L’uomo che sapeva di pesce – If you stink like a fish

 

Siamo fatti anche noi della materia di cui son fatti i sogni; e nello spazio e nel tempo d’un sogno è racchiusa la nostra breve vita

(Prospero: atto IV, scena I)

Probabilmente molti di voi conosceranno, in una qualche forma, questa citazione dal dramma teatrale “La tempesta” di William Shakespeare. Eppure quest’opera dovrebbe essere ricordata anche per un’altra citazione suggestiva, almeno per chi è interessato a puzze e odori, e a malattie rare.

Siamo nell’atto II e Trinculo, grezzo ubriacone, parla senza giri di parole – figuriamoci delicatezza – dello schiavo Calibano:

E qui che cosa abbiamo? Un uomo o del pesce? Vivo o morto? Pesce: puzza come il pesce; un tanfo di pesce che è lì da anni; puzza come un vecchio nasello

(Calibano: atto II, scena II; mia traduzione libera dal testo inglese, vedi sotto)

E ora mettetevi nei panni del povero Calibano, ché già non è che se la passasse proprio bene: era uno schiavo caraibico, ed era affetto da alcune deformità. Inoltre, il suo corpo emetteva per davvero odore di pesce andato a male. Una condizione che, secoli dopo, verrà conosciuta e descritta dai medici come – indovinate un po’ –  “sindrome dell’odore di pesce” (Fish-odour syndrome) o trimetilaminuria. È una malattia genetica rara e le persone con questa sindrome hanno sudore, alito, pipì e liquidi corporei in generale, caratterizzazzati da un odore molto forte spesso descritto come quello di pesce guasto, uova rancide, urina. È una condizione che non procura danni o impedimenti fisici se non il fatto di puzzare terribilmente, e questo, invece, sì determina diversi problemi, che si ripercuotono sulla vita sociale e talvolta anche sulla salute psicologica dei pazienti.

Essendo, come dicevamo, una malattia piuttosto rara, ed avendo come quasi unico sintomo la puzza, è spesso ancora oggi difficile da diagnosticare (i test per diagnosticarla ci sono, ma fino a poco tempo fa non era molto nota e nessuno pensava a questa possibilità, e quindi a fare il test appropriato) per cui in diversi casi riportati si è arrivati alla diagnosi esatta solo dopo anni.

Il disturbo fu descritto per la prima volta in un articolo medico uscito su Lancet nel 1970 con il titolo: “Trimetilaminuria: la sindrome dell’odore di pesce” (Trimethylaminuria: the fish-odour syndrome). In questo caso si trattava di una bambina di sei anni, affetta anche da sindrome di Turner e con una storia clinica di numerose infezioni polmonari, quindi già sotto osservazione medica. La madre riportava inoltre “l’odore di pesce” della bambina. I medici cercarono di capire a cosa fosse dovuto questo odore e, dopo diverse analisi, scoprirono che la paziente non metabolizzava bene una sostanza chiamata trimetilammina (TMA).

Intermezzo sulla puzza di pesce  

Perché il pesce dopo qualche giorno inizia ad avere un odore molto intenso? La principale responsabile è proprio lei, la trimetilammina, anche se i pesci non hanno la sindrome di cui parlavamo. O meglio, in un certo senso sì, ma da morti.

I pesci di mare vivono in un ambiente molto più salino di quello presente nei loro tessuti, così molti di loro (soprattutto gli elasmobranchi) per “bilanciare” questa differenza e mantenere il giusto equilibrio salino hanno bisogno di stoccare delle molecole chiamate osmoliti. In questo modo aumentano la pressione osmotica dei tessuti e possono “tener botta” all’ambiente iperosmotico marino. Il composto principale “stoccato” si chiama trimetilammina-N-ossido (TMAO) e deriva dalla trimetilammina. Tuttavia, quando l’animale muore TMAO viene degradato e trasformato di nuovo da batteri e altri enzimi nella nostra puzzosa trimetilammina, che conferisce al pesce “di qualche giorno” il suo caratteristico odore.

La sindrome dell’odore di pesce

Nell’uomo la trimetilammina viene prodotta, per esempio, a partire da un’altra molecola, la colina, che assumiamo col cibo. A questo punto un enzima del fegato chiamato FMO3 (Flavina-monossigenasi-3) trasforma la trimetilammina in TMAO. Se per qualche ragione l’enzima FMO3 non funziona bene o nasciamo con una mutazione genetica che lo rende difettoso, la trimetilammina non viene trasformata e rimane a piede libero, dando alla persona l’aroma di pesce vecchio.

La diagnosi di solito si fa misurando la concentrazione di trimeltilammina e TMAO nelle urine, e nel caso i livelli di trimetillammina siano molto alti, si fa un test genetico. Come dicevamo la trimetilamminuria è una malattia genetica, autosomica recessiva, piuttosto rara e, anche per questo, a volte non facile da diagnosticare. Tuttavia, anche se è stata descritta in modo chiaro solo negli anni Settanta del secolo scorso, diversi documenti storici, e letterari, fanno a volte riferimento aneddottico a quadri clinici che fanno pensare a una sindrome come quella dell’odore di pesce. Uno di questi esempi è appunto il nostro Calibano, citato da Shakespeare.

Il trattamento del disturbo non prevede ancora, purtroppo, una vera cura, ma solo metodi per controllare la puzza. Il principale è fare attenzione all’alimentazione, cercando di ridurre i cibi ricchi di trimetilammina, come pesce di mare e crostacei, e altri alimenti ricchi di suoi precursori, come la colina. Con quest’ultima però la faccenda è complicata: la colina è importante per il corretto funzionamento delle cellule e del sistema nervoso, e particolarmente importante durante la gravidanza e lo sviluppo embrionale, perciò una sua carenza può causare gravi disturbi.

Bonus

Gli aneddoti più o meno folkloristici che descrivono casi simili alla sindrome dell’odore di pesce nel corso della storia sono diversi. Prima di Shakespeare anche altri vi avevano fatto riferimento. Nel testo indiano Mahabharata (1000 A.C.), per esempio, si narra di una giovane donna, di nome Satyavata, costretta al confino e all’isolamento per via del suo odore “di pesce” per l’appunto. Ma anche in diversi racconti della tradione Thai si fa riferimento, di tanto in tanto, a personaggi con lo stesso problema. Per tornarre in Europa invece, un altro testo interessante è il “Nature of aliments” (1735) di John Arbuthnot, scienziato che in questo trattato su cibo e nutrizione fa riferimento esplicito ai possibili effetti del mangiare troppo pesce e al fatto che gli abitanti dei posti di mare che si cibano quasi esclusivamente d pesce spesso hanno anch’essi quell’odore. Ovviamente non possiamo sapere se in questi casi si trattasse davvero di individui affetti dalla vera sindrome dell’odore di pesce, o altro, ma ile descrizioni danno spazio alle speculazioni.

If you stink like a fish

We are such stuff as dreams are made on, and our little lifeis rounded with a sleep.

(Prospero, IV.I.148–158)

You all probably know this quote from The tempest by William Shakespeare, what you might not know is that, within the same play, odor-hunters and morbid- nerdy lovers can found some little treasures as well.

Take this moment, for example, act II, scene II, the rude jester Trinculo refers to Caliban, a deformed slave from Caribbean islands, as following:

What have we here? a man or a fish? Dead or alive? A fish: he smells like a fish; a very ancient and fish-like smell; a kind of not of the newest Poor John

(The Tempest II. II. 26–29)

Surely not respectful, nor sympathetic, the description holds, indeed, some true: Caliban did actually smell like a fish.

We could speculate he was affected by a genetic disorder, lately in the Twenty century described – guess how – as “fish-odour syndrome” or trimethylaminuria. The disease is not mortal, yet affects severely the quality of life of the person who carries the disorder: sweat, breath, pee, and all its body fluids have a smell often described like rotting fish, eggs, urine. That implies possible difficulties in social interactions, law self-esteem, and in some cases psychological issues.

Short digression on the smell of fish

Did you ask yourself why, after all, fish start to stink that way after some days? Do they also somehow suffer of such a syndrome? Well, not exactly, as far as they stay alive.

See fish live in a salty environment, and the salt-concentration is much higher than what is in their tissues. Therefore, they developed a trick in order to “counterbalance” the so-called high osmotic pressure, with high concentrations of certain compounds like amine. The main of these is the trimethylamine-N-Oxide (TMAO), an odorless compound derived from the metabolism of trimethylamine. When they die, bacteria and enzymes start to degrade TMAO back into trimethylamine, which has the characteristic fish odour.

The fish-odour syndrome 

In humans trimethylamine is usually assumed trough food like see fish and crustaceans, or as a byproduct of other substances like choline. In the liver the trimethylamine is then converted into TMAO by an enzyme called FMO3 (Flavin- monooxygenase-3). When FMO3 does not work properly, or we got a genetic mutation for this enzyme, trimethylamine remains in our body, which in turn starts to stink as rotten fish.

The first clinical case described was in 1970 on the medical journal Lancet: “trimethylaminuria: the fish-odour syndrome”. A six-year-old girl, with pulmonary infections and other diseases was under medical observation. The mother reported also the daughter had a “fish-odour”. After several analyses, it turned out the girl had a metabolic disorder and her body was releasing with the urine a huge amount of trimethylamine.

Due to the fact that is relatively rare, and most often not well known, the fish-odor syndrome has been in several patients often overlooked. Interestingly, historical anecdotes and descriptions of individuals with such conditions are presents in several cultures among millennia till our Shakespearean Caliban.

Unfortunately for the patients, the disorder has not a real cure and the unpleasant smell can be only kept under control, in certain degree, with a proper dietary. Limitation in see-food intake and food rich in choline could help.

Bonus

There are, historically, several anecdotes of people with a strong fish-like smell: in the Indian epic Mahabharata (1000BC) a women called Satyavata was forced to a solitary life because she stank like rotting fish. Similar cases are also present in Thai stories, and in Europe we find similar stories in Shakespeare’s play, and in John Arbuthnot treatise on nutrition and foods. On “Nature of aliments” (1735) he explains that certain people, like the inhabitants of see villages, due to the huge daily intake of fish they also start to stink so.

References

Mitchell SC, Smith RL. Trimethylaminuria: the fish malodor syndrome, Drug Metab Dispos. 2001 Apr;29(4 Pt 2):517-21.

Arbuthnot J.  An Essay Concerning the Nature of Aliments, 1753 , (J. Tonson, London), 3rd ed. pp 828.

Humbert JA, Hammond KB, Hathaway WE. Trimethylaminuria: the fish-odour syndrome, 1970, Lancet. Oct 10;2(7676):770-1.

Messenger J1, Clark S, Massick S, Bechtel M. A review of trimethylaminuria: fish odor syndrome,J Clin Aesthet Dermatol. 2013 Nov;6(11):45-8.

 

A Esxence 2017

E le mie divagazioni su me medesima, i profumi, la fiera e una community bellissima

Non sono mai stata molto brava a lavorare per compartimenti stagni, parte del senso che trovo nelle cose che faccio deriva proprio da questo rimestare e mescolare le attività e le ispirazioni più disparate, tessendo così il filo delle mie passioni: scienza e olfatto, teatro e danza (con e senza sperimentazioni olfattive), scrittura e, indovinate un po’? i profumi.

Questo per dirvi che questo mese a Esxence 2017 – fiera internazionale di profumeria artistica – le mie passioni saranno di nuovo mescolate: a Milano, domenica 26 marzo, alle 11.30, terrò una conferenza su olfatto e percezioni olfattive con un’attenzione particolare soprattutto alla psicologia dell’olfatto e delle nostre sensazioni olfattive. Perché sentiamo ciò che sentiamo?

logo

 

In laboratorio lavoro in mezzo a cavi, cacciaviti e bulloni; certo ci sono anche flaconi con soluzioni e diverse sostanze chimiche, e beh no, il camice bianco, per la verità, lo uso poco. Nei mei esperimenti cerco di capire come funzionano i neuroni di alcune parti del cervello, negli ultimi anni principalmente quelli coinvolti nel senso dell’olfatto. E quindi per farlo, e per studiarne l’attività elettrica – che è il modo in cui i neuroni si “esprimono” – mi servono appunto cavi e  aggeggi che a volte fanno pensare più di essere in un’officina che in un laboratorio così come spesso ce lo immaginiamo. A casa, invece, nella “stanza degli hobby” (sì abbiamo una stanza così, ma questa è un’altra storia), accanto ad altri utensili vari, “da officina” pure lì, ho un angoletto degli odori, dove mi diletto e mi esercito a conoscere e imparare a distinguere le materie prime usate in profumeria. Non che ancora mi riesca granché bene, ma mi piace, e mi permette di addentrarmi ancora di più in una passione che ho da quando ero bambina: gli odori, gli aromi, i profumi…

Una delle cose più affascinanti dell’olfatto è quella di essere sfuggente, sottilmente legato al contesto in cui ci troviamo e a ciò che “crediamo”  di sentire. Durante l’incontro vi parlerò di alcuni dei tranelli che a volte l’olfatto ci tende e del perché succede.

Ma c’è di più, sarò lì negli altri giorni della fiera per annusare e immergermi nei profumi di nicchia, un settore della profumeria moderna che va pian piano espandendosi e abbraccia una fetta sempre più ampia di pubblico: appassionati, cultori, ma anche persone che semplicemente amano i profumi e sono curiose e aperte alle novità e a prodotti diversi da quelli offerti da altri canali. Il tema della fiera quest’anno è “I giardini dell’Eden” richiamando come ispirazione quella di un giardino rigoglioso, lussureggiante, e ricco di note olfattive.

Nella fiera vengono esposti i principali marchi di nicchia (quest’anno saranno presenti 190 case madri), da quelli molto grandi a profumieri indipendenti, ed è un modo per venditori e addetti ai lavori di conoscere i nuovi lanci del mercato e nuove case. Inoltre, al sabato e alla domenica c’è l’apertura al pubblico per dare modo a chiunque di avvicinarsi a questo mondo, scoprire marchi nuovi e conoscere altri lati della profumeria.

Durante i giorni della fiera c’è poi un calendario di incontri e conferenze per addetti ai lavori e per il pubblico (nel fine settimana, l’ingresso è gratuito, bisogna solo registrarsi sul sito). Qui alcuni di quelli che mi sono segnata:

giovedì alle 13.00 Saskia Wilson-Brown, fondatrice del The Institute for Art and Olfaction (Los Angeles), annuncerà i finalisti del Art and olfaction awards; mentre alle 15.30 il Prof. Giuseppe Squillace, dell’Università della Calabria, presenterà il suo nuovo libro “I mestieri del lusso nel mondo antico: l’arte della profumeria”; venerdì alle 9:45 ci sarà il workshop con il naso profumiere Christophe Laudamiel: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation; sabato pomeriggio alle 15:00 lo scrittore di profumi Eddie Bulliqi terrà la conferenza Scent surprises: prepare to be shocked!, e alle 17:00 Wanda Benati, esperta di viaggi, terrà un incontro sui giardini e le piante da profumo in varie parti del mondo.

La mia conferenza invece, come dicevo, sarà domenica mattina alle 11:30.

Ci vediamo lì 🙂

Bonus

Durante queste mie incursioni condividerò impressioni e idee insieme al gruppo di Adjiumi. Che cos’è Adjiumi? La descrizione “da manuale” sarebbe forse quella di una community virtuale sul profumo, orbitante principalmente intorno all’omonimo forum, e con propaggini e pseudopodi su gruppi facebook dedicati a temi più specifici.

E ora vi dico cosa è davvero, raccontandovi la mia esperienza: da appassionata di profumi, mi sono iscritta al gruppo facebook, cosa che non faccio molto spesso devo dire. E forse anche per questo non ero molto preparata. Infatti, la prima sensazione/reazione è stata: dove sono capitata? Sembrava di stare al bar dove tutti si conoscono e tutti parlano, con modalità diverse perché siamo tutti diversi, degli argomenti più disparati; tutti però incentrati su un grande tema comune: la passione per i profumi. Il fatto è che secondo me più che un gruppo, è una tribù, bellissima e variopinta. E in questa tribù o ti ci butti e ti fai un po’ travolgere o non ci resisti – anche perché sennò che senso avrebbe? Ed è così che pian piano scopri e diventi parte di un tessuto in fermento: è un luogo umano, dove le persone si incontrano e scambiano informazioni utili, opinioni, consigli, esperienze; si riescono così a conoscere cose nuove sul mondo dei profumi, e persone aperte e disponibili come se ti conoscessero da chissà. La regola principe è solo quella delle buone maniere e dell’educazione – ché online come nella “vita reale” andrebbero applicate comunque. Per cui niente stramazzi e discussioni asciuganti e fini a se stesse, ma chiacchierate serene e una passione in comune. Che bello (qui potete leggere di più su come è nato il gruppo e chi l’ha fondato).

Posterò foto, e aggiornamenti su:

le pagine facebook de il senso perfetto (perfectsenseblog) e sulla pagina fb di Adjiumi

Sulle pagine Twitter mia e di Adjiumi

E Instagram #perfectsenseblog #Adjiumi #Esxence2017

We meet at Esxence 2017

Digressions about myself, perfumes and a passionate community

I have to say I was never good at keeping things separate: science, art, dance, theater, olfaction, perfumes… I like mixing, and I find meaning in bringing things together in order to get new inspirations. It turns out this brings me often merging different fields: the science of olfaction and the aesthetics, my practice in dance-theater and the olfactive-theater, my days in the lab, and the evenings sniffing raw materials at home, and the perfumes.

Thus, this month I am very happy to merge one more time my passions:  I will take part to Esxence 2017 – the international fair of artistic perfumery – in Milan, where on Sunday 26 I will give a talk about the sense of smell, psychology and odor perceptions.

The fair is a big event for niche perfumery, hosting this year 190 brands and several talks and events, with some during the weekend open for general public as well. During those days I will hang around, open to smell and discover new people and perfumes. Among the events Saskia Wilson-Brown will announce on Thursday 23 March, the finalist of the Art and Olfaction Awards; and on Friday morning, the nose Christophe Laudamiel will give the workshop: Ugly or beautiful: aesthetics in perfume creation.

My talk will be on Sunday, 26 March, 11:30 am

I’ll see you there!

Bonus

During my “perfumed – days” I will share my pictures and impression with the guys of Adjiumi – the passionate Italian tribe of perfume-lovers. You can follow us also on our socials 😉

Facebook

Twitter and Twitter- Adjiumi

and Instagram #perfectsenseblog #Adjiumi # Esxence2017

Save

Save

Al cinema col naso – Sniffing a movie

Dai primi bizzarri esperimenti ai film 4D – Capitolo I (Part I)

bambino-mela-700x350

Via Museo Interattivo del Cinema (MIC).

 

Il 2 dicembre sono stata ospite del Museo Interattivo del Cinema a Milano, dove è in corso una bella mostra su cinema e olfatto, con installazioni olfattive integrate alla proiezione di scene “profumate” di film famosi.

img_8600

Credit: perfectsenseblog

 

Durante l’incontro ho parlato di come funziona il nostro naso e del percorso percettivo che va dal momento in cui annusiamo qualcosa a quando nella nostra testa – perché è poi lì che in realtà si forma – si accende un odore. Ho poi cercato di ripercorrere il filo che lega i poteri dell’odore e le nostre capacità olfattive all’uso di aromi nel cinema e nelle nuove applicazioni tecnologiche.

Essere consapevoli di come funziona l’olfatto e dei suoi tranelli percettivi è un elemento secondo me molto importante se si vuole, per esempio, creare installazioni e performance usando gli odori. Infatti, oltre ad esserci numerose variabilità soggettive, fisiologiche e psicologiche, nella capacità di percepire un odore, c’è una serie di effetti “collaterali” e non sempre piacevoli in cui il pubblico può incorrere e di cui è bene tener conto: profumazioni troppo forti e persistenti che possono dare nausea e malditesta, fastidio, distrazione, aria satura, giusto per fare qualche esempio.

Questi sono alcuni degli inconvenienti con cui si trovano a fare i conti i pionieri del cinema olfattivo già un secolo fa. Il primo tentativo di usare odori al cinema risale al 1906, quando Samuel Rothafel durante la proiezione di Rose Parade nel suo teatro Forest City, in Pennsylvania, diffonde nella sala un profumo di rose con dei batuffoli di cotone imbevuti di essenza e messi davanti a un ventilatore. C’è poi qualche altro maldestro tentativo e, a partire dagli anni Quaranta, anche in reazione alla diffusione della televisione e all’esigenza di creare proiezioni più spettacolari e coinvolgenti, nascono nuove idee. Come quella, poi abbandonata perché troppo dispendiosa, di Walt Disney di profumare Fantasia, e quella del film Boom Town di Jack Conway, con Clark Gable caratterizzato dall’odore del suo tabacco, e Spencer  Tracy e il suo profumo distintivo di pino.

Gli esperimenti più interessanti si devono, negli anni Cinquanta, allo svizzero Hans Laube. Anni prima presenta a New York una macchina, di sua invenzione, capace di rilasciare fino a 32 odori diversi. Le autorità però sequestrano l’aggeggio sostenendo che negli Stati Uniti fosse già stato brevettato. L’invetore non si dà per vinto e nel 1959, insieme a Micheal Todd J, mette a punto lo Smell-O-Vision, un sistema per profumare le sale durante la proiezione dei film. Per la sua presentazione viene però battutto sul tempo da Charles Weiss che intanto ha progettatto un sistema simile, l’AromaRama, e lo usa durante la proiezione de “La muraglia cinese”, di Carlo Rizzani. Pubblico e critici non sono tuttavia molto entusiasti dell’esperienza e le recensioni stroncano l’esperimento. Il 21 dicembre 1959 si legge sul New York Times:

To begin with, most of the production’s 31 odors will probably seem phony, even to the average uneducated nose. A beautiful old pine grove in Peking, for instance, smells rather like a subway rest room on disinfectant day. Besides, the odors are strong enough to give a bloodhound a headache. What is more, the smells are not always removed as rapidly as the scene requires: at one point, the audience distinctly smells grass in the middle of the Gobi desert.

Solo un mese dopo, anche lo Smell-O-Vision fa il suo debutto con Scent of mistery, di Jack Cardiff. In questo caso circa trenta odori vengono rilasciati sotto ciascun sedile della sala da una serie di ventole. Il sistema permette un ricambio più rapido degli odori rispetto all’AromaRama in cui la profumazione viene dispersa nella sala attraverso il sistema di areazione, ma il pubblico rimane, anche questa volta, piuttosto perplesso.

 

Bisognerà aspettare gli anni Ottanta per nuove sperimentazioni, come in Poliester, dove il regista John Waters introduce l’Odorama, un sistema di carte che il pubblico “gratta-e-annusa” in momenti specifici del film per sentire l’odore associato a particolari scene.

Da questi primi esprimenti, bizzarri e creativi, la tecnologia è andata avanti, e nel frattempo anche il pubblico è cambiato, del come ne parliamo la prossima volta 🙂

Sniffing a movie (part I)

Last Friday I have been invited at the Interactive Film Museum (MIC) in Milan, where is currently running a nice exhibition about smell and movies. It has been a pleasure talking about the use of odors in the cinema with the director, Matteo Pavesi, and with the audience.

During my talk I tried to draw a line from the physiology of olfaction – how our nose works – to the use of smell in performing art, installations and cinema. Odor can induce strong reactions in the human body, catalyzing emotions and feelings, therefore it is important to use it consciously within a performance or a movie screen. The release and display system on the other hand have encountered more difficulties in their implementation because of different parameter not always easy to control: low resolution of quantity, limited spatial and temporal precision, interference, annoyance for the users. High odor concentrations and poor air conditioning systems could also negatively affect the audience causing nausea and headache. These were some of the main difficulties encountered in the first attempt to use odor to augment a multimedia experience.

One of the very first examples we find in a Pennsylvania film theater in 1906, where rose oil and an electric fan were used to make more engaging the screening of Rose Parade. In 1959 Behind the Great Wall was the first, and last, application of the AromaRama, a technology for combining smell and movie with scents dispersed through the air conditioning system. Critics and public where quite skeptic, and a review published on the New York Times on December 21, 1959, says:

To begin with, most of the production’s 31 odors will probably seem phony, even to the average uneducated nose. A beautiful old pine grove in Peking, for instance, smells rather like a subway rest room on disinfectant day. Besides, the odors are strong enough to give a bloodhound a headache. What is more, the smells are not always removed as rapidly as the scene requires: at one point, the audience distinctly smells grass in the middle of the Gobi desert.

In 1960 we have time-triggered cinema scenting installations as Hans E. Laube’s Smell-o-Vision, piping scents directly to the seat of each viewer, still the audience remains quite skeptic about. These first experiments were confronted with poor technologies at the very beginning of their developments. Arguably, with more sophisticated devices, today we can find a constant growing number of much more successful examples.

We talk about this and how it has developed next time 😉

 

Bonus

Il percorso espositivo al MIC è composto da un corridoio illustrativo che introduce il tema della mostra, e da tre cabine in ognuna delle quali vengono poriettate scene tratte da film e spot pubblicitari in cui gli odori sono in evidenza. Durante la proiezione, in corrisondenza delle scene olfattive salienti, un sistema sincronizzato con il film rilascia gli odori.

Il programma prevede anche una bella rassegna di film “a tema” fino al 6 gennaio 2017.

In the exhibition the screening setup consists of three booth/cabins with a monitor connected to an odor-release system. A selection of scenes from different movies is screened and coupled with odors.

#SmellWalkBookFair stories

Vi racconto come è andata

smellwalk-frankfurt1-2016

Credits: I. Hofmann

 

Durante gli smellwalks alla fiera del libro ho raccolto numerose storie, aneddoti e riflessioni sugli odori da parte dei partecipanti e di chi si imbatteva in noi “smellwalkers” e, incuriosito, prima chiedeva cosa esattamente stessimo facendo, poi iniziava a raccontarmi le proprie storie. Perché alla fine l’olfatto fa proprio questo, stana storie e impressioni che se ne stanno accovacciate nei recessi della nostra memoria, pronte a mettersi in moto al primo sniffo.

Come S. e la sua ragazza che aveva inizato a sentire l’odore dell’autunno già ai primi di settembre, ma lui non ci credeva. Poi, dopo un paio di giorni, tornando a casa in bici le sue narici vengono colte da una strana sensazione: i primi odori autunnali. E lui che se lei non glielo avesse detto se li sarebbe persi.

Oppure il Signor H. che proprio quel mattino aveva fatto una sorpresa di compleanno alla moglie facendole trovare un profumo che lei aveva amato molto, ma che non è più in produzione; dopo aver girato un sacco di profumerie era riuscito finalmente a scovare un ultimo flacone, per lei.

E poi D. che certi odori di detergente, usati spesso negli spazi pubblici, proprio non li sopporta; e L. che annusando la copertina di un quaderno fatto con materiali naturali ci ritrova un odore di paglia e fieno, e subito pensa al suo porcellino d’india; e S. che riconosce tra una pieghetta della tenda in un allestimento l’odore di un ammormidente conosciuto; e M. che di mestiere fa la guida turistica e ora vuole aggiungere delle digressioni olfattive ai propi tour; e F. che se ne esce dicendo “tutti almeno una volta nella vita dovremmo annusare lo spazio intorno a noi come fanno i cani”.

smellwalk-frankfurt-6b-2016

smellwalk-frankfurt-2-2016

smellwalk-frankfurt-4-2016

Credits: perfectsenseblog

Durante le passeggiate olfattive i partecipanti annotavano su una scheda di valutazione tutti gli odori trovati, il posto in cui erano stati annusati, il grado di intensità, durata, piacevolezza o disgusto, ed eventuali sensazioni e ricordi evocati. Nonostante questa fosse una versione un po’ “compressa” e più breve delle camminate olfattive che si fanno in strada, durante il percorso nella fiera abbiamo raccolto numerosi odori, alcuni un po’ più scontati, altri decisamente non ovvi, che ci danno comunque un’impressione piuttosto precisa di cosa fosse la fiera “a naso”: carta appena stampata, odore di libro, odore di volantino patinato, tappeto, mentine, polvere, colonia da uomo, inchiostro, vernice, caffè, fumo di sigarette, spezie, fiori secchi, detergente per il pavimento, ammorbidente, incenso, pattumiera, cioccolato, cartone, plastica, sudore, salmone affumicato, waffle, camicia/tessuto sintetico (sudato), patatine fritte, salcicce, sabbia, pioggia, sacco di juta, arancia, legno, fiori freschi, canfora, mele, scale mobili, cloro, zenzero, pepe nero, candele, buccia di banana, bar-bistrot, fogliame (la lista riprende in ordine sparso i principali odori descritti dai partecipanti, il più delle volte l’odore viene descritto/nominato riferendosi alla sua sorgente).

L’odore dell’aria, inteso come odore di background dell’ambiente, cambiava a seconda del padiglione della fiera, presumibilmente in base alle dimensioni dello spazio, il sistema di areazione e il numero di persone presenti, e in base a specifici espositori – nell’area gourmet dove si svolgevano anche assaggi e dimostrazioni di cucina ovviamente l’elemento “cibo” era preponderante. Naturalmente anche il momento del giorno influiva: al mattino erano spiccati i profumi e le acque di colonia indossati dai visitatori (soprattutto uomini), mentre nel primo pomeriggio – quando comunque c’era più gente – gli odori di cibo e magliette sudate erano preponderanti. Il fatto che in uno dei due giorni degli smellwalks avesse piovuto ha pure influenzato il tipo di odori percepiti nello spazio esterno. Il vento portava gli odori dei chioschi di cibo in direzioni precise per cui non si sentivano ovunque allo stesso modo, il suolo bagnato emetteva odori più acri e un po’ metallici, mentre col sole era più facile sentire l’odore di cloro salire da una fontana, e quelli di alcune aiuole.

Pur essendo questa una volutazione puramente qualitativa e non esaustiva né di tutti gli spazi della fiera, né tutti i giorni, è interessante osservare quante informazioni è stato comunque possibile raccogliere. Gli stessi partecipanti hanno potuto cogliere aspetti inediti della fiera e notare stand a aree comuni che altrimenti avrebbero ignorato. Di fatto durante gli smellwalks l’invito è proprio quello di “calarsi” completamente nello spazio intorno, esplorandolo attivamente e cogliendone impressioni e suggestioni al ritmo del proprio respiro e della propria curiosità: ci si “sporca” ed espone mettendo il naso letteralmente dappertutto, ed è proprio da questo cercare apparentemente “senza scopo” che alla fine si scoprono un sacco di cose su posti, persone, e alla fine anche su noi stessi, perché l’atto di annusare è per sua natura intimo e un po’ introversivo, ci fa rallentare…

 

 #SmellWalkBookFair stories

 

During the smellwalks at the book fair I collected many stories and impressions from participants and people who were first asking what the hell we were doing and, after my explanation, they were telling their own smell-related experiences. It was interesting and inspiring, and it was fun.

Like S. and his girlfriend: she started to smell the upcoming autumn already at the beginning of September; he was not believing that, he said it was a laugh; but a couple of day after, going home with his bicycle, he suddenly got a strange whiff into his nose. She was right, the scent of autumn was there.

Or like Mr. H. who did a romantic surprise to his wife on that morning: he found for her the very last bottle of her favorite perfume, which is discontinued and not available anymore.

Or like D. who does not like the smell of detergents used to clean public spaces; and L. who found a book-cover made out of natural materials which smelled like straw and hay, and she recalled the smell of her hamster; and M. who works as a city-guide and now he wants to add some “olfactory impressions” to his tours; and F. who ended up saying: ”anyone should try at least ones in his life to smell around pretending to be a dog”.

During our smellwalks participants had a technical sheet to take notes of all the encountered smells, the degrees of pleasantness, intensity, duration and evoked memories and feelings. Out of all recorded notes I can list some findings: fresh paper, books, glossy flyer, mint candy, dust, eau de cologne for man, ink, coffee, smoke of cigarettes, incense, flowers, detergents, smoked salmon, washing powder, used shirts, fire, box and cardboard, apple, waffle, jute, ginger, chocolate, plant leaves, chlorine, sausages, fries, candles, bistro, carpet, garbage, wood, banana peel, stairway, rain. Though it was an adapted version of “traditional” smellwalks, and we made only some qualitative – yet subjective – estimation, we could catch a general sensory impression about at least some of the spaces within the fair, and some of the habits of visitors and guests. The general quality of the air inside the pavilions was affected mainly from the air conditioning, the number of visitant, and the presence of specific expositors: the gourmet corner, for examples, with all the tasting-sessions and cooking-show was of course rich of food-related flavors. During the morning man-perfumes were very common, whilst in the afternoon sweaty shirts and food were preponderant. Participants could also experience corners and boots which would have been otherwise ignored, and they express surprise for getting so many information and feelings just using their nose.

Smellwalks invite people to get a bit “dirty” and curious using their own nose to explore and feel the environment; we get insights doing something apparently pointless or even weird, we search without looking for something particular, we listen with our nose, and we end up discovering a lot about the surrounding, and learning about ourselves. Olfaction is an intimate sense; it invites to slow down…