Da molecola a odore

Mentre riorganizzo gli appunti e i pensieri del dopo congresso vorrei condividere con voi alcune riflessioni nate da uno degli interventi a cui ho assistito.

Stuard Firestein, professore alla Columbia University, ripropone un problema non banale: cosa fa di una molecola un odore? perché non tutte le molecole hanno un odore? e perché a volte molecole molto diverse tra loro sanno della stessa cosa?

Si tratta, se vogliamo, anche di una questione metodologica, perché si ripercuote sui criteri che decidiamo di adottare per classificare gli odori. Quali caratteristiche prendere in considerazione? Ci possiamo focalizzare sull’identità chimica di una molecola, su come è fatta, ma rischiamo però perdere di vista il suo significato biologico, ovvero il cosa fa. O possiamo concentrarci su caratteristiche più edonistiche e legate alla percezione. Rimane comunque un po’ di confusione: un colore è freddo o caldo, una nota acuta o grave, e un odore?

Per secoli filosofi e scienziati hanno provato a classificare gli odori in vario modo. Linneo (1756) nel suo Systema naturae li classificava in sette classi:

  1. Aromaticos, come il garofano per esempio
  2. Fragrantes, come i fiori
  3. Ambrosiacos, vedi il musk
  4. Alliaceos, come l’aglio appunto
  5. Hircinos, tipo l’odore di capra
  6. Tetros, dato da certi insetti (presente le cimici?)
  7. Nauseous, sul genere di carne putrefatta e simili

Col passare del tempo numerosi studiosi si resero conto di come fosse difficile raggruppare gli odori in poche classi, e che classificazioni simili a quelle di altri domini sensoriali, come per esempio i colori, primari e secondari, con gli odori avevano senso solo fino a un certo punto. Hendrik Zwaardemaker (1857-1930), che tra l’altro inventò un aggeggio (per quei tempi) come l’olfattometro (1888), identificò 30 diverse classi di odori. Scoprì pure un altro fatto: alcuni odori una volta mischiati tra loro si annullano. Ossia un odore previene la percezione di un altro odore. Sono coppie di Zwaardemaker, per esempio:

·        Acido butirrico – odore rancido- e olio essenziale di ginepro;

·        Scatolo – presente nelle feci – e l’olio di cedro;

·        Ammoniaca – odore di urina- e l’olio di rose.

 

Negli anni Cinquanta del secolo scorso Cerbelaud fu il primo a redarre una classificazione a uso e consumo dei profumieri dividendo gli odori in 45 classi. Pochi anni dopo, 1968, Harpeer fa un’ulteriore classificazione individuando 44 classi e compiendo una meticolosa opera di nomenclatura e classificazione includendo anche puzze e odori specifici di cibi e bevende. Questa lista nel 1978 viene estesa da Dravnieks a 146 odori, che in realtà corrispondono ad altrettanti descrittori olfattivi. In questo modo diventa più facile individuare “per confronto” le differenze tra due odori.

Tuttavia il problema rimane, prendiamo queste due molecole chimicamente diverse:

  • 5-alfa-androst-15-en-3 lafa-ol
  • 2-ethyl-4- (2,2,3-trimethyl-cyclopent-3- en 1-R-yl)-2E-buten-1-ol

Ecco, queste due robe qui sanno entrambe di sandlwood 😀

Come è possibile?

Prendiamo invece queste due molecole alifatiche, molto simili tra loro:

  • Hexil acetato
  • Heptil acetato

Queste due sanno una di banana e una di pera.

Ecro_Firestein_2015-09banana

Perché?

È quello che appunto ci chiediamo.

Una delle cose che restano ancora da capire è come funzioni il codice combinatorio molecole-recettori olfattivi. Nei roditori ci sono circa 1100 recettori, nell’uomo quasi 400. Ogni neurone olfattivo esprime un solo recettore, ma questo non significa che ogni recettore riconosce solo una molecola e finita lì. Ci sono alcuni recettori più specifici, ma sono la minoranza, nella maggior parte dei casi un recettore può riconoscere molecole diverse, con diversa affinità. E molecole diverse possono legarsi a diversi recettori. Questo è il motivo per cui si parla di codice combinatorio, ed ecco perché è importante capire quali caratteristiche di una molecola sono essenziali per uno specifico odore.

Una via di indagine, proposta da Firestein, è quella – detta in soldoni – di procedere con uno screening che integri l’aspetto puramente chimico con quello biologico: date una serie di molecole vado a vedere quale è il o i gruppi funzionali o la parte strutturale che mi dà lo stesso effetto biologico. È un metodo usato in chimica medica e per studiare l’attività farmacologica dei composti e si basa sull’idea di bioisosterismo, ossia di molecole con effetti biologici simili.

C’è anche da considerare un’altra cosa: un odore di per sé non esiste. C’è una molecola che si lega ai recettori olfattivi nel nostro naso, questi trasformano il segnale chimico in un segnale nervoso che arriva al cervello dove le informazioni vengono integrate e ci danno una percezione: l’odore.

Volendo andare un po’ sul filosofico verrebbe da dire che l’odore sta nel naso di chi annusa…

 

Bonus

La ricerca scientifica è fatta per lo più di esperimenti malriusciti. Non è quasi mai un percorso lineare ma procede a salti e tentativi, e non si procede quasi mai da soli: è la comunità scientifica che lavorando su un tema specifico porta avanti la baracca, ogni pubblicazione scientifica aggiunge un tassello a ciò che già si conosceva, magari contraddicendo altri dati, magari approfondendo alcuni aspetti. Difficilmente c’è ‘La scoperta scientifica” cosi’ come siamo abituati a immaginarla, ma una serie di osservazioni e dati che contibuiscono a chiarire aspetti specifici di un problema generale, per esempio come funziona o come avviene un certo meccanismo biologico.

In tutto questo come dicevo c’è tutto un mondo, quello dei fallimenti. Stuard Firestein, dopo averci parlato dell’importanza dell’ignoranza, esce ora con il secondo libro: Failure.

 

failure

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