Malattie respiratorie, COVID-19 e olfatto

un questionario online e un consorzio internazionale

Screenshot_2020-04-14 GCCR

 

Continuiamo con qualche aggiornamento su olfatto e malattie respiratorie. Vi parlo di un progetto internazionale al quale ho aderito e di un questionario online a cui tutti possono partecipare a titolo volontario e che ci aiuta a raccogliere dati sulle possibili relazioni tra malattie respiratorie e alterazioni di gusto e olfatto.

In risposta alla casistica aneddodica registrata nelle ultime settimane e che riporta una perdita di olfatto e gusto in persone che hanno avuto COVID-19 (ve ne ho parlato nel post precedente), numerosi ricercatori specializzati sui sensi chimici si sono uniti per capire meglio in quali condizioni (come, quando e perché) ciò si verifichi. È nato così il Global consortium for chemosensory research (GCCR), un consorzio internazionale di scienziati che sta conducendo uno studio su scala globale per valutare le possibili relazioni tra malattie respiratorie (come per esempio COVID-19, influenza e raffreddori) e i loro effetti su gusto e olfatto.

Un modello open source

A questo progetto, diretto dagli scienziati (in ordine alfabetico) John Hayes, Thomas Hummel, Christine Kelly, Steven Munger, Masha Niv, Kathrin Ohla, Valentina Parma (Chair), Danielle R.Reed, Maris Veldhuizen, hanno aderito più di 500 ricercatori, clinici e operatori di diverso background che lavorano sui sensi chimici in 38 Paesi diversi. Si tratta di una collaborazione interdisciplinare e open source per facilitare i ricercatori di diverse discipline in diverse parti del mondo a collaborare e condividere dati, protocolli e ricerche per riuscire a studiare al meglio alcuni aspetti della relazione tra malattie respiratorie e problemi di gusto e olfatto.

Il GCCR ha creato perciò una piattaforma per condurre studi interdisciplinari e test trans-culturali su scala globale a disposizione di tutti gli scienziati che vi vogliano aderire e a tutti i pazienti che su base volontaria vogliano partecipare agli studi per sostenerne l’avanzamento.

Olfatto e gusto

Olfatto e gusto sono fortemente collegati e ciò che viene comunemente descritto come “gusto” fa in realtà riferimento al sapore o flavor di cibi e bevande, cioè la percezione combinata di gusto e aromi. Come è facile sperimentare anche durante un comune raffreddore, con il classico “naso tappato” non si percepisce bene il sapore dei cibi e così nella maggior parte dei casi i pazienti sperimentano o dichiarano un calo del gusto o del sapore anche quando in realtà si tratta di una disfunzione principalmente olfattiva. Anche per questo motivo è difficile avere una casistica accurata dell’impatto delle malattie respiratorie su olfatto e gusto separatamente.

Questa è una delle ragioni per cui il GCCR vuole investigare se la perdita di olfatto sia un sintomo frequente in caso di infezione da corornavirus e altre malattie respiratorie e se sia accompagnato anche a una perdita del gusto. Dal momento che molti aspetti del meccanismo con cui questa interazione avverrebbe e le sue modalità non sono ancora chiare servono ulteriori studi e, anche per questo motivo, l’OMS non ha ancora incluso la perdita di olfatto tra i sintomi di COVID-19.  Se c’è la possibilità che problemi a olfatto e gusto rientrino tra i sintomi di COVID-19 è ovviamente importante saperlo e documentarlo, ma per poterlo fare in modo attendibile servono numerosi dati e raccogliere il maggior numero possibile di casi clinici: è importante capire il tipo di correlazione, la diffusione e il decorso di questi eventi. Quindi più casi clinici e pazienti si registrano più elementi si hanno per fare delle stime attendibili da cui partire per fare delle ipotesi sperimentali sensate.

Questionario online

Al momento il primo obiettivo del GCCR è quello di definire e coordinare su scala globale la ricerca open-source e raccogliere, come dicevo, la casistica di malattie respiratorie come COVID-19 ed eventuali alterazioni di gusto e olfatto.

Per questo motivo è stato formulato un questionario online rivolto a tutti i pazienti che hanno o hanno avuto malattie respiratorie. Il questionario è disponibile sul sito ufficiale del GCCR in inglese, tedesco, italiano, francese, spagnolo e verrà presto tradotto in altre lingue. È su base volontaria e si compila in 15 minuti circa.

Il questionario, come è spiegato nella sua introduzione, non ha scopo diagnostico o di trattamento, ma serve agli scienziati per raccogliere informazioni sul tipo di sintomi che i pazienti con malattie delle vie respratorie presentano in relazione a olfatto e gusto.

Vi lascio qui sotto tutti i link e i riferimenti e se vi va diffondete il questionario a tutte le persone alle quali pensate possa interessare (Grazie!).

 

Contatti e informazioni:

Qui trovate il sito ufficiale GCCR (in inglese),

dove c’è anche il link per fare il questionario: basta che cliccate su “italiano” e poi sulla freccina in basso a destra; il sito è in versione beta e stanno lavorando sul suo miglioramento per cui l’estetica al momento è basica ma si è preferito renderlo subito accessibile per velocizzare i tempi di raccolta dei dati.

Per ulteriori informazioni potete scrivermi: smelling@perfectsenseblog.com

mentre questa è l’email del consorzio: gccr.italia@gmail.com

Potete poi seguire il GCCR sui social

twitter: https://twitter.com/GCChemosensoryR

Facebook: https://www.facebook.com/GCChemosensoryR/

#GCCR #gusto #olfatto

e come al solito i miei aggiornamenti su Instagram.

Bagni per tutti

 

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Il  water dorato di Maurizio Cattelan per il Guggenheim Museum di New York.

 

Quale occasione migliore per riprendere ad aggiornare il blog se non la giornata mondiale della toilette.

Se penso al bagno, penso ai viaggi. Penso a tutti i posti improbabili in cui capita di trovarsi a fare pipì o, peggio, cacca quando si è in giro o proprio nei momenti meno opportuni. I bagni nei baretti sgangherati in cui si entra e si chiede un caffè di cortesia, quelli delle stazioni, degli aeroporti, degli autogrill – e quanto sono diversi a seconda della regione e del Paese in cui ci si trova? – i bagni sulle barche a vela, quelli sui treni; nei ristoranti, negli alberghi, quelli in cui entri e vorresti camminare levitando, e quelli che li vedi e sono più grandi del tuo salotto. Io poi, e sono sicura di non essere l’unica, ho una passione per i bagni giapponesi: già dagli anni Ottanta iniziarono a fare i WC accessoriati con funzioni come le fontanelle per lavarsi subito dopo, restando seduti sulla tazza. Si potrebbe pensare a una cosa scomoda, o in verità poco igienica, o strana, ma bisogna provare. Quando l’asse è pure riscaldato poi, non ne parliamo.

A seconda del continente, dello Stato, della cultura e della religione le abitudini e i modi di andare in bagno cambiano, e cambia il tipo di dispositivo usato: la tazza, la “turca”, e svariate forme intermedie, talvolta anche senza acqua corrente. Ecco, perché acqua corrente e water con sciacquone non sono roba che hanno tutti. In molti posti dell’Asia orientale, per esempio in Cina, fino a pochi anni fa, non era uso comune neanche avere i bagni in casa, si usavano quelli pubblici. Fatti spesso più a latrina che a bagno come lo intendiamo in Occidente, di solito con delle turche messe in fila, senza porte (come anche, per esempio, in certe zone in Sudamerica), erano talvolta organizzati con dei semplici vani a fossa, senza acqua corrente. E immaginate l’odore. Questa cosa, tra l’altro, creò numerose pressioni in occasione delle olimpiadi di Pechino nel 2008, perché la città, e soprattutto i bagni pubblici, non erano conformi agli standard internazionali. Quello fu uno dei propulsori per implementare, almeno nei grossi centri e città, un ammodernamento non solo dei servizi pubblici, ma anche delle abitazioni, iniziando a fare i bagni negli appartamenti.

 

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Bagno pubblico “vecchio stile” in Cina

 

Ad ogni modo, come si legge sul sito del World Toilet Day (il giorno mondiale della tiolette), al mondo ci sono ancora circa 4.2 miliardi di persone senza un cesso.

Il vocabolario Treccani riporta la seguente definizione di “cesso”:

“(pop.) [locale, spec. modesto, in cui si trovano i servizi igienici] ≈ bagno, (volg.) cacatoio, gabinetto, latrina, orinatoio, (volg.) pisciatoio, (disus.)…”

Per capirci, a quei 4,2 miliardi di persone non manca la toilette, o il bagno giapponese, e neanche il water come lo intendiamo e usiamo comunemente dalle nostre parti. A quei miliardi di persone – quasi la metà della popolazione mondiale – manca qualcosa che è vagamente definibile dal “cesso” in giù: non hanno un posto in cui espletare le proprie funzioni fisiologiche definibile almeno come latrina, e che sia sicuro e in condizioni igienico-sanitarie sufficienti a non prendersi diarrea, colera o simili solo a guardarli. Figuriamoci poi annusarli (a questo ci torniamo dopo). Inoltre, almeno un miliardo di loro, la fa all’aperto direttamente.

Ecco il perché di questa giornata, fatta nascere dall’organizzazione mondiale della toilette, un organismo no-profit sostenuto anche dalla Nazioni Unite e fondato nel 2001. Lo scopo è promuovere e sensibilizzare alla diffusione e all’uso di strutture e servizi sanitari adeguati, perché non avere servizi igienici funzionanti e puliti favorisce la diffusione e la trasmissione di malattie contagiose, e rende anche la qualità della vita in generale molto più bassa. Come al solito, le fasce più colpite sono quelle più vulnerabili: i bambini piccoli, che sotto i 5 anni muoiono come mosche per semplici diarree; anziani; persone già malate, che quindi si aggravano; e poi donne e ragazzine. Per le persone di sesso femminile, infatti, si tratta anche di “gestire” la questione mestruazioni, che, in teoria, non dovrebbe rappresentare proprio nessuna questione, ma che di fatto diventa un problema logistico e psicologico non da poco quando ci si trova in posti in cui è difficile cambiarsi, lavarsi, avere una certa privacy e magari le stesse mestruazioni sono stigmatizzate culturalmente. E in molte regioni, come in Africa o in India, l’abbandono scolastico delle ragazzine passa anche per la mancanza di servizi igienici adeguati nelle scuole.

In diverse regioni, inoltre, la mancanza di strutture adeguate genera un circolo vizioso: i bagni ci sono, ma sono fatiscenti e hanno cattiva manutenzione, diventano sporchi e puzzolenti, le persone perciò preferiscono farla nei campi invece che usare questi bagni, e farla all’aperto contribuisce a rendere le aree abitate poco salubri e la diffusione di malattie.

Bill Gates e le toilette che profumano

Preso atto di questa situazione, nel 2016 Bill Gates annunciò di voler sostenere la causa con un progetto per limitare la puzza dei bagni, e quindi incentivare le persone a usarli. L’intento è lodevole, ma va analizzato.

Il progetto era quello di produrre, in collaborazione con Firmenich, una delle principali aziende mondiali di profumi e aromi, una “contro-puzza”, un odore cioè capace di azzerare l’effetto della puzza prodotta da feci e urine. A sua detta funzionerebbe andando a disattivare i recettori olfattivi sensibili alle principali molecole della puzza di feci: indolo, p-cresolo, acido butirrico e dimetil trisolfuro (il mix riprodotto in laboratorio per testare la puzza e come neutralizzarla).

Potrebbe funzionare?

Se sapessimo davvero come “disattivare recettori specifici per precisi odori, forse sì. C’è solo un piccolo dettaglio: quasta cosa gli scienziati non hanno ancora capito come farla, anzi se ci riuscissero probabilmente salterebbe fuori un altro Nobel.

Come ho spiegato in diverse occasioni, per quasi nessuna molecola odorosa esiste un recettore olfattivo specifico, e peraltro molti recettori sono ancora “orfani”, cioè non si è ancora scoperto da quali molecole vengono attivati. L’attivazione dei recettori da parte delle molecole odorose funziona un po’ come la combinazione di una cassaforte perché ogni molecola è di solito capace di legarsi con diverse affinità a più recettori. Il messaggio “odore” viene generato, nel cervello, dopo che è avvenuta questa attivazione combinatoria. Se avessimo la tastiera di un pianoforte e ogni tasto corrispondesse a un recettore, si tratterebbe – nella visione di Gates – di silenziare alcuni tasti, però con l’olfatto non si può fare, anche perché appunto non si saprebbe cosa silenziare e comunque ogni singolo tasto non corrisponderebbe a un singolo odore.

I metodi per “disattivare” momentaneamente i recettori olfattivi non sono specifici e semplicemente non fanno sentire più nessun odore, come alcuni spray allo zinco che si usano in ambito medico o per esperimenti particolari. Non si può cioè avere una sostanza da annusare semplicemente, se la si annusa si genererà una risposta olfattiva e si sentirà più o meno tutto.

Altra faccenda è tentare di mascherare gli odori con altri. In questo caso si può ipotizzare che le ricerche cerchino di sviluppare, per esempio, molecole capaci di legarsi a quelle odorifere per modificarle. Semplificando, se la molecola puzzosa reagisce con un’altra, si genera per esempio un’altra molecola, diversa, che magari non puzza o puzza meno. Purtroppo però, per questioni aziendali e di mercato, i dettagli di queste ricerche non sono disponibili. Quindi per il momento non rimane che attendere, con un sano scetticismo.

Meno puzza, più bagni?

E poi siamo sicuri che eliminare il cattivo odore, da solo, incentiverebbe l’uso dei bagni?

Verrebbe da dire di sì, ma anche in questo caso vorrei sollevare alcune considerazioni: come ben dimostrato dalla questione dei bagni in Cina (solo per riprendere l’esempio di prima), e da numerosi esperimenti e ricerche, alla puzza ci si abitua e se diventa un elemento quotidiano la soglia di sopportazione si alza. Se però le condizioni sono di generale fatiscenza e sporcizia, è ragionevole pensare che abituarvisi sia più difficile. Inoltre, in molti casi l’ostacolo è di tipo infrastrutturale e sociale, e manca spesso un’adeguata informazione ed educazione sanitaria. Questioni alle quali appunto lavora l’organizzazione per la toilette e altri organismi delle Nazioni Unite.

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Insomma, è importante che i bagni siano puliti, sicuri e accessibili a tutti, certo se poi profumano anche…

Bonus

Sui bagni nel tempo antico:

McMahon, A. in Sanitation, Latrines and Intestinal Parasites in Past Populations (ed. Mitchell, P. D.) 1940 (Routledge, 2015).

Jansen, G. C. M. et al. (eds) Roman Toilets: Their Archaeology and Cultural History. BABESCH Suppl. 19 (Peeters, 2011).

Siccome la questione è critica anche sul piano energetico ed ecologico, si parla di sistemi efficienti per creare bagni accessibili a tutti anche in “Trash – tutto quello che dovete sapere sui rifiut” di Alessandra Viola, Piero Martin (Codice Edizioni).

Invece di puzza, bagni cinesi e del perché non tutti siamo disturbati dalle stesse puzze ne ho parlato anche nel mio libro 😉

Il blog è diventato un libro

Cover Il senso perfetto

Rieccomi con una bella novità: dal blog è nato un libro, per Codice Edizioni, e lo trovate in libreria dal 18 settembre (oppure on-line già in prevendita).

Sulla scia delle storie che molte volte avete trovato qui, vi racconto come funziona il nostro senso più selvaggio e a volte bistrattato e perché sentiamo ciò che sentiamo quando annusiamo qualcosa. Perché gli odori ci travolgono, evocano emozioni e ricordi, ma poi  fatichiamo a dare loro un nome? Perché l’attrazione passa anche attraverso il naso? E come procedono le nuove ricerche e tecnologie per creare nasi elettronici? E, invece, quando l’olfatto non funziona più bene? Nel libro ho raccolto fatti scientifici e storie di odori e di nasi, per chi vuole capire meglio come annusiamo e per chi invece non vi ha mai posto troppa attenzione e vorrebbe saperne un po’ di più.

Prossimamente ci saranno aggiornamenti, intanto potete seguire i miei spostamenti e altri racconti anche sul profilo di IG.

 

 

Una rosa è una rosa è una rosa è una rosa

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Rosa bulgara, Kalofer 2018. Credit: perfectsenseblog

Vi siete mai chiesti quante rose ci vogliono per fare un profumo? Beh dipende, solitamente nelle fragranze ci sono molte materie prime combinate e bilanciate insieme per creare un bouquet armonico, e pure quelli ispirati esplicitamente all’odore della rosa contengono anche altre materie, odori che servono, per esempio, ad armonizzare la fragranza e renderla più “completa”, e dipende poi dalla maestria e fantasia del profumiere e dall’idea che vuole esprimere (soprattutto nella profumeria più tradizionale e di nicchia, e nel caso di profumieri – i “nasi” – indipendenti). È più utile forse partire dalle materie prime, oli essenziali e assolute. Quante rose servono?

Di ritorno da un breve viaggio in Bulgaria, maggiore produttore insieme alla Turchia della rosa damascena, voglio raccontarvi della valle delle rose e di come dai fiori si arriva all’olio essenziale.

Le principali rose usate per la profumeria sono la rosa centifolia, la rosa alba, la rosa gallica, e la rosa damascena o rosa bulgara coltivata, come dicevamo, principalmete in Bulgaria e Turchia, ma anche in Iran, e in India che ne è un discreto produttore.

Le vicende evolutive e gli intrecci genetici che hanno portato alle attuali rose sono un capitolo interessante, e sulle loro origini ci sono ancora diverse questioni aperte. Tra l’altro, sono al momento in corso diversi studi per capire meglio i meccanismi genetici e molecolari che permettono a certe rose di  profumare più di altre. Contrariamente a quanto uno possa pensare, infatti, anche se spesso associamo le rose al loro profumo, la maggior parte di quelle in circolazione per scopi commerciali non ne hanno poi granché. La ragione è che nel corso del tempo attraverso i vari incroci le varietà sono state selezionate più per l’aspetto, il colore e la longevità che per l’odore. D’altra parte, siamo in tempi ecologicamente difficili e i cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova molte delle tradizionali coltivazioni, non solo di rose, per cui anche quelle dedicate ai profumi rischiano di diventare sempre meno e i produttori di oli essenziali e industria profumiera iniziano ad allertarsi e a cercare nuovi sistemi per garantirsi produzioni decenti.

Nel frattempo, uno studio pubblicato quest’anno su Nature genetics ha prodotto informazioni molto utili per venire a capo delle catene biosintetiche che determinano il colore dei petali, il profumo e i tempi di fioritura di una varietà di rosa cinese. Questi dati potrebbero aiutare a capire come favorire incroci di rose profumate e con un bel colore, e aiutare i coltivatori a ottenere rose più adatte alle attuali condizioni climatiche e alle nostre necessità. Inoltre, come dicevamo, l’interesse scientifico è anche nel venire a capo dei vari incroci, discendenze e parentele tra le circa 200 specie di rosa che ci sono (la metà delle quali, è poliploide, cioè con più corredi cromosomici). I ricercatori pensano che siano circa 8-20 le specie che anno inizialmente contribuito all’attuale panorama genetico delle varietà ibride, e una delle più importanti è proprio Rosa chinensis (diploide), portata in Europa dalla Cina intorno al Diciottesimo secolo e molto apprezzata e usata negli incroci per la frequenza delle fioriture e la longevità dei fiori. Avete presente la rosa tea? È una delle più conosciute e variegate, e sappiate che è una delle principali discendenti degli affari promiscui avvenuti nel tempo tra Rosa chinensis e i diversi tipi di rose europee e del Medio Oriente.

In Ordine: Rosa chinensis, Rosa alba, Rosa gallica, Rosa tea (ibrido).

 

Ma anche la nostra rosa damascena – e sì, anche lei si è incrociata con la chinensis – ha un albero genealogico e discendenze piuttosto intricate: originaria, si pensa, dell’Anatolia, si è poi diffusa in altre aree crescendo spontaneamente tra Caucaso, Siria, Persia, fino al Marocco e l’Andalusia. Gli incroci iniziali furono probabilmente tra Rosa gallica e Rosa moschata nel caso della varietà autunnale (autumn damask), e tra Rosa gallica e Rosa phaenicia per la varietà estiva (spiegazione semplificata, visto che gli intrecci, ibridi e varietà sono numerose, i botanici in ascolto sono i benvenuti per ulteriori commenti; Fonte: Hurst 1941; Nagar et al., 2007). Il nome “rosa di damasco”, viene proprio da uno di questi centri di origine da cui fu poi portata in diverse altre aree del Mediterraneo per trovare in Turchia e Bulgaria l’ambiente perfetto per crescere. Andiamoci.

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Coltivazione di rosa damascena, Kalofer 2018. Credit: perfectsenseblog.

 

Il centro della Bulgaria è una grande conca circondata, e riparata, dai Balcani e dagli antibalcani. La temperatura non è perciò mai troppo rigida e le sere estive non troppo calde. Inoltre, il sottosuolo è ricco d’acqua e ciò, insieme alle caratteristiche del terreno, rende questa zona, la valle tra Karlovo, Kazanlak e Plovdiv, il regno perfetto per la crescita della rosa damascena. Passandoci in macchina si osserva un paesaggio verdeggiante, un pianoro intervallato da tratti arborei che lasciano poi spazio a diverse coltivazioni tra le quali spiccano i campi di rosa: distese di arbusti verdi e bassi puntellati di rosa. A intervalli si trovano anche campi di lavanda, dai quali si ricava un ottimo olio essenziale (uno dei produttori che ho incontrato durante il mio viaggio, mi ha anzi fatto notare come la qualità della lavanda bulgara, e del suo olio essenziale, non abbia assolutamente nulla da invidiare a quella francese, anzi, a sua detta, è migliore. Certo sarà stato anche un po’ di parte, ma devo dire i campi avevano un aspetto bellissimo e l’olio essenziale che ho provato mi è sembrato davvero di ottima qualità – nonostante la mia personale insopportazione per l’odore della lavanda, ma su questo sorvoliamo).

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Distillatore tradizionale, usato ormai solo a scopo espositivo. Distilleria Enio Bonchev, Kazanlak. Credit: perfectsenseblog.

 

Nell’estrazione dell’olio essenziale di rosa uno dei fattori limitanti è che i petali ne contengono poco, e anche per questo motivo ne servono molti. Inoltre le fioriture, i tempi e il quantitativo non sono facilmente controllabili. La stagione di raccolta dura di solito tutto il mese di maggio. I coltivatori mi hanno detto che quest’anno hanno avuto un maggio pieno e la fioritura ha anticipato leggermente, così come le temperature sono state un pochino più alte degli anni scorsi…

Le rose vanno raccolte al mattino presto, di solito si inizia verso le 6 e si continua fino a mezzogiorno. Bisogna far in fretta e raccogliere i fiori a mano uno a uno. Un tempo si usavano grandi cesti di vimini o paglia, come si può vedere nelle foto tradizionali e nelle ricostruzioni storiche, ma oggigiorno si usano soprattutto sacchi di plastica, meno poetici, ma più pratici, leggeri e facili da trasportare. I fiori devono essere distillati il giorno stesso perché non deteriorino. I sacchi sono più o meno “tarati” nel senso che riempiti pesano circa 10-12 kg; al punto di raccolta ogni sacco viene pesato e messo “in attesa” per l’imminante distillazione. Un singolo raccoglitore fa in media 4 sacchi al giorno, e il prezzo di raccolta è di circa 1 Lev (ca. 0.51 eu) per kg, cioè i raccoglitori ricevono in media 25eu al giorno (circa il 10 percento dell’introito) più, spesso, vitto e allggio. Mi dicevano, tra l’altro, che quest’anno hanno fatto fatica a trovare i lavoratori locali e molti sono stati reclutati in Moldavia.

In una delle distillerie che ho visitato i numeri erano questi: quattro distillatori principali in acciaio inox ognuno dei quali ha una capienza di circa 180 kg di rose, a cui viene aggiunta acqua in rapporto 1:4 (c’erano poi altri sei distillatori in rame e più datati, grossi più o meno la metà degli altri). La distillazione avviene in acqua (nel caso della rosa la distillazione con vapore non funziona molto bene perché i petali si appiccicano tutti insieme durante il processo e pare che il risultato non sia dei migliori), dopo un primo passaggio si ottiene un liquido formato da olio essenziale che galleggia in superficie e viene subito raccolto, e acqua di rose che viene raccolta separatamente e fatta distillare una seconda volta per estrarre i componenti aromatici rimasti e che si erano liberati nella parte acquosa invece che in quella oleosa della prima distillazione. Alla fine i due oli essenziali, quello della prima e della seconda distillazione, vengono uniti e messi a maturare, mentre l’acqua rimasta dalla seconda distillazione viene usata per fare, appunto, l’acqua di rose.

Distilleria Enio Bonchev, Kazanlak. Credit: perfectsenseblog.

 

Una rosa pesa circa 5 grammi; da 1000 kg di rose si ottengono circa 200 ml di olio essenziale (o.e.), cioè per fare 1kg di o.e. di rosa servono circa 3000-3500kg di rose (nel caso della Rosa alba ne servono circa 5000kg), per un prezzo finale intorno ai 20-25 euro/ml.

Ma alla fine a cosa dobbiamo il profumo della rosa damascena? Come al solito, si tratta di almeno un centinaio di molecole che insieme determinano il caratteristico odore. Inoltre, un po’ come avviene con i vini per capirci, il risultato finale dipende da tanti elementi: abbiamo le caratteristiche genetiche a cui accennavamo prima, le condizioni ambientali – clima, suolo, acqua, etc, – e come queste ultime influenzano l’espressione di alcune caratteristiche genetiche; e poi ci sono le condizioni di temperatura e pressione alle quali avviene la distillazione, e il tipo stesso di distillazione e estrazione dell’olio essenziale: come dicevamo nel caso della rosa damascena si usa principalmente la distillazione in acqua (idrodistillazione), nel caso della rosa centifolia è invece più comune l’estrazione in solvente (di solito esano) da cui si ottengono le assolute.

Ad ogni modo, alcune delle molecole più caratterizzanti sono:

  • Citronellolo
  • Geraniolo, che tra l’altro veniva, e viene ancora usato per “tagliare” l’olio essenziale e contraffarlo. Cioè visto che l’olio essenziale di rosa puro è costoso, veniva allungato col geraniolo o simili.
  • Linalolo
  • 2-fenietanolo
  • Cis- rose-ossido

E poi questi tre, che se pur in concentrazioni bassissime (intorno allo 0.20%) conferiscono la parte più caratterizzante dell’odore:

  • α e β-Damascenone
  • β-ionone
  • α e β-Damascone

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La mia valigia oramai sa solo di rose (ma poteva andare peggio dai).

Bonus

La raccolta delle rose si chiude tradizionalmente con una grande festa folcloristica durante il primo fine settimana di giugno a Kazanlak. Il culmine si raggiunge la domenica con la parata finale: gruppi e rappresentanze da ogni parte del mondo si radunano qui e dopo assersi esibiti nei giorni precedenti in una rassegna di danze folcloristiche, sfilano per la città. Insieme a loro ci sono rappresentanze di scuole, club sportivi, e associazioni di ogni tipo:

Per l’Italia c’era Il palio della rosa.

 

Credit: perfectsenseblog.

 

C’erano anche una rappresentaza canina, e i bikers del Black roses motorcycle club 😀
Credit: perfectsenseblog.

Se al cavolo piace Čechov – When cabbage loves Chekhov

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Cabbage Installation at Mediamatic, Amsterdam. Credit: perfectsenseblog.

 

Ho amato molto il mio appartamento quando vivevo a Trieste; appena trasferita ci vollero circa due mesi per far andar via l’odore di cavolo che lo possedeva. Sembrava essere una parte strutturale delle mura, o forse lo era davvero perché quell’odore, per la verità, non andò mai via del tutto.

E quindi, seppure allora dichiarai guerra aperta al cavolo in ogni sua forma ed espressione, ora quell’odore in qualche modo mi è caro.

La lotta all’odore di cavolo è una faccenda su cui non si scherza, e ci sono diverse ricerche per capire come cammuffarlo, contenerlo, cancellarlo, eradicarlo. Alcune di queste riguardano in particolare quello ornamentale, avete presente quei fiori un po’ “strani” – per chi non li ha mai visti – che girano in autunno, violacei, dall’aspetto di lattuga riccia con gambo lungo? Quelli. Chiunque li abbia avuti in casa almeno una volta conosce bene la fragranza pestilenziale di cui si riempie la casa se poco poco ci si dimentica di cambiargli l’acqua…

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La questione dunque è questa: sti fiori sono tanto belli e decorativi quanto malefico è il loro odore dopo qualche giorno, e i giapponesi, che di piante e fiori ornamentali se ne intendono, e guarda caso ne fanno largo uso, hanno cercato il modo di ottenere fiori meno puzzolenti. Che poi, il problema riguarda anche le nostre parti, visto che ora vanno di moda, e l’Olanda ne è il maggior produttore europeo.

Forti di queste esigenze, nel 2014 i ricercatori del NARO Institute of Floricultural Science di Tsukuba e del Plant Breeding & Experiment Station (Takii & Company) di Konan, in Giappone, hanno fatto una ricerca sugli odori del cavolo ornamentale Brassica oleracea (var. acephala f. tricolor). Dalle loro analisi, fatte con gas cromatografia e spettrometria di massa, hanno potuto “catturare” e analizzare gli odori emessi dai fiori recisi e dall’acqua dei loro vasi.

Intermezzo

 

In Giappone la sensibilità per odori e fragranze è abbastanza diversa da quella Occidentale: profumi e odori sono molto apprezzati e il loro uso ha una lunga tradizione (gli incensi per esempio), tuttavia vengono usati in modo diverso, si prediligono fragranze più tenui e non “aggressive” o squillanti, e, soprattutto, si cerca di non turbare e disturbare gli altri in pubblico con i propri odori, di qualunque natura essi siano. Per i vegetali succede un po’ la stessa cosa, e di fatti anche fiori, come per esempio i narcisi, dall’odore gradevole, ma piuttosto intenso, sono apprezzati nei giardini all’aperto, ma non vengono usati per decorare ristoranti e luoghi pubblici perché l’odore è considerato troppo forte.

E ora immaginatevi quanto possa essere delicata da quelle parti la gestione del cavolo decorativo.

 

L’odore del cavolo

 

Dalle analisi sono emerse alcune molecole non proprio nuove: il dimetildisolfuro, emesso dal fiore e dall’acqua dei vasi, e il dimetiltrisolfuro, isolato solo dall’acqua. Il che non ha sorpreso particolarmente gli scienziati visto che queste molecole hanno un curriculum di tutto rispetto: sono, per esempio, tra le responsabili della puzza di diverse crucifere (cavolo, broccoli, broccoletti di Bruxelles, etc) e della cipolla.

Insieme a questi, dai fiori hanno isolato anche:

– α-pinene: odore di pino

– β-pinene: odore di trementina

– 2-esanale: odore fruttato

– metiltiocianato: odore dolciastro

Mentre dall’acqua dei fiori:

– allilisotiocianato: odore pungente tipo senape

– 3-metil tiopropil isotiocianato: odore irritante un po’ pungente tipo rapa o rapanello

– metil metiltiometildisolfuro: odore solforoso simile all’aglio e al cavolo cotti.

Queste le principali, bisogna poi tenere presente che dalle quantità in cui queste molecole sono presenti e come si “mescolano” insieme emerge l’odore complessivo.

 

Come ridurre le emissioni?

 

Capito quali sono i principali componenti dell’aroma di cavolo rimaneva da trovare un modo per ridurne le emissioni, insomma uno stratagemma per farli puzzare meno. A parte il saggio consiglio di cambiare spesso l’acqua dei vasi, gli scienziati hanno anche studiato alcune delle vie metaboliche che producono le sostanze odorose del cavolo: l’idea è che bloccando una di queste vie, si bloccherebbe o almeno ridurrebbe la produzione della o delle molecole puzzolenti, e si avrebbe un fiore che non fa puzzette e, quindi, più presentabile in società.

Dagli esperimenti di questi ricercatori pare che l’uso di inibitori della sintesi del  dimetildisolfuro (Cyprodinil e aminooxyacetic acid) non servano granché; al contrario, germicidi isotiazolinonici, usati in genere per far mantere più a lungo i fiori recisi, funzionano riducendo le emissioni di dimetildisolfuro del 30-40%.

 

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Anastasia Loginova listening to cabbage. Credit: Mediamatic.

Bonus

E poi c’è chi i cavoli li ama, al punto di mettersi a recitare per loro brani di Čechov e Tolstòj, come l’artista Anastasia Loginova. Succede al Mediamatic di Amsterdam, un’istituzione culturale che si occupa di arte, design e scienza e delle possibili intersezioni tra queste discipline in relazione all’ambiente e alla società. Ci sono stata recentemente e il programma invernale ha una sezione dedicata proprio al cavolo e come usarlo: Pare che la scorsa stagione il raccolto di cavoli sia stato perticolarmente abbondante, cosa fare dell’eccedenza? Il team di Mediamatic a risposto a proprio modo recuperandola e organizzando delle attività a tema per una riflessione sul cibo e come gestire a livello locale le eccedenze. Partendo da questo hanno organizzando incontri e workshop a tema (per esempio come fare il Kimchi – la versione giapponese dei crauti per capirci), menu a base di cavolo nel loro bistrot, e installazioni artistiche. Scopri così virtù e meraviglie di questo ortaggio: avete presente il suono dei pugni nei film di kung-fu? Ecco il suono migliore lo fanno con i cavoli.

 

When cabbage loves Chekhov

When I was in Trieste my flat was one of the things I loved most; at the beginning it was embedded in an awful cabbage odor. It toked me two months to get rid of that, yet after a while it was there. I embraced a cruel bat against that odor which now felt like a dear one.

Going against cabbage odor is a serious stuff, people try to cancel, undermine, reduce, get rid of it. Take the ornamental cabbage for example, it is not an easy guy, as you shall see if you try to keep it in the same water for more than 2-3 days… so, some researchers are working on that.

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Scientists from NARO Institute of Floricultural Science, Tsukuba, and Plant Breeding & Experiment Station (Takii & Company), Konan, Japan, made some studies on the ornamental cabbage Brassica oleracea (var. acephala f. tricolor) in order to find out the main odorants and how to fight them.

Researchers analyzed with gas chromatography-mass spectrometry techniques the air emitted by the cabbage-flower and coming from the vase water. It turns out most of pestilent odor comes from two well-known molecules: Dimethyl disulfide and Dimethyl trisulfide. These molecules are also responsible for the aroma of other cabbage-relatives (broccoli, Brussels sprout, etc.) and onions.

Other odorants isolated, though at the end they all blend together in the characteristic aroma:

  • α-Pinene odor of pine;
  • β-Pinene: turpentine-like
  • Methyl thiocyanate: Unpleasant and sweet odor
  • 3-Methyl thiopropyl isothiocyanate: Raddish-like
  • Allyl isothiocyanate: Mustard-like pungent odor

Researchers questioned also how to get rid or reduce the production of such molecules, and they find out that isothiazolinonic germicide, the same used to preserve cut-flower, is the most effective, along with the good habit of changing often the vase water…

Bonus

In defense of cabbage we must say it stinks mostly when is cooked (or overcooked) and the stinky molecules get released, but there are plenty ways to make it appetible and tasty,  for example just roasted, and in sauerkraut or kimchi (the Japanese way).

And we have people who love talking to cabbage and reading Russian literature to it as artist Anastasia Loginova does during her perfomances at Mediamatic in Amsterdam (on their website you find the full program). The cultural institution is hosting for winter season a series of workshop, installation and talk about cabbage. I was there recently and it is amazing to see and learn how many things you can do out of it. Did you know the best Kung-fu sound is made with cabbage?

 

Reference: Kishimoto et al., Odor Components and the Control of Odor Development in Ornamental Cabbage. J. Japan. Soc. Hort. Sci. 83 (3): 252–258. 2014

A Esxence 2017

E le mie divagazioni su me medesima, i profumi, la fiera e una community bellissima

Non sono mai stata molto brava a lavorare per compartimenti stagni, parte del senso che trovo nelle cose che faccio deriva proprio da questo rimestare e mescolare le attività e le ispirazioni più disparate, tessendo così il filo delle mie passioni: scienza e olfatto, teatro e danza (con e senza sperimentazioni olfattive), scrittura e, indovinate un po’? i profumi.

Questo per dirvi che questo mese a Esxence 2017 – fiera internazionale di profumeria artistica – le mie passioni saranno di nuovo mescolate: a Milano, domenica 26 marzo, alle 11.30, terrò una conferenza su olfatto e percezioni olfattive con un’attenzione particolare soprattutto alla psicologia dell’olfatto e delle nostre sensazioni olfattive. Perché sentiamo ciò che sentiamo?

logo

 

In laboratorio lavoro in mezzo a cavi, cacciaviti e bulloni; certo ci sono anche flaconi con soluzioni e diverse sostanze chimiche, e beh no, il camice bianco, per la verità, lo uso poco. Nei mei esperimenti cerco di capire come funzionano i neuroni di alcune parti del cervello, negli ultimi anni principalmente quelli coinvolti nel senso dell’olfatto. E quindi per farlo, e per studiarne l’attività elettrica – che è il modo in cui i neuroni si “esprimono” – mi servono appunto cavi e  aggeggi che a volte fanno pensare più di essere in un’officina che in un laboratorio così come spesso ce lo immaginiamo. A casa, invece, nella “stanza degli hobby” (sì abbiamo una stanza così, ma questa è un’altra storia), accanto ad altri utensili vari, “da officina” pure lì, ho un angoletto degli odori, dove mi diletto e mi esercito a conoscere e imparare a distinguere le materie prime usate in profumeria. Non che ancora mi riesca granché bene, ma mi piace, e mi permette di addentrarmi ancora di più in una passione che ho da quando ero bambina: gli odori, gli aromi, i profumi…

Una delle cose più affascinanti dell’olfatto è quella di essere sfuggente, sottilmente legato al contesto in cui ci troviamo e a ciò che “crediamo”  di sentire. Durante l’incontro vi parlerò di alcuni dei tranelli che a volte l’olfatto ci tende e del perché succede.

Ma c’è di più, sarò lì negli altri giorni della fiera per annusare e immergermi nei profumi di nicchia, un settore della profumeria moderna che va pian piano espandendosi e abbraccia una fetta sempre più ampia di pubblico: appassionati, cultori, ma anche persone che semplicemente amano i profumi e sono curiose e aperte alle novità e a prodotti diversi da quelli offerti da altri canali. Il tema della fiera quest’anno è “I giardini dell’Eden” richiamando come ispirazione quella di un giardino rigoglioso, lussureggiante, e ricco di note olfattive.

Nella fiera vengono esposti i principali marchi di nicchia (quest’anno saranno presenti 190 case madri), da quelli molto grandi a profumieri indipendenti, ed è un modo per venditori e addetti ai lavori di conoscere i nuovi lanci del mercato e nuove case. Inoltre, al sabato e alla domenica c’è l’apertura al pubblico per dare modo a chiunque di avvicinarsi a questo mondo, scoprire marchi nuovi e conoscere altri lati della profumeria.

Durante i giorni della fiera c’è poi un calendario di incontri e conferenze per addetti ai lavori e per il pubblico (nel fine settimana, l’ingresso è gratuito, bisogna solo registrarsi sul sito). Qui alcuni di quelli che mi sono segnata:

giovedì alle 13.00 Saskia Wilson-Brown, fondatrice del The Institute for Art and Olfaction (Los Angeles), annuncerà i finalisti del Art and olfaction awards; mentre alle 15.30 il Prof. Giuseppe Squillace, dell’Università della Calabria, presenterà il suo nuovo libro “I mestieri del lusso nel mondo antico: l’arte della profumeria”; venerdì alle 9:45 ci sarà il workshop con il naso profumiere Christophe Laudamiel: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation; sabato pomeriggio alle 15:00 lo scrittore di profumi Eddie Bulliqi terrà la conferenza Scent surprises: prepare to be shocked!, e alle 17:00 Wanda Benati, esperta di viaggi, terrà un incontro sui giardini e le piante da profumo in varie parti del mondo.

La mia conferenza invece, come dicevo, sarà domenica mattina alle 11:30.

Ci vediamo lì 🙂

Bonus

Durante queste mie incursioni condividerò impressioni e idee insieme al gruppo di Adjiumi. Che cos’è Adjiumi? La descrizione “da manuale” sarebbe forse quella di una community virtuale sul profumo, orbitante principalmente intorno all’omonimo forum, e con propaggini e pseudopodi su gruppi facebook dedicati a temi più specifici.

E ora vi dico cosa è davvero, raccontandovi la mia esperienza: da appassionata di profumi, mi sono iscritta al gruppo facebook, cosa che non faccio molto spesso devo dire. E forse anche per questo non ero molto preparata. Infatti, la prima sensazione/reazione è stata: dove sono capitata? Sembrava di stare al bar dove tutti si conoscono e tutti parlano, con modalità diverse perché siamo tutti diversi, degli argomenti più disparati; tutti però incentrati su un grande tema comune: la passione per i profumi. Il fatto è che secondo me più che un gruppo, è una tribù, bellissima e variopinta. E in questa tribù o ti ci butti e ti fai un po’ travolgere o non ci resisti – anche perché sennò che senso avrebbe? Ed è così che pian piano scopri e diventi parte di un tessuto in fermento: è un luogo umano, dove le persone si incontrano e scambiano informazioni utili, opinioni, consigli, esperienze; si riescono così a conoscere cose nuove sul mondo dei profumi, e persone aperte e disponibili come se ti conoscessero da chissà. La regola principe è solo quella delle buone maniere e dell’educazione – ché online come nella “vita reale” andrebbero applicate comunque. Per cui niente stramazzi e discussioni asciuganti e fini a se stesse, ma chiacchierate serene e una passione in comune. Che bello (qui potete leggere di più su come è nato il gruppo e chi l’ha fondato).

Posterò foto, e aggiornamenti su:

le pagine facebook de il senso perfetto (perfectsenseblog) e sulla pagina fb di Adjiumi

Sulle pagine Twitter mia e di Adjiumi

E Instagram #perfectsenseblog #Adjiumi #Esxence2017

We meet at Esxence 2017

Digressions about myself, perfumes and a passionate community

I have to say I was never good at keeping things separate: science, art, dance, theater, olfaction, perfumes… I like mixing, and I find meaning in bringing things together in order to get new inspirations. It turns out this brings me often merging different fields: the science of olfaction and the aesthetics, my practice in dance-theater and the olfactive-theater, my days in the lab, and the evenings sniffing raw materials at home, and the perfumes.

Thus, this month I am very happy to merge one more time my passions:  I will take part to Esxence 2017 – the international fair of artistic perfumery – in Milan, where on Sunday 26 I will give a talk about the sense of smell, psychology and odor perceptions.

The fair is a big event for niche perfumery, hosting this year 190 brands and several talks and events, with some during the weekend open for general public as well. During those days I will hang around, open to smell and discover new people and perfumes. Among the events Saskia Wilson-Brown will announce on Thursday 23 March, the finalist of the Art and Olfaction Awards; and on Friday morning, the nose Christophe Laudamiel will give the workshop: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation.

My talk will be on Sunday, 26 March, 11:30 am

I’ll see you there!

Bonus

During my “perfumed – days” I will share my pictures and impression with the guys of Adjiumi – the passionate Italian tribe of perfume-lovers. You can follow us also on our socials 😉

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and Instagram #perfectsenseblog #Adjiumi # Esxence2017

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#SmellWalkBookFair stories

Vi racconto come è andata

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Credits: I. Hofmann

 

Durante gli smellwalks alla fiera del libro ho raccolto numerose storie, aneddoti e riflessioni sugli odori da parte dei partecipanti e di chi si imbatteva in noi “smellwalkers” e, incuriosito, prima chiedeva cosa esattamente stessimo facendo, poi iniziava a raccontarmi le proprie storie. Perché alla fine l’olfatto fa proprio questo, stana storie e impressioni che se ne stanno accovacciate nei recessi della nostra memoria, pronte a mettersi in moto al primo sniffo.

Come S. e la sua ragazza che aveva inizato a sentire l’odore dell’autunno già ai primi di settembre, ma lui non ci credeva. Poi, dopo un paio di giorni, tornando a casa in bici le sue narici vengono colte da una strana sensazione: i primi odori autunnali. E lui che se lei non glielo avesse detto se li sarebbe persi.

Oppure il Signor H. che proprio quel mattino aveva fatto una sorpresa di compleanno alla moglie facendole trovare un profumo che lei aveva amato molto, ma che non è più in produzione; dopo aver girato un sacco di profumerie era riuscito finalmente a scovare un ultimo flacone, per lei.

E poi D. che certi odori di detergente, usati spesso negli spazi pubblici, proprio non li sopporta; e L. che annusando la copertina di un quaderno fatto con materiali naturali ci ritrova un odore di paglia e fieno, e subito pensa al suo porcellino d’india; e S. che riconosce tra una pieghetta della tenda in un allestimento l’odore di un ammormidente conosciuto; e M. che di mestiere fa la guida turistica e ora vuole aggiungere delle digressioni olfattive ai propi tour; e F. che se ne esce dicendo “tutti almeno una volta nella vita dovremmo annusare lo spazio intorno a noi come fanno i cani”.

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Credits: perfectsenseblog

Durante le passeggiate olfattive i partecipanti annotavano su una scheda di valutazione tutti gli odori trovati, il posto in cui erano stati annusati, il grado di intensità, durata, piacevolezza o disgusto, ed eventuali sensazioni e ricordi evocati. Nonostante questa fosse una versione un po’ “compressa” e più breve delle camminate olfattive che si fanno in strada, durante il percorso nella fiera abbiamo raccolto numerosi odori, alcuni un po’ più scontati, altri decisamente non ovvi, che ci danno comunque un’impressione piuttosto precisa di cosa fosse la fiera “a naso”: carta appena stampata, odore di libro, odore di volantino patinato, tappeto, mentine, polvere, colonia da uomo, inchiostro, vernice, caffè, fumo di sigarette, spezie, fiori secchi, detergente per il pavimento, ammorbidente, incenso, pattumiera, cioccolato, cartone, plastica, sudore, salmone affumicato, waffle, camicia/tessuto sintetico (sudato), patatine fritte, salcicce, sabbia, pioggia, sacco di juta, arancia, legno, fiori freschi, canfora, mele, scale mobili, cloro, zenzero, pepe nero, candele, buccia di banana, bar-bistrot, fogliame (la lista riprende in ordine sparso i principali odori descritti dai partecipanti, il più delle volte l’odore viene descritto/nominato riferendosi alla sua sorgente).

L’odore dell’aria, inteso come odore di background dell’ambiente, cambiava a seconda del padiglione della fiera, presumibilmente in base alle dimensioni dello spazio, il sistema di areazione e il numero di persone presenti, e in base a specifici espositori – nell’area gourmet dove si svolgevano anche assaggi e dimostrazioni di cucina ovviamente l’elemento “cibo” era preponderante. Naturalmente anche il momento del giorno influiva: al mattino erano spiccati i profumi e le acque di colonia indossati dai visitatori (soprattutto uomini), mentre nel primo pomeriggio – quando comunque c’era più gente – gli odori di cibo e magliette sudate erano preponderanti. Il fatto che in uno dei due giorni degli smellwalks avesse piovuto ha pure influenzato il tipo di odori percepiti nello spazio esterno. Il vento portava gli odori dei chioschi di cibo in direzioni precise per cui non si sentivano ovunque allo stesso modo, il suolo bagnato emetteva odori più acri e un po’ metallici, mentre col sole era più facile sentire l’odore di cloro salire da una fontana, e quelli di alcune aiuole.

Pur essendo questa una volutazione puramente qualitativa e non esaustiva né di tutti gli spazi della fiera, né tutti i giorni, è interessante osservare quante informazioni è stato comunque possibile raccogliere. Gli stessi partecipanti hanno potuto cogliere aspetti inediti della fiera e notare stand a aree comuni che altrimenti avrebbero ignorato. Di fatto durante gli smellwalks l’invito è proprio quello di “calarsi” completamente nello spazio intorno, esplorandolo attivamente e cogliendone impressioni e suggestioni al ritmo del proprio respiro e della propria curiosità: ci si “sporca” ed espone mettendo il naso letteralmente dappertutto, ed è proprio da questo cercare apparentemente “senza scopo” che alla fine si scoprono un sacco di cose su posti, persone, e alla fine anche su noi stessi, perché l’atto di annusare è per sua natura intimo e un po’ introversivo, ci fa rallentare…

 

 #SmellWalkBookFair stories

 

During the smellwalks at the book fair I collected many stories and impressions from participants and people who were first asking what the hell we were doing and, after my explanation, they were telling their own smell-related experiences. It was interesting and inspiring, and it was fun.

Like S. and his girlfriend: she started to smell the upcoming autumn already at the beginning of September; he was not believing that, he said it was a laugh; but a couple of day after, going home with his bicycle, he suddenly got a strange whiff into his nose. She was right, the scent of autumn was there.

Or like Mr. H. who did a romantic surprise to his wife on that morning: he found for her the very last bottle of her favorite perfume, which is discontinued and not available anymore.

Or like D. who does not like the smell of detergents used to clean public spaces; and L. who found a book-cover made out of natural materials which smelled like straw and hay, and she recalled the smell of her hamster; and M. who works as a city-guide and now he wants to add some “olfactory impressions” to his tours; and F. who ended up saying: ”anyone should try at least ones in his life to smell around pretending to be a dog”.

During our smellwalks participants had a technical sheet to take notes of all the encountered smells, the degrees of pleasantness, intensity, duration and evoked memories and feelings. Out of all recorded notes I can list some findings: fresh paper, books, glossy flyer, mint candy, dust, eau de cologne for man, ink, coffee, smoke of cigarettes, incense, flowers, detergents, smoked salmon, washing powder, used shirts, fire, box and cardboard, apple, waffle, jute, ginger, chocolate, plant leaves, chlorine, sausages, fries, candles, bistro, carpet, garbage, wood, banana peel, stairway, rain. Though it was an adapted version of “traditional” smellwalks, and we made only some qualitative – yet subjective – estimation, we could catch a general sensory impression about at least some of the spaces within the fair, and some of the habits of visitors and guests. The general quality of the air inside the pavilions was affected mainly from the air conditioning, the number of visitant, and the presence of specific expositors: the gourmet corner, for examples, with all the tasting-sessions and cooking-show was of course rich of food-related flavors. During the morning man-perfumes were very common, whilst in the afternoon sweaty shirts and food were preponderant. Participants could also experience corners and boots which would have been otherwise ignored, and they express surprise for getting so many information and feelings just using their nose.

Smellwalks invite people to get a bit “dirty” and curious using their own nose to explore and feel the environment; we get insights doing something apparently pointless or even weird, we search without looking for something particular, we listen with our nose, and we end up discovering a lot about the surrounding, and learning about ourselves. Olfaction is an intimate sense; it invites to slow down…

#SmellwalkBookfair

Annusando la fiera del libro

 Smell

Sì avete capito bene, quest’anno alla Fiera Internazionale del libro di Francoforte, dal 19 al 23 ottobre, ci faremo delle grandi sniffate passeggiate odorose tra i padiglioni espositivi. 😀

Si tratta di un progetto promosso dal Museum Angewandte Kunst (museo di arti applicate) di Francoforte dedicato a olfatto, arte e comunicazione, e nato dall’entusiasmo di Matthias Wagner, direttore del museo, e Martin Hegel, capo del settore comunicazione e marketing. Insieme hanno curato il libro Für den tieferen SinnDuft als medium in Kunst, Design und Kommunication ([Per] il senso più profondo, l’odore come medium in arte, design a comunicazione), edito da Spielbein Publishers, che raccoglie contributi di scienziati, artisti (Peter de Cupere, per citarne uno) ed esperti di comunicazione, in un libro di arte e cultura dell’olfatto. E c’è anche un mio contributo con un capitolo su olfatto, new media e tecnologia, ve ne parlerò a breve in modo più dettagliato.

Il libro sarà presentato il 20 ottobre alla fiera del libro, e per l’occasione ci sarà una performance dell’artista Clara Ursitti, mentre io terrò delle passeggiate olfattive – smellwalks -all’interno della fiera. (Sì sono un po’ emozionata eh eh).

Per questi smellwalks mi sono ovviamente ispirata al lovoro di Victoria Henshaw, che ne è stata pioniera, e il cui libro Urban smellscapes raccoglie buona parte delle sue ricerche su odori e design urbano. Lo studio indaga come gli odori della città influiscono sulla qualità e la vivibilità della città stessa e come il design urbano, inclusi presenza/assenza di spazi verdi, smog, inquinamento, ristoranti, chioschi di cibi etnici, e così via, contribuiscono a definire l’identità dei posti in cui viviamo. Gli smellwalks sono anche un modo per avvicinare le persone al posto in cui vivono usando uno dei nostri sensi più profondi, l’olfatto. Durante queste passeggiate olfattive, lungo un percorso di pochi chilometri attraverso la città, i partecipanti sono invitati a rallentare e annusare intorno, esplorare col naso il pezzo di starda che magari percorrono ogni mattina di corsa per andare a prendere l’autobus o la metropolitana. È un invito a rallentare e riflettere su ciò che ci sta attorno, scoprire nuovi aspetti del posto in cui viviamo e diventarne più consapevoli: durante le passeggiate si registrano le puzze e i fetori che arrivano per esempio dalla sporcizia e dalle cacche lasciate sui marciapiedi; lo smog emesso dalle auto; il profumo di un’aiuola in fiore; l’aroma che esce da una panetteria; gli odori delle persone che ci passano accanto. Inoltre capire come gli odori emessi da specifiche aree e attività umane influiscono sul panorama urbano può dare informazioni utili a chi gli spazi urbani li progetta e costruisce.

Il percorso che proporrò la prossima settimana sarà una versione mignon di queste passeggiate, nello spazio della fiera. Un pretesto per avvicinare le persone al nostro senso piu intimo e selvaggio.

Per l’evento seguite l’hashtag #smellwalkbookfair con il quale pubblicheremo via Instagram e Twitter  and Facebook le tappe del nostro percorso olfattivo.

 Il programma completo:

Giovedì  20.10.16
(Punto di ritrovo presso SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79)
11.00
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco
12.00 – 12.30
Presentazione del libro: Für den tieferen SinnDuft als medium in Kunst, Design und Kommunication
14.00 – 14.30
Performance
Clara Ursitti
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco
Venerdì  21.10.16
(Punto di ritrovo presso SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79)
10.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco
11.45 – 12.15
Performance
Clara Ursitti
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco

 

 

#SmellwalkBookfair

 

This year at the International book fair of Frankfurt we are going to unleash our nose.

I am pleased to taking part in a project promoted by the Museum Angewandte Kunst (Museum of applied arts) here in Frankfurt on olfaction, art and communication, which has been developed by the director Matthias Wagner and Martin Hegel, head of communication design. They just edited the book Für den tieferen Sinn – Duft als medium in Kunst, Design und Kommunication (For the Deeper Sense. Scent as Media in Art, Design and Communications) for Spielbein Publishers, which will be presented at the book fair next week. Contributions from scientists, artists and communication experts converge in an art-book centered on scent and its communication power. I am thrilled of being part of the contributors with a chapter about smell in new media and technologies (I will give you further details soon 😉 ). As collateral events of the book release, there will be a performance from the fabulous artist Clara Ursitti, and I will lead some smellwalks through the fair-pavillons.

The idea of smellwalks comes directly from the work of Victoria Henshaw, who was the pioneer. You will find in her book Urban smellscapes main part of her studies on smell and urban design.

People encounter odor wherever they go, they get feelings and information from other people they meet, shops they pass by, street they walk through. They do not often pay enough attention to it, but smell is still there, as a presence in the background.

Now, imaging a tour in a city: Walking around a railway station or in the underground you can easily encounter urine exhalations from a hidden corner, or the scent trail of a strong eau de cologne from a stranger; down in the market street you may pass by a stand where hot sausages have just reached the right cooking point, while few feet behind it a remarkable vanilla aroma signs the presence of warm sugary waffles, fresh apple juice expands around from a neighbor stand; you go on and you pass along a grass bed, your nose get trapped in a misty cloud which smells like a wet dog. Keep walking, go along the river, can you smell it? How does it feel like?

The smellscape of a city can tell a lot about citizen and their habits, smog and exhausts can affect the quality of the city air; district food area have usually characteristic odor as well and they can also affect the general perception of the city as a lively and colorful –“smellful” -place or as a stinky and “fatty” site; the presence of green area can on the other hand increase the feeling of being in a pleasant and clean environment.

During last years the number of architects, designer and artists interested in urban smellscapes has raised with a new attention in designing urban area taking into account odors, and their sources. City smell can impact on general perception, arousing several psychological and physiological reactions on people, generating delight or disgust. Several projects around the world have already realized smell maps of cities like New York, Singapore, Barcelona, London, Paris, Shanghai, Edinburg, just to mention a few. During such investigation usually normal people are engaged in smellwolks through the cities with the double objective of awakening their sense of smell and their feelings and perception on the city they live in. Sharing experiences and practices represent a key part of these projects, for which website with smell maps are constantly updated. Moreover, people start to listen to the city in a different way, they communicate with the city, and they smell it.

In a walk through the exhibition space during the book fair, I will invite participants to pay full attention to their sense of smell, in a revised version of the traditional city-smellwalks. You can follow #smellwalkbookfair on Instagram and Twitter and Facebook for our sensory map during the fair. I’ll see you there.

Full program  #smellwalkbookfair

Thur. 20.10.16
Meeting point SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79
11.00
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German
12.00 – 12.30
Book presentation: Für den tieferen SinnDuft als medium in Kunst, Design und Kommunication
14.00 – 14.30
Performance
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German
Venerdì  21.10.16
Meeting point SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79
10.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German
11.45 – 12.15
Performance
Clara Ursitti
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German

Summer digest II

Nell’ultimo scorcio di estate vi lascio ancora una carrellata di notiziole e appuntamenti intorno a olfatto e odori, riprenderemo poi da metà settembre con post “più corposi” (sì a me piace seguire il calendario scolastico, c’ho pure il diario ancora :D).

 

  • Il topo “super-sniffer” (l’hanno chiamato loro così eh)

Lo studio, condotto dai ricercatori del laboratorio di Paul Finestein della City University di New York, è stato pubblicato a luglio scorso sulla rivista scientifica Cell Reports. In breve, gli scienziati hanno messo a punto una nuova strategia di modificazione genetica che permette a un predefinito recettore olfattivo di essere espresso più di quanto avverrebbe normalmente, e di conseguenza il topo con questa “amplificazione” recettoriale diventa molto più sensibile all’odore corrispondente. Il MouSensor, come è stato chiamato, potrà essere molto utile per sviluppare linee di ratti super-sniffer da addestrare a riconoscere sostanze come il trinitrotoluene (TNT) presente nelle mine e che potrebbero così essere usati senza rischio per sminare i campi (questi animali essendo molto piccoli hanno un peso non sufficiente a innescare le mine). Un’altra applicazione interessante potrà essere lo sviluppo di nose on a chip e tecnologie per la diagnosi precoce di malattie che danno come campanello di allarme la produzione di molecole e “odori” specifici.

  • ECRO – meeting dal 7-10 Settembre, Atene

L’annuale congresso della società europea dei sensi chimici quest’anno si terrà ad Atene nella prima metà di settembre. Si tratterà come sempre di un importante momento di scambio in ambito scientifico.

  • Scent – the smell of architecture

A Basilea invece a partire dal 31 agosto, fino al 21 dicembre, il Scent Culture Institute organizza una serie di mostre e incontri interessanti (in tedesco), per il pubblico generico, su olfatto e spazio architettonico. In che modo interagiamo e veniamo influenzati dagli odori a seconda dello spazio pubblico e architettonico in cui ci troviamo e dei materiali di cui questi spazi sono fatti.

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  • Pitti Fragranze

Fiera di profumeria artistica che si svolge a Firenze dal 9 all’11 settembre, un bel posto per chi ama i profumi e volesse iniziare a esplorare un po’ meglio di più questo mondo, o per chi già li ama e vuole seguire le ultime novità.

Il senso di Herta per il curry

Ovvero la nascita del Currywurst

 

Ketchup e curry. Combinazione speziata e improbabile da leccarsi i baffi in varie gradazioni, a seconda della piccantezza, dopo essersi arroventati per bene la lingua addentando un croccante wurstel. La pace dei berlinesi, di cui il currywurst è simbolo. E ovviamente c’è un museo dedicato. Che, ovviamente, ho visitato 😀

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Credit:perfectsenseblog.

 

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Foto scattata al Currywurst museum, Berlino. Credit: perfectsenseblog

 

È una storia interessante perché si accompagna alla ripresa del secondo dopoguerra e segna il filo che ha portato ai primi chioschi, per non dire fast-food.

Siamo nel 1949 quando l’intraprendente Herta Heuwer, nata a Koenigsberg, Prussia, nel 1913, compra per 35 marchi un vecchio minivan e lo converte con l’aiuto di marito e cognato in un chiosco mobile. Si piazza nel centro del settore britannico, all’incrocio tra Kantstrasse e Kaiser-Friedrichstrasse nel quartiere Charlottenburg, e inizia a vendere wurstel e salcicce. Poco tempo dopo ne apre un secondo e inaugura un’attività redditizia che conduce direttamente fino al 1974 quando è costretta a delegare per motivi di salute.

Secondo i racconti ufficiali (riportati dal Currywurst Museum), il 4 settembre 1949 la laboriosa Herta Heuwer sta trafficando con la salsa ketchup e le spezie a sua disposizione. È un periodo di ristrettezze in cui è difficile comprare a buon mercato la maggiorparte dei prodotti di comune consumo. Nell’intento di trovare verisoni economiche, ma gustose, dei condimenti per le salcicce si fa prendere un po’ la mano e arriva a mescolare una decina di spezie unendole al ketchup e assaggiando di tanto per testare il risultato. Il giorno dopo Herta aggiunge la nuova salsa alle sue salcicce fumanti e le serve ai propri clienti. Sono nati i primi currywurst della storia.

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Foto scattata al Currywurstmuseum, Berlino. Credit: perfectsenseblog

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Giust per darvi un assaggio… Foto scattata al Currywurstmuseum, Berlino. Credit:perfectsenseblog.

 

Il currywurst è un successo immediato, diventa popolare tanto che nel 1959 la salsa “Chilliup” (da “chilli-ketchup”) viene registrata all’ufficio brevetti di Monaco col numero 721319. Una curiosità che avvolge il personaggio di Herta è l’ostinazione con cui per anni si rifiuta di rivelare la ricetta originale, tanto che nel 1987 dopo la morte del marito distrugge tutta la documentazione della sua ricetta. Anche per questo verrà invitata in diversi programmi televisivi tra i quali quello del presentatore Harald Schmidt che le conferisce il premio “first-class secret-keeper”.

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Foto scattata al Currywurstmuseum, Berlino. Credit: perfectsenseblog

Herta muore a Berlino il 3 luglio 1999 e nel 2003 all’incrocio della KantStrasse 101 viene apposta una targa commemorativa: Ihre Idee ist Tradition und ewiger Genuss” (“la sua invenzione è tradizione e delizia eterna”).

 

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Una delle versioni attuali, eh eh…

 

Bonus

La leggenda di Amburgo…

Come spesso accade con cibi e tradizioni anche la nascita del currywurst è avvolta da un alone di incertezza e mito. Lo scrittore Uwe Timm traccia “il precedente” portandoci ad Amburgo, sua città natale e luogo in cui ricorda di aver mangiato da bambino il suo primo currywurst, prima della sua nascita ufficiale. Dalla sua ricerca a ritroso nel tempo nasce il romanzo (di cui c’è anche la versione comics) “The invention of curried sausage” parla della Germania alla fine del nazismo, e nel dopoguerra, e della storia d’amore tra Lena Brucker – inventrice del currywurst – e il disertore ufficiale di marina Hermann Bremer. Vicende di guerra e di spionaggio con finale al curry 😀

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