Credit: perfecsenseblog.

È vero che la presenza di fragranze nei negozi influenza il comportamento degli acquirenti e li spinge a comprare di più? Questa è un po’ in sintesi la domanda fondamentale che molti si pongono e su cui si concentra anche il marketing olfattivo. Domanda talvolta associata all’idea, e alla falsa credenza, che uno specifico odore o profumo possa avere un effetto diretto e specifico sul nostro umore e sul nostro comportamento, e quindi anche influenzare l’acquisto… facciamo un po’ di chiarezza.

La faccenda è complessa perché si tratta di studiare il comportamento e la psicologia umana in condizioni piene di variabili difficili da controllare. In una situazione ideale io ho un elemento A, l’odore diciamo, e un effetto da misurare: voglio sapere se questo, spruzzato nel negozio, fa aumentare le vendite (effetto B). Faccio una serie di osservazioni e confronto il numero di vendite prima e dopo aver spruzzato quel profumo, e vado poi a vedere se c’è una differenza significativa tra i due casi, con e senza profumo: le vendite potranno essere aumentate, diminuite o rimaste invariate; o, più semplicemente, dato A, ottengo B. Il ragionamento sembra filare e in parte, insieme ad altre misure e osservazioni potrebbe aiutare ad avere almeno delle informazioni qualitative. Tuttavia le variabili confondenti presenti in questo caso, e in altri simili, sono numerose. Infatti, altri fattori potrebbero influire sulle vendite e quindi interferire con la mia osservazione. Qualche esempio: il periodo dell’anno, orari della giornata, giorno della settimana, stagione, possono influire sul flusso e tipo di clientela, e quindi sulle vendite; anche le condizioni meteorologiche, perché a seconda che piova o ci sia bel tempo possono esserci pattern di comportamento diversi; e poi ancora il fatto che le condizioni ambientali nel negozio possono un po’ variare, dalla presenza o assenza di musica e quale tipo, ai commessi, allo stato psicologico personale degli acquirenti in un dato momento. Ci sono metodi statistici che potrebbero aiutare a tenere conto di alcune di queste variabili nell’analisi dei dati, ma servirebbe comunque raccogliere dati in larghissima scala (e in diversi posti, perché anche elementi come il tipo di negozio, cosa viene venduto, posizione geografica, ecc. potrebbero portare a risultati diversi) in modo da avere un campione molto grande di riferimento. Di studi del genere in realtà non ce ne sono molti, e l’unico studio quantitativo di questo tipo risale al 1995 (Hirsch A., 1995) ed è però riferito a una situazione particolare: il gioco d’azzardo. Lo studio è stato infatti fatto a Las Vegas, in un casinò, per vedere se la presenza di profumi ambientali influenzasse o meno la propensione al gioco d’azzardo, e osservando che c’era un’aumento del 45% nel gioco nelle sale con odori.

Ci sono alcuni studi scientifici con un approccio più rigoroso, ma che hanno comunque diversi aspetti deboli nella metodologia, inoltre alcuni di questi studi vengono svolti in mabiente controllato, quindi in laboratorio. E perfino in questo caso potrebbero esserci dei bias nelle osservazioni, perché i comportamenti non sono osservati in ambiente “naturale”. Dall’altro lato gli studi sul campo sono insidiosi perché, come abbiamo visto, effetti confondenti dovuti ad altre variabili che non c’entrano con quello che si vuole misurare potrebbero influenzare il comportamento finale osservato.

E poi, se anche osservassi un effetto, questo dipenderebbe da una specifica profumazione, oppure una vale l’altra? Ognuno ha gusti e preferenze diversi, mediati da diversi fattori, biologici, psicologici, sociali, culturali, ecc. Per cui semmai, dato un certo odore, avendo un numero sufficientemente alto di osservazioni “controllate”, dovrei poter ottenere almeno indicazioni del tipo: quando nell’aria è presente l’odore A, diffuso nell’ambiente con modalità X, a concentrazione Y, per un perido di tempo Z, in un certo tipo di negozio, nella città di odorlandia, l’indice di gradimento dei clienti per il negozio è di J in K numero di persone, e le vendite vanno nel modo C. E bisognerebbe poi vedere, se questi effetti rimangono e sono ripetibili nel tempo. Altrimenti, di nuovo, chi mi assicura che non si sia trattato solo di caso o coincidenza? E tu, che devi investire in un prodotto del genere, ti fidi che funzioni?

In letteratura, nell’insieme dei fattori presi in considerazione sul comportamento dei clienti rispetto alla presenza di profumazione ambientale, ci sono anche:

-gradimento per il negozio e/o specifico prodotto

-tempo di permanenza nel negozio/reparto

-possibili effetti sull’umore

-propensione all’acquisto

Come dicevo non ci sono molti studi quantitativi a riguardo e sono spesso carenti o comunque portano a risultati non conclusivi, al più evidenziano delle correlazioni che, sappiamo, non sono necessariamente indicative di un “effetto” realmente presente.

Spesso per queste valutazioni sul campo vengono usati dei questionari, che hanno una loro utilità, ma molto limitata perché soggettivi. Per esempio: voglio sapere se la presenza di un odore in un certo negozio influenza il giudizio dei clienti sul negozio stesso. Cerco di prendere un campione di clienti a cui sottoporre un questionario di gradimento. Però, siccome non posso obbligare i clienti a rispondere al questionario, una prima selezione viene già fatta in base a chi è più propenso a rispondere. Posso presumere che chi in quel momento ha più tempo a disposizione, o è di buon umore per altri motivi, sarà magari più disponibile, e magari, sarà più facile mi dia anche un giudizio positivo, che però non dipende dall’odore in sé ma dal fatto che quella persona in quel momento era di buon umore. Come faccio a essere sicuro che è davvero l’odore a fare la differenza? Servono come minimo valutazioni su larga scala, e in ogni caso possono dare un’indicazione, ma si è ben lontani dall’essere certi.

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Pannello pubblicitario della McCain in cui schiacciando un bottone si può sentire il profumo delle patatine al forno pubblicizzate.

In una review pubblicata nel 2016 sul International Journal of Consumer Studies gli autori hanno provato a fare un rassegna degli studi più attendibili, condotti e pubblicati dal 1980 al 2015, sull’effetto degli odori sul comportamento dei consumatori. Sono stati presi in considerazione solo lavori pubblicati su riviste specializzate e peer-review (cioè dove la pubblicazione avviene dopo una revisione alla pari) e valutate con un punteggio di tre e quattro stelle dalla Associations of Business Schools Academic Journal Quality Guide, per i campi di studio di psicologia e marketing. Dal loro setaccio sono usciti solo 45 lavori scientifici, comprese alcune review (cioè descrizioni critiche di studi altrui).

I ricercatori hanno preso in considerazione questi effetti: la risposta cognitiva, l’influenza su umore e emozioni, percezione, memoria e risposta comportamentale.

Su molti di questi aspetti gli studi sono pochi e spesso non conclusivi.

Sulla risposta cognitiva, per esempio, alcuni ricercatori hanno osservato che la valutazione di un odore è influenzata dal contesto, cioè se l’odore è congruo con l’ambiente oppure no. Per esempio odori di cibo nel reparto abbigliamento o in quello alimentare portano ad apprezzamento diverso nei consumatori. D’altra parte altri ricercatori hanno osservato che in altri casi invece la congruità non sembra essere importante nella valutazione positiva dell’esperienza. Ovvero, basta che l’odore piaccia affinché la valutazione sul negozio/prodotto sia positiva, anche se l’odore non c’entra niente col prodotto stesso. Insomma, dati discordanti.

Altri fattori presi in esame in diversi studi e che possono contribuire agli effetti degli odori sui clienti sono, oltre alle preferenze soggettive per una data fragranza, l’età, il genere, altre caratteristiche della fragranza come intensità, piacevolezza, congruenza, la consapevolezza della presenza o meno dell’ odore.

Per molte di queste valutazioni non si hanno ancora dati scientifici definitivi e sicuramente è un ambito di ricerca in espansione, e col tempo probabilmente ci saranno nuovi dati, non solo dalla psicologia, ma anche dalle neuroscienze, che ci aiuteranno a capire meglio questi meccanismi.

Ma quindi per un marchio ha senso avere un proprio logo olfattivo, oppure no? Ha senso diffondere odori negli ambienti commerciali? Vista la complessità dell’argomento ovviamente non possiamo fare un discorso generico. Ci sono diverse osservazioni che suggeriscono che una profumazione leggera e non troppo invasiva, che rimane nel background, può incidere positivamente sull’esperienza del cliente, e di conseguenza renderlo più propenso ad apprezzare il negozio e i prodotti, da qui a dire che gli odori faranno comprare di più è un’altra storia.

Per quanto riguarda il logo olfattivo, può invece avere un senso, visto il legame molto stretto che si può formare nella memoria del cliente tra un odore specifico e il brand stesso. In questo senso – io non sono esperta di marcketing – il meccanismo e i parametri per riconoscibilità e distinguibilità del logo sono analoghi a quelli applicati al logo tradizionale. Il valore aggiunto della componente olfattiva, oltre alla novità della cosa, sarebbe il fatto che essendo l’olfatto legato alle nostre memorie ed emozioni, ciò aiuterebbe a “fissare” facilmente il logo nella memoria emotiva del consumatore. Per cui il cliente “imparerà” a collegare quel determinato odore a quel prodotto specifico o a quella marca (avete presente la scia di profumo emanata dalla catena di negozi Lush? Decisamente riconoscibile e volutamente percepibile a distanza: chiunque arrivando da lontano, prima ancora di vedere il negozio ne “sniffa” la presenza). D’altra parte, gli odori possono essere un’arma a doppio taglio: hanno un impatto emotivo e fisico molto forte, perciò se l’odore usato è troppo forte o diventa per qualunque ragione disturbante e molto spiacevole, e anche questo rimarrà impresso nella memoria del consumatore.

 

Bonus

Nota di viaggio dal Giappone

Durante il mio recente viaggio in Giappone una delle cose da cui sono rimasta più colpita è stato il diverso uso, rispetto a quanto avviene da noi, di odori e profumi nello spazio pubblico e nei negozi.

Che in Giappone l’uso, il gusto e la sensibilità per le fragranze siano diversi dai nostri già lo sapevo, così come sapevo che culturalmente lì si ha la tendenza a non amare profumazioni personali troppo forti e, anzi, è preferibile evitarle. Cosa che ho potuto riscontrare in diversi contesti pubblici, nei locali, nelle metropolitane affollate, per strada: quelle rare volte che mi è capitato di sentire un profumo personale era quello di un turista straniero. Tra l’altro, cosa bizzara forse effetto del viaggio e nell’immersione completa in una nuova cultura, la mia sensibilità alle profumazioni personali si è in quei giorni accentuata portandomi a notarle, con una punta di fastidio devo dire, molto più di quanto faccia di solito.

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Yokohama Garden Necklace 2017. Credit: perfecsenseblog.

Ad ogni modo, tra le mie osservazioni “sul campo” ce n’è stata poi una seconda: le profumazioni ambientali dicevo. Molto più di quanto mi aspettassi, nei centri commerciali, e anche in alcune stazioni della metropolitana, almeno nei posti in cui sono stata (Sapporo, Tokyo, Kyoto, Osaka, e diverse località minori) vengono spesso diffuse profumazioni piuttosto tenui che, a mio gusto personale, ho trovato piacevoli. Mi sono sempre sembrate non invasive, poco intense e delicate, spesso con un sentore vagamente agrumato, oppure di legno di sandalo in alcuni casi. La cosa interessante per me è stata la gradevolezza e la pacatezza di questi odori, sobri e non eccessivi, e forse anche per questo ancora più in contrasto con molte delle profumazioni ambientali che mi è capitato di sentire, e subire, in diversi negozi in Europa. Ribadisco, queste sono ovviamente mie osservazioni e impressioni personali, quindi soggettive e ahimè mendaci 😀

Tra l’altro, mia osservazione curiosa, in Giappone i negozi Lush non hanno la stessa intensità olfattiva; la profumazione è la stessa, ma una volta avvistato il negozio è necessario avvicinarsi fino all’ingresso per sentirne l’odore. Presumo si tratti di un “adattamento” di mercato tarato sui gusti locali.

 

I smell, therefore I buy

 

The question is always the same: how can I make my brand more appealing? How can I make consumer to consume more? The last hot resource for communication and marketing seems to be in our nose.

Sensory marketing, neuromarketing, olfactory branding, all of these tend since some years to understand how consumer-brain works and how to make products more pleasurable and appealing to the senses. Vision and hearing are the most obvious target, but other senses can be very resourceful as well. Touch and smell for example. The use of ambient fragrances and olfactory-logos is becoming more and more popular, with the promise of making customer prone to buy (more). The question is: does it work? Is there any scientific ground for such approach?

The answer is not an easy one. Talking about human behavior and psychology we are confronted with observations and phenomenon not easy to measure under control. We want, say, measure if an ambient odor has an impact/effect on the selling rate in a shop. It sounds pretty straight forward: I measure the selling rate before and after diffusion of the odor and see if any significant difference is there. The point is: how to make sure that what I am observing is actually due to the odor and not to something else? People consumption-behavior can be affected by several factors, personal and subjective, and environmental (season, time, weather, shop layout and setting including the presence/absence of music, illumination, selling-assistants, etc.). There are several potential confounding parameters to take into account, therefore huge amount of data need to be collected in controlled way and same conditions over the time, in order to give a solid statistical ground to the observations.

Actually there are no many quantitative studies available; the only one with this approach is from 1995 (Hirsch A., 1995), and is quite specific: it measured the effect of ambient odors on gambling behavior in Las Vegas in one casino, which resulted in the observation that the presence of ambient fragrances was associated with increase (45%) in slot-machines usage.

In 2016 a review published on International Journal of Consumer Studies (Rimkute et al., 2016) collected most of the major studies that have been published, between 1980 and 2015, in the field of psychology and marketing on the effects of scent on consumer behavior. The goal was to have a reliable summary and overview of the studies regarding the impact of scent on consumers ‘cognitive and affective responses, attitudes and perceptions, as well as memory and behaviors. It emerged that relevant mediators and moderators of the effects of scent on these variables include affect, cognition, awareness and individual or environmental stimuli.

From the review emerges that in most of these studies (they could select only 45 peer-reviewed papers and reviews according with the quality standard of the Associations of Business Schools Academic Journal Quality Guide) findings are somewhat inconclusive.

Olfaction has surely a huge impact on feelings, memory and emotions therefore create a strong link between a specific odor and a brand/product – make an ‘olfactory logo” – could work, and actually there are already several successful cases: from the coffee-smell of Starbucks to the fragrance of Singapore Airlines, for example. On the other hand, people can be very sensitive to smell, and overstimulation could also cause headache and be a trigger of bad memories. Selecting a palette of odors for an olfactory logo or ambient one should therefore bear in mind to avoid those odors that could over-stimulate in this fashion, as they could negatively affect the customers. Usually odors which are delicate and remain more in the background are more tolerate.

Most of the “effect” of an odor is connected to the context and the meaning people gives to it, therefore is often not a direct biological effect of the odor per se – which indeed is not yet proven scientifically – but the emotional association that has been made to that odor. If the odor is associated to a positive experience, it is most likely that the odor will trigger positive feelings in the future as well and vice versa.

 

Bonus – my traveling notes from Japan

Is it true, if you go east odors became fainter and subtitles. It was true at least for me visiting Japan. I am used to European, say Western, odor-mode, which is often loud. In Japan everything is all but loud, perfume too. People don’t like strong smell, actually better if you have no smell at all. Moreover, what impressed me is the use of ambient odor in public space. Actually I could make very elaborate smell-map of the places where I have been, but, singularly, all these smell where “silent” and somehow “elegant”. I have noticed many natural odors, most from flowers which were very often used for decorating public spaces such mall and stations (yes, they used very often impressive garden installations, with actual flowers!).

I have found myself often smelling around with a little smile on my face, it was usually an odor citrus-like, or a sandalwood-like smell, faint, not aggressive, just pleasant, diffused in some shops and big mall, even in the underground sometimes. I found these odors very far from the strong, heavy (personally sometimes intoxicating) fragrances that are often sprayed in our western shops. I have been always very critical with such “odor-branding-strategies”, but after my trip I have seen that another way is possible, yet pleasurable.

A Esxence 2017

E le mie divagazioni su me medesima, i profumi, la fiera e una community bellissima

Non sono mai stata molto brava a lavorare per compartimenti stagni, parte del senso che trovo nelle cose che faccio deriva proprio da questo rimestare e mescolare le attività e le ispirazioni più disparate, tessendo così il filo delle mie passioni: scienza e olfatto, teatro e danza (con e senza sperimentazioni olfattive), scrittura e, indovinate un po’? i profumi.

Questo per dirvi che questo mese a Esxence 2017 – fiera internazionale di profumeria artistica – le mie passioni saranno di nuovo mescolate: a Milano, domenica 26 marzo, alle 11.30, terrò una conferenza su olfatto e percezioni olfattive con un’attenzione particolare soprattutto alla psicologia dell’olfatto e delle nostre sensazioni olfattive. Perché sentiamo ciò che sentiamo?

logo

 

In laboratorio lavoro in mezzo a cavi, cacciaviti e bulloni; certo ci sono anche flaconi con soluzioni e diverse sostanze chimiche, e beh no, il camice bianco, per la verità, lo uso poco. Nei mei esperimenti cerco di capire come funzionano i neuroni di alcune parti del cervello, negli ultimi anni principalmente quelli coinvolti nel senso dell’olfatto. E quindi per farlo, e per studiarne l’attività elettrica – che è il modo in cui i neuroni si “esprimono” – mi servono appunto cavi e  aggeggi che a volte fanno pensare più di essere in un’officina che in un laboratorio così come spesso ce lo immaginiamo. A casa, invece, nella “stanza degli hobby” (sì abbiamo una stanza così, ma questa è un’altra storia), accanto ad altri utensili vari, “da officina” pure lì, ho un angoletto degli odori, dove mi diletto e mi esercito a conoscere e imparare a distinguere le materie prime usate in profumeria. Non che ancora mi riesca granché bene, ma mi piace, e mi permette di addentrarmi ancora di più in una passione che ho da quando ero bambina: gli odori, gli aromi, i profumi…

Una delle cose più affascinanti dell’olfatto è quella di essere sfuggente, sottilmente legato al contesto in cui ci troviamo e a ciò che “crediamo”  di sentire. Durante l’incontro vi parlerò di alcuni dei tranelli che a volte l’olfatto ci tende e del perché succede.

Ma c’è di più, sarò lì negli altri giorni della fiera per annusare e immergermi nei profumi di nicchia, un settore della profumeria moderna che va pian piano espandendosi e abbraccia una fetta sempre più ampia di pubblico: appassionati, cultori, ma anche persone che semplicemente amano i profumi e sono curiose e aperte alle novità e a prodotti diversi da quelli offerti da altri canali. Il tema della fiera quest’anno è “I giardini dell’Eden” richiamando come ispirazione quella di un giardino rigoglioso, lussureggiante, e ricco di note olfattive.

Nella fiera vengono esposti i principali marchi di nicchia (quest’anno saranno presenti 190 case madri), da quelli molto grandi a profumieri indipendenti, ed è un modo per venditori e addetti ai lavori di conoscere i nuovi lanci del mercato e nuove case. Inoltre, al sabato e alla domenica c’è l’apertura al pubblico per dare modo a chiunque di avvicinarsi a questo mondo, scoprire marchi nuovi e conoscere altri lati della profumeria.

Durante i giorni della fiera c’è poi un calendario di incontri e conferenze per addetti ai lavori e per il pubblico (nel fine settimana, l’ingresso è gratuito, bisogna solo registrarsi sul sito). Qui alcuni di quelli che mi sono segnata:

giovedì alle 13.00 Saskia Wilson-Brown, fondatrice del The Institute for Art and Olfaction (Los Angeles), annuncerà i finalisti del Art and olfaction awards; mentre alle 15.30 il Prof. Giuseppe Squillace, dell’Università della Calabria, presenterà il suo nuovo libro “I mestieri del lusso nel mondo antico: l’arte della profumeria”; venerdì alle 9:45 ci sarà il workshop con il naso profumiere Christophe Laudamiel: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation; sabato pomeriggio alle 15:00 lo scrittore di profumi Eddie Bulliqi terrà la conferenza Scent surprises: prepare to be shocked!, e alle 17:00 Wanda Benati, esperta di viaggi, terrà un incontro sui giardini e le piante da profumo in varie parti del mondo.

La mia conferenza invece, come dicevo, sarà domenica mattina alle 11:30.

Ci vediamo lì 🙂

Bonus

Durante queste mie incursioni condividerò impressioni e idee insieme al gruppo di Adjiumi. Che cos’è Adjiumi? La descrizione “da manuale” sarebbe forse quella di una community virtuale sul profumo, orbitante principalmente intorno all’omonimo forum, e con propaggini e pseudopodi su gruppi facebook dedicati a temi più specifici.

E ora vi dico cosa è davvero, raccontandovi la mia esperienza: da appassionata di profumi, mi sono iscritta al gruppo facebook, cosa che non faccio molto spesso devo dire. E forse anche per questo non ero molto preparata. Infatti, la prima sensazione/reazione è stata: dove sono capitata? Sembrava di stare al bar dove tutti si conoscono e tutti parlano, con modalità diverse perché siamo tutti diversi, degli argomenti più disparati; tutti però incentrati su un grande tema comune: la passione per i profumi. Il fatto è che secondo me più che un gruppo, è una tribù, bellissima e variopinta. E in questa tribù o ti ci butti e ti fai un po’ travolgere o non ci resisti – anche perché sennò che senso avrebbe? Ed è così che pian piano scopri e diventi parte di un tessuto in fermento: è un luogo umano, dove le persone si incontrano e scambiano informazioni utili, opinioni, consigli, esperienze; si riescono così a conoscere cose nuove sul mondo dei profumi, e persone aperte e disponibili come se ti conoscessero da chissà. La regola principe è solo quella delle buone maniere e dell’educazione – ché online come nella “vita reale” andrebbero applicate comunque. Per cui niente stramazzi e discussioni asciuganti e fini a se stesse, ma chiacchierate serene e una passione in comune. Che bello (qui potete leggere di più su come è nato il gruppo e chi l’ha fondato).

Posterò foto, e aggiornamenti su:

le pagine facebook de il senso perfetto (perfectsenseblog) e sulla pagina fb di Adjiumi

Sulle pagine Twitter mia e di Adjiumi

E Instagram #perfectsenseblog #Adjiumi #Esxence2017

We meet at Esxence 2017

Digressions about myself, perfumes and a passionate community

I have to say I was never good at keeping things separate: science, art, dance, theater, olfaction, perfumes… I like mixing, and I find meaning in bringing things together in order to get new inspirations. It turns out this brings me often merging different fields: the science of olfaction and the aesthetics, my practice in dance-theater and the olfactive-theater, my days in the lab, and the evenings sniffing raw materials at home, and the perfumes.

Thus, this month I am very happy to merge one more time my passions:  I will take part to Esxence 2017 – the international fair of artistic perfumery – in Milan, where on Sunday 26 I will give a talk about the sense of smell, psychology and odor perceptions.

The fair is a big event for niche perfumery, hosting this year 190 brands and several talks and events, with some during the weekend open for general public as well. During those days I will hang around, open to smell and discover new people and perfumes. Among the events Saskia Wilson-Brown will announce on Thursday 23 March, the finalist of the Art and Olfaction Awards; and on Friday morning, the nose Christophe Laudamiel will give the workshop: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation.

My talk will be on Sunday, 26 March, 11:30 am

I’ll see you there!

Bonus

During my “perfumed – days” I will share my pictures and impression with the guys of Adjiumi – the passionate Italian tribe of perfume-lovers. You can follow us also on our socials 😉

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Al cinema col naso – Sniffing a movie (II part)

Dai primi bizzarri esperimenti ai film 4D – Capitolo II

“Prima si sono mossi (1895)! Poi hanno parlato (1927)! E ora odorano!”, con questo spot venne lanciato nel 1960 il film in Smell-O-Vision The scent of mystery, diretto da Jack Cardiff, di cui vi parlavo nel post precedente. La trama si sviluppa attorno a un delitto e a una misteriosa donna, interpretata da Elizabeth Taylor (che compare alla fine), identificabile per tutto il tempo solo attraverso il suo profumo. Il film fu, come dicevamo, un flop: gli odori erano spesso distraenti e sembravano un po’ tutti uguali, soprattutto, sapevano nella migliore delle ipotesi di acqua di colonia a buon mercato, come molti commentarono e lo stesso Cardiff lamenterà. Il film uscì successivamente nelle sale con il titolo Holiday in Spain, senza odori.

 

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I tentativi successivi, negli anni Ottanta, sono poi consistiti principalmente nell’uso di carte “gratta e annusa”, espediente usato anche in alcuni videogiochi tipo Leisure Suite Larry: Sail for love (1996), con l’intento di rendere l’esperienza più immersiva. Il primo cinema 4D è degli anni Ottanta: The Sensorium era per la verità un parco a tema, creato da Gary Goddard e inaugurato a Baltimora nel 1984, con una spesa di 40 milioni di dollari. Le sale potevano essere aromatizzate e i sedili erano mobili. Chiuse dopo sei anni.

 

Durante questi esprimenti, bizzarri e creativi, uno dei problemi principali è, come dicevamo, di tipo tecnico: non c’era ancora una tecnologia adeguata a rilasciare gli odori in modo preciso, ripetibile e circoscritto, senza intossicare il pubblico. Mi viene poi da pensare che forse, anche con sistemi più efficaci, il pubblico sarebbe rimasto comunque un po’ disorientato. Succede ancora oggi, ma di meno, e penso dipenda da diversi fattori. Al tempo di quei primi esperimenti il cinema, e la televisione, erano già di per se stessi qualcosa di nuovo e innovativo. Dalla nascita del film muto ai film sonori, dal bianco e nero ai colori, fino ai sistemi per riprodurre la realtà in modo più vivido. Il secolo scorso, e l’inizio di questo, rappresentano da questo punto di vista un tripudio di suoni, immagini e colori sempre più forti, squillanti, veloci. Di conseguenza credo che, in un modo o nell’altro il pubblico fosse già abbastanza “sorpreso” e forse “travolto” da tutti questi stimoli, per cui un ennesimo, quello olfattivo, dovesse necessariamente risultare quanto meno molesto o inopportuno. Guarda caso è dagli anni Novanta del secolo scorso che si iniziano ad avere, pur partendo in sordina, nuove e più consapevoli sperimentazioni con gli odori anche in altri ambiti performativi (teatro, danza, performance, installazioni), si diffondono poi cinema 3D, videogiochi a realtà aumentata, e da qualche anno cinema 4D dove, di nuovo, si punta a una stimolazione multisensoriale coinvolgendo anche olfatto e a volte pure il tatto.Come fa notare il critico Jim Drobnick, siamo in un’epoca in cui i canali sensoriali di vista e udito sono saturi, immagini e suoni possono essere registrati, inviati elettronicamente, archiviati. Ciò che ancora non può essere davvero catturato con uno smartphone o altro dispositivo elettronico è l’odore. Ed è in questo momento storico in cui si cerca, e questo avviene su diversi fronti, di rendere l’esperienza del pubblico sempre più immersiva, personale, e personalizzata, che l’odore diventa merce pregiata, perché è e rimane un elemento fisico non digitalizzabile.

Il fatto poi che non ci siano degli “odori primari”, come avviene con i colori, rende la cosa ancora più difficile: non ho una “base” di pochi odori dai quali posso ottenere tutti gli altri. Spesso odori e aromi sono fatti da centinaia di molecole diverse, solo per il caffè, per fare un esempio, ce ne saranno quasi 400. In alcuni casi sono state isolate o riprodotte molecole “caratteristiche” di alcuni odori, e a volte sono anche abbastanza fedeli, ma purtroppo non vale per tutti. Inoltre, per ricreare un odore in modo credibile e che non senta di “finto” servono materie prime di qualità; e se si vuole usare una sequenza olfattiva durante, per esempio, proiezioni cinematografiche, ne servirà anche una certa quantità, e quindi anche i costi si alzano. Anzi si aggiungono a quelli per i sistemi di rilascio degli odori, che oggi esistono e funzionano abbastanza bene, ma non sono proprio economici.

Il primo cinema moderno a realtà aumentata che sembra aver riscosso successo è il 4DX della compagnia sudcoreana CJ 4DPLEX. Le sale hanno dispositivi per il rilascio di vento, pioggia, nebbia, odori, e hanno sedili mobili. Dalla proiezione del primo film, “Viaggio al centro della terra”, a Seoul nel 2009, a quella del 4 novembre 2016 a Toronto di “Doctor strange”, il numero di cinema con questa tecnologia si è moltiplicato e ora è presente in più di 20 nazioni. Intanto lo spagnolo Raul Porcar ha lanciato nel 2013 Olorama, un dispositivo capace di rilasciare fino a 12 odori e pensato per uso domestico e in ambienti relativamente piccoli.

Di certo la progressione dal cinema muto alla proiezione 4DX dell’ultimo Batman vs. Superman a New York (marzo 2016), durante la quale il pubblico viene sbattacchiato e innaffiato d’acqua, è abbastanza sorprendente. Però, in questa corsa in accelerazione con effetti sempre più speciali e sempre più sorprendenti, l’odore rimane tuttavia, per sua natura, un medium lento e pervasivo. Come la mettiamo?

 

Sniffing a movie (part II)

 

“ First they moved (1895)! Then they talked (1927)! And now they smell!” said the adverts for the Smell-O-Movie screening of Scent of mystery in 1960 and directed by Jack Cardiff. As I was saying last time, people did not like it; the charming Elizabeth Taylor interpreting a mysterious lady recognizable till the end of the movie by her perfume only, did not help, nor the novelty of the technology. It was “intoxicating” and it smelled like cheap cologne they said.

With the aim to increase realism other attempts were made in the 1980s with movies and videogames, like Leisure Suit Larry 7: Love for Sail (1996; Sierra Entertainment), where at certain points the audience had to use some scratch-and-sniff cards. The first 4D cinema, equipped with vibrating chairs and aroma-release systems, was, in 1984, The Sensorium in Baltimore. It closed after six years.

All these experiments where confronted with a poor technology, but I believe there is more to explain, at least partially, such a defeat. At their very beginning cinema and television where already sensational and surprising, they were “new”, so there was no need for “extra effects” and, probably, people were not ready to that, odor was more a background disturbance. During the time things have changed and new technologies evolved providing more engaging experiences: in 2009 the south-Korean company CJ 4DPLEX has launched 4DX, a technology for augmented environmental effects equipped to release rain, fog, wind, scents during screening. It is today spread all over the world in more than 20 countries and very successfully, the last 4DX-Doctor strange has been screened on November 4, 2016, in Toronto, and during the Batman vs. Superman 4DX screened in New York (March 2016) people were pleased to be punched, and splashed with water.

Nowadays the search for realistic, and perhaps authentic, experience is much higher than in the past. As Jim Drobnick has pointed out, in our technological era, the multimedia allows us to capture everything, sounds and images, but odors. The fact we cannot catch and record odors makes smell more valuable as a live experience. We are constantly overstimulated by audio-visual input. The spread of low-cost computer hardware and software have increased the methods and means by which individuals can communicate with the world and receive information. What is missing is the smell. Are we now ready to that?

Bonus

Lo scorso anno (ottobre 2015) Scent of mystery ha ripreso vita in forma inedita grazie a un gruppo di visionari e poeti degli odori, mi verrebbe da definirli, esperti di profumi e odori, di film e media, artisti in varie forme. Saskia Wilson-Brown, fondatrice dell’Institute of Art and Olfaction, Neal Harris di Scentevents, Antonio Gardoni di Bogue-profumo che ha creato la firma olfattiva “Scent of mystery”, si sono uniti seguendo la proposta della produttrice Tammy Burnstock di ricreare la versione olfattiva del film, che era appena stato restaurato e rimasterizzato da David Strohmaier.

Il risultato sono state le proiezioni prima a Bradford per il Weedscreen weekend festival, e poi a Copenhagen al Danish film Institute, durante le quali il pubblico ha potuto immergersi nel film in modo nuovo e divertente partecipando attivamente alla diffusione degli odori. In questo articolo Tammy Burnstock racconta tutto il processo, dalla sua prima intervista a Cardiff anni prima, all’uscita del film. Una bella avventura.

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Copenhagen, October 2015. Credit: Thomas Hauerslev.

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Credit: perfectsenseblog

 

On October 2015, the Smell-o-Vision movie Scent of mystery has been screened again, in Bradford, England, and then in Copenhagen, Denmark, in its original version with scents floating through the cinema, and a much more positive and engaged audience respect to his first release fifty years ago. A project born thanks to a group of smell-passionate, artists and smell-visionary people: Saskia Wilson-Brown, founder of the Institute of art and olfaction, Antonio Gardoni, who signed the “Scent of mystery” perfume, and scentematografer Neal Harris, joined the proposal of producer Tammy Burnstock of recreating the scented version of the movie restored and remastered by David Strohmaier. Here the full story of the project.

 

 

 

#SmellWalkBookFair stories

Vi racconto come è andata

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Credits: I. Hofmann

 

Durante gli smellwalks alla fiera del libro ho raccolto numerose storie, aneddoti e riflessioni sugli odori da parte dei partecipanti e di chi si imbatteva in noi “smellwalkers” e, incuriosito, prima chiedeva cosa esattamente stessimo facendo, poi iniziava a raccontarmi le proprie storie. Perché alla fine l’olfatto fa proprio questo, stana storie e impressioni che se ne stanno accovacciate nei recessi della nostra memoria, pronte a mettersi in moto al primo sniffo.

Come S. e la sua ragazza che aveva inizato a sentire l’odore dell’autunno già ai primi di settembre, ma lui non ci credeva. Poi, dopo un paio di giorni, tornando a casa in bici le sue narici vengono colte da una strana sensazione: i primi odori autunnali. E lui che se lei non glielo avesse detto se li sarebbe persi.

Oppure il Signor H. che proprio quel mattino aveva fatto una sorpresa di compleanno alla moglie facendole trovare un profumo che lei aveva amato molto, ma che non è più in produzione; dopo aver girato un sacco di profumerie era riuscito finalmente a scovare un ultimo flacone, per lei.

E poi D. che certi odori di detergente, usati spesso negli spazi pubblici, proprio non li sopporta; e L. che annusando la copertina di un quaderno fatto con materiali naturali ci ritrova un odore di paglia e fieno, e subito pensa al suo porcellino d’india; e S. che riconosce tra una pieghetta della tenda in un allestimento l’odore di un ammormidente conosciuto; e M. che di mestiere fa la guida turistica e ora vuole aggiungere delle digressioni olfattive ai propi tour; e F. che se ne esce dicendo “tutti almeno una volta nella vita dovremmo annusare lo spazio intorno a noi come fanno i cani”.

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Credits: perfectsenseblog

Durante le passeggiate olfattive i partecipanti annotavano su una scheda di valutazione tutti gli odori trovati, il posto in cui erano stati annusati, il grado di intensità, durata, piacevolezza o disgusto, ed eventuali sensazioni e ricordi evocati. Nonostante questa fosse una versione un po’ “compressa” e più breve delle camminate olfattive che si fanno in strada, durante il percorso nella fiera abbiamo raccolto numerosi odori, alcuni un po’ più scontati, altri decisamente non ovvi, che ci danno comunque un’impressione piuttosto precisa di cosa fosse la fiera “a naso”: carta appena stampata, odore di libro, odore di volantino patinato, tappeto, mentine, polvere, colonia da uomo, inchiostro, vernice, caffè, fumo di sigarette, spezie, fiori secchi, detergente per il pavimento, ammorbidente, incenso, pattumiera, cioccolato, cartone, plastica, sudore, salmone affumicato, waffle, camicia/tessuto sintetico (sudato), patatine fritte, salcicce, sabbia, pioggia, sacco di juta, arancia, legno, fiori freschi, canfora, mele, scale mobili, cloro, zenzero, pepe nero, candele, buccia di banana, bar-bistrot, fogliame (la lista riprende in ordine sparso i principali odori descritti dai partecipanti, il più delle volte l’odore viene descritto/nominato riferendosi alla sua sorgente).

L’odore dell’aria, inteso come odore di background dell’ambiente, cambiava a seconda del padiglione della fiera, presumibilmente in base alle dimensioni dello spazio, il sistema di areazione e il numero di persone presenti, e in base a specifici espositori – nell’area gourmet dove si svolgevano anche assaggi e dimostrazioni di cucina ovviamente l’elemento “cibo” era preponderante. Naturalmente anche il momento del giorno influiva: al mattino erano spiccati i profumi e le acque di colonia indossati dai visitatori (soprattutto uomini), mentre nel primo pomeriggio – quando comunque c’era più gente – gli odori di cibo e magliette sudate erano preponderanti. Il fatto che in uno dei due giorni degli smellwalks avesse piovuto ha pure influenzato il tipo di odori percepiti nello spazio esterno. Il vento portava gli odori dei chioschi di cibo in direzioni precise per cui non si sentivano ovunque allo stesso modo, il suolo bagnato emetteva odori più acri e un po’ metallici, mentre col sole era più facile sentire l’odore di cloro salire da una fontana, e quelli di alcune aiuole.

Pur essendo questa una volutazione puramente qualitativa e non esaustiva né di tutti gli spazi della fiera, né tutti i giorni, è interessante osservare quante informazioni è stato comunque possibile raccogliere. Gli stessi partecipanti hanno potuto cogliere aspetti inediti della fiera e notare stand a aree comuni che altrimenti avrebbero ignorato. Di fatto durante gli smellwalks l’invito è proprio quello di “calarsi” completamente nello spazio intorno, esplorandolo attivamente e cogliendone impressioni e suggestioni al ritmo del proprio respiro e della propria curiosità: ci si “sporca” ed espone mettendo il naso letteralmente dappertutto, ed è proprio da questo cercare apparentemente “senza scopo” che alla fine si scoprono un sacco di cose su posti, persone, e alla fine anche su noi stessi, perché l’atto di annusare è per sua natura intimo e un po’ introversivo, ci fa rallentare…

 

 #SmellWalkBookFair stories

 

During the smellwalks at the book fair I collected many stories and impressions from participants and people who were first asking what the hell we were doing and, after my explanation, they were telling their own smell-related experiences. It was interesting and inspiring, and it was fun.

Like S. and his girlfriend: she started to smell the upcoming autumn already at the beginning of September; he was not believing that, he said it was a laugh; but a couple of day after, going home with his bicycle, he suddenly got a strange whiff into his nose. She was right, the scent of autumn was there.

Or like Mr. H. who did a romantic surprise to his wife on that morning: he found for her the very last bottle of her favorite perfume, which is discontinued and not available anymore.

Or like D. who does not like the smell of detergents used to clean public spaces; and L. who found a book-cover made out of natural materials which smelled like straw and hay, and she recalled the smell of her hamster; and M. who works as a city-guide and now he wants to add some “olfactory impressions” to his tours; and F. who ended up saying: ”anyone should try at least ones in his life to smell around pretending to be a dog”.

During our smellwalks participants had a technical sheet to take notes of all the encountered smells, the degrees of pleasantness, intensity, duration and evoked memories and feelings. Out of all recorded notes I can list some findings: fresh paper, books, glossy flyer, mint candy, dust, eau de cologne for man, ink, coffee, smoke of cigarettes, incense, flowers, detergents, smoked salmon, washing powder, used shirts, fire, box and cardboard, apple, waffle, jute, ginger, chocolate, plant leaves, chlorine, sausages, fries, candles, bistro, carpet, garbage, wood, banana peel, stairway, rain. Though it was an adapted version of “traditional” smellwalks, and we made only some qualitative – yet subjective – estimation, we could catch a general sensory impression about at least some of the spaces within the fair, and some of the habits of visitors and guests. The general quality of the air inside the pavilions was affected mainly from the air conditioning, the number of visitant, and the presence of specific expositors: the gourmet corner, for examples, with all the tasting-sessions and cooking-show was of course rich of food-related flavors. During the morning man-perfumes were very common, whilst in the afternoon sweaty shirts and food were preponderant. Participants could also experience corners and boots which would have been otherwise ignored, and they express surprise for getting so many information and feelings just using their nose.

Smellwalks invite people to get a bit “dirty” and curious using their own nose to explore and feel the environment; we get insights doing something apparently pointless or even weird, we search without looking for something particular, we listen with our nose, and we end up discovering a lot about the surrounding, and learning about ourselves. Olfaction is an intimate sense; it invites to slow down…

Performing Scents

Ovvero inizia Smell Festival (e ci sarò anch’io 😉 )

SmellFestival2015-01-01

Ci siamo, oggi si alza il sipario dello Smell Festival, a Bologna dal 20 al 24 maggio. Un evento dedicato alla cultura dell’olfatto e all’arte del profumo. Il tema di quest’anno, Performing scents, esplora le intersezioni tra olfatto e arti performative e quando Francesca Faruolo, ideatrice del Festival, me lo ha detto io sono andata in un brodo di giuggiole: è ormai da un po’ che esploro e studio le intersezioni tra olfatto e arti performative, e lei con il team di Smell ha messo insieme un evento stimolante e raffinato, come sempre. Il caso non esiste vien da dire a volte. Il programma offre una panoramica ampia e sfaccettata del tema tra mostre, workshop di profumeria artistica e performance.

Si inizia oggi pomeriggio, 20 maggio, alle 16.00 con l’inaugurazione dell’installazione Mellifero #1 e performance dell’autrice Dacia Manto: “Pollini, resine, mieli e altre sostanze odorose… fa parte dell’installazione una struttura odorose sospesa che rimanda alla costruzione complessa di un alveare, tavoli/archivio che raccolgono tracce sensoriali e olfattive insieme a reperti di materiali organici, disegni, quaderni e altri elementi provenienti dallo studio della botanica e dell’entomologia”.

Venerdì sera invece, dalle 18.00 alle 23.00, al Grand Hotel Majestic “già Baglioni” ci sarà Perfume showcase, per avvicinarsi al mondo delle fragranze e conoscere non “solo” nuovi marchi di profumeria, ma i nasi che ci stanno dietro. Tra questi ci saranno anche Molinard, Sammarco e Bogue, che mi piacciono particolarmente. La serata inizierà con un aperitivo e proseguirà con la performance Danzare il profumo, un progetto di Smell Festival in collaborazione con la danzatrice Emilia Sintoni che tradurrà in movimento alcune delle note olfattive presentate.

L’apice del festival si raggiungerà domenica con la cerimonia del Kodo, l’antica arte giapponese di “ascoltare l’incenso”. È un appuntamento che mi emoziona particolarmente dopo averne tanto letto e ascoltato: lo scorso anno proprio in questi giorni ero a un simposio alla Sorbona di Parigi su Kodo e teatro olfattivo, mi si è aperto un mondo e ho iniziato così studiare e a documentarmi di più su quest’arte. Immaginate quindi come mi senta ora all’idea di una cerimonia dal vivo con il maestro Souhitsu Hachiya, 21esimo discendente dell’antica famiglia degli Hachiya. Evento raro che si svolgerà domenica pomeriggio in due turni alle 14.15 e alle 16.15, presso il Museo della Musica di Bologna.

credit: Master Souhitsu Hachiya - Courtesy Bruno-Dewaele

credit: Master Souhitsu Hachiya – Courtesy Bruno-Dewaele

Durante il fine settimana ci sarà poi una staffetta tra workshop di profumeria, conferenze e performance. Ovviamente non posso non segnalarvi i laboratori dei miei maestri, con i quali ho iniziato il mio avvicinamento al linguaggio del profumo e della profumeria artigianale: Martino Cerizza sabato pomeriggio alle 14.00 condurrà un laboratorio di fragranze a tema urbano; e Luigi Cristiano, domenica pomeriggio alle 14.00, spiegherà come preparare un aceto profumato da toeletta come quelli già usati nel Settecento.

 

Bonus

E sì, come vi accennavo, quest’anno ho l’onore di partecipare a Smell Festival. Sabato mattina alle 11.00 nella sala eventi del Museo della musica presenterò in anteprima, ancora in forma di studio, la performance di teatrodanza Duft, metamorfosi olfattiva di un gesto danzato. Successivamente, alle 11.45 terrò una conferenza sullo stesso tema: Il naso in scena, immaginari olfattivi nello spazio scenico.

 

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È così, lavorando sulla fisiologia dell’olfatto da un lato, continuando con i training e la pratica di teatrodanza dall’altro, a un certo punto semplicemente è successo. Non potevo evitarlo: le cose si sono incrociate. Leggevo e studiavo (lo faccio ancora ovviamente) le ricerche di neuroscenze applicate all’ arte, la neuroestetica, le arti performative, danza e teatro soprattutto. Mi sono chiesta allora cosa ne fosse in tutto ciò dell’olfatto. Certo è un senso difficile da controllare, sfuggente, ma questo è sufficiente a ignorarlo? Nessuno si era preso la briga di mettere in scena un odore? Non dico una “puzza”, ma almeno un “profumo”? La mia ignoranza sulla questione andava colmata e nel frattempo avevo bisogno di provare da me. A usare gli odori in scena e durante il training dico. A capire come fare e come non cascare subito nelle trappole di un senso così viscerale. Come è andata? Questo ve lo racconto a Smell Festival, vi aspetto.

In memory of Victoria Henshaw, the Smellwalker

Exploring the city-space through its smell, disclosing the stickiest corner and the most aromatic panoramas: this was Victorias’job. A PhD at the University of Sheffield started as a study of sustainable design for 24h-cities and ended up with a wonderful thesis on ‘The role of the sense of smell in urban design’. Then came a book, Urban Smellscapes: understanding and designing city smell environments. And a blog, Smell and the city, a great source of ideas and inspiration, moreover a place to share research and perspectives.

The sensory analysis, and the smell analysis of urban space can help people designing cities more consciously with care for what makes the space enjoyable and pleasant. This idea became the driving force for the olfactive explorations Victoria made with the famous smellwalking around the world.  She engaged this way children and adults in fresh and innovative city-tour. She promoted a culture for olfaction, the sense of smell, which no one cares until it is lost.

It was my pleasure crossing my way with Victoria, even for such a short time, she gave me engaging ideas and great inspiration I will never forget. Thank you.

 

Dr Victoria Henshaw at The University of Sheffield. Smell and the city

Dr Victoria Henshaw at The University of Sheffield. Smell and the city