Che fiuto!

Quanti odori sappiamo distinguere?

 

parte4 (28)-700x© Michele dell’Utri, Esxence 2014, La Triennale Milano

La scorsa settimana, mentre mi immergevo in un tripudio di odori – ero a Esxence, evento di profumeria artistica – venivano pubblicati, manco a dirlo, i risultati di uno studio sulla “sensibilità” dell’olfatto umano. Quanti sono gli odori che una persona comune può distinguere? Questa era una delle tante domande che mi facevo mentre le mie narici saltavano da una mouillette all’altra. Certo, mi chidevo anche quanto possa essere fino l’olfatto di un “naso”, cioè di una persona che ha costruito il proprio universo creativo attorno agli odori e che è allenata e preparata a riconoscere e distinguere i profumi (non scordiamoci che l’apprendimento in questo caso è importantissimo e l’olfatto diventa tanto più acuto quanto più lo si allena). Ma, appurato che un “naso” in termini di abilità olfattive è un supereroe rispetto a un comune individuo, in media, uno quanti odori può distinguere?
Fino a oggi le stime ci suggerivano una cifra intorno ai 10.000 odori. Mica male direte, ma secondo lo studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Science dai ricercatori della Rockefeller Univeristy di New York siamo ben oltre: 1 trilione. Come minimo.
Come si fa a stabilire quanti stimoli riusciamo a discriminare? Innanizitutto bisogna avere un’idea dell’ordine di grandezza, ossia avere una stima dello spettro a disposizione: qual è lo stimolo minimo percepibile? E quello massimo? Che poi, minimo e massimo di cosa? Intensità? Ampiezza? Frequenza?
Nel caso di vista e udito, e non è stata una bazzecola, alla fine si è capito: i colori che l’occhio umano può percepire, quelli detti appunto dello “spettro visibile”, hanno lunghezze d’onda comprese tra i 390 e i 700 nm, lo spettro cioè compreso tra gli infrarossi e gli ultravioletti; nel caso dell’udito siamo in frequenze comprese tra i 20 e i 20.000 Hz. E gli odori? Intanto qui c’è un primo problema perché ancora non è chiaro come classificare gli odori e in base a cosa “misurarli”. Per stabilire un range di sensibilità bisogna come minimo sapere cosa misurare. Il problema con le molecole chimiche, che costituiscono un odore, è che questa classificazione non è semplice e non c’è uno “spettro continuo” che ci permette di muoverci, e orientarci, gradualmente da un odore all’altro. Con le frequenze acustiche, per esempio, possiamo seguire un metro immaginario lungo cui si trovano in crescendo tutte le frequenze dalla più bassa alla più alta: scorrendolo sapremo che aumentando la frequenza il suono diverrà man mano più acuto. In modo simile, ma con le lunghezze d’onda, abbiamo una corrispondenza tra una specifica lunghezza d’onda e un colore, e la transizione da una sfumatura all’altra avviene secondo un continuum. Nel caso dell’olfatto non è possibile rifarsi a uno schema di questo tipo perché procede a salti: molecole molto simili, addirittura due enantiomeri della stessa molecola, possono dare due odori completamente diversi, pensate a (R)-(+)- carvone (semi di cumino) e (S)-(-)-carvone (menta). Inoltre, gli stimoli olfattivi sono quasi sempre un mix di odori con diverse componenti e caratteristiche.

 

F3.large.modCredit: Bushid C. et Al., Science, 2014

Per i sitemi visivo e uditivo, i ricercatori hanno potuto stimare che l’uomo è in grado di distingure, rispettivamente, tra i 2.3 e i 7.5 milioni di colori, e circa 340.000 suoni (toni più precisamente). Per fare questo calcolo con l’olfatto serviva una strategia diversa, con qualche calcolo in più e dei modelli matematici.
Le stime più accurate disponibili ad oggi si rifacevano principalmente a uno studio del 1927: si presero in considerazione quattro sensazioni olfattive-base per le quali l’uomo fosse in grado con sufficiente affidabilità di distinguere tutte le proprietà e valutarle in una scala di nove punti. Fu così stimato il numero di possibili sensazioni olfattive: 94, ossia 6561, successivamente arrotondato, in seguito a ulteriori studi, a 10.000 odori.
Si trattava di un valore approssimativo, ecco perché i ricercatori del Rockefeller hanno pensato questa volta di affinare la tecnica: hanno valutato la capacità distinguere alcuni mix di odori, diversi per un numero fissato di componenti, e fino a che punto potevano essere distinti l’uno dall’altro.
Per lo studio sono stati presi in esame 128 odori, già testati per essere in grado di contribuire al mix finale nella stessa proporzione: nessun odore, quindi, prevalicava sugli altri. A partire da questi sono stati creati tre mix, sempre più complessi: 10, 20, e 30 odori. Ne hanno poi create diverse “gradazioni” in base alla percentuale di sovrapposizione, ossia di odori in comune. Gli odori sono stati combinati in modo da essere nello stesso rapporto e permettere di calcolare il numero esatto di combinazioni possibili, cioè 128 odori possono essere combinati in modo da ottenere:
– 2.27 x 1014 mix di 10 odori
– 1.20 x 1023 mix di 20 odori
– 1.54 x 1029 mix di 30 odori
In ogni serie la differenza tra i singoli mix era solo il numero di odori in comune con gli altri. Nei test le persone (26 soggetti + 2 esclusi dall’analisi) dovevano discriminare, per esempio, tra 3 mix di 10 odori: due erano identici mentre il terzo poteva essere uguale al 30% al 60% al 90%. Ovviamente più due mix sono simili tra loro più è difficile distinguerli. È in questo modo che si misura la “risoluzione” del senso dell’olfatto.
Circa la metà dei soggetti è stata in grado di discriminare mix simili fino al 75%, alcuni anche tra il 75% e il 90%, nessuno è stato capace di discriminare due mix simili al 90%. Analizzando anche la capacità di discriminare singoli composti, per escludere bias dovuti alle interazioni degli odori nei mix, la capacità di discriminare gli odori è risultata al 54%. Facendo analisi più accurate alla fine i ricercatori sono giunti al seguente risultato: nella maggiorparte dei casi i soggetti erano in grado di distinguere due mix sovrapposti al 51.17%. Tradotto, l’umano medio è in grado di distinguere almeno 1 trilione di mix di 30 odori. Mai sottovalutarsi.

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