Esce il 4 novembre, ma potete già preordinarlo online

Esce il 4 novembre, ma potete già preordinarlo online
Rompo finalmente questo lungo silenzio per qualche breve annuncio. Chi mi segue anche sui social saprà che soprattutto nell’ultimo anno ho spostato buona parte della mia attività divulgativa online sui social e su Instagram in particolare. È stata una scelta guidata da esigenze pratiche e di immediatezza comunicativa.
Scrivere qui però mi mancava e avevo d’altra parte bisogno di riorganizzare le mie attività, i nuovi progetti e le diverse anime di ciò che faccio, dalla scrittura e divulgazione scientifica alle performance artistiche e di arte olfattiva.
Vi annuncio quindi che molto presto tornerò con una nuova veste e un nuovo sito.
Questo posto rimarrà comunque, come deposito vintage delle precedenti storie olfattive, e perché sono un tipo nostalgico a cui piace conservare e preservare i ricordi.
In compenso troverete presto una nuovo luogo virtuale in cui potrete seguire ciò che faccio, ci sarà un nuovo blog, perché penso che alcuni argomenti meritino ancora di essere approfonditi con la scrittura, sezioni sulle attività di scienza e divulgazione, altre sui progetti artistici e una pagina dedicata all’anosmia e alle alterazioni dell’olfatto.
Ci sarà anche qualche altra sorpresa e… un nuovo libro in arrivo. Ecco l’ho detto.
Vi lascerò i nuovi riferimenti appena è tutto pronto, spero vi piacerà, io vi aspetto… #AnariciSpalancate
È Fuori. Il libro Designing with smell – Practices, Techniques and Challenges edito da Victoria Henshaw, Kate McLean, Dominic Medway, Chris Perkins, Gary Warnaby per Routledge è uscito, finalmente libero di andare con le proprie gambe, o sarebbe il caso di dire, di librarsi in volo e diffondersi come un odore ricco ed evocativo.
È stato un lavoro lungo e collettivo al quale ho avuto l’onore di partecipare e che ha messo insieme esperti di diverse discipline dell’arte, della ricerca scientifica e umanistica, tutti accomunati da un interesse specifico per l’olfatto e dal lovoro con odori e profumi, con i sensi e l’arte. Vi elenco qui di seguito le parti in cui è diviso il libro giusto per stuzzicarvi (di sotto nella sezione in inglese trovate l’abstract):
Part I Olfactory Art
Part II Representing Smell
Part III Smellscape Design and Monitoring
Part IV Retail, Scent and Service Design
Part V Smell Learning Environments
Part VI Historic and Theatrical Smellscapes
Part VII Smell Capture, Distillation and Diffusion
Il mio contributo come vi dicevo è sull’uso di odori in ambito teatrale e performativo. Insomma è andata così, lavorando sulla fisiologia dell’olfatto da un lato, continuando con i training e la pratica di teatrodanza dall’altro, a un certo punto semplicemente è successo. Non potevo evitarlo: le cose si sono incrociate. Leggevo e cercavo (e questa pratica continua) di approfondire gli studi di neuroscenze applicati alle arti, la neuroestetica, le scienze cognitive applicate alle arti performative – danza e teatro principalmente – e a un certo punto mi sono chiesta cosa ne fosse in tutto ciò del senso dell’olfatto. Certo è un senso difficile da controllare, sfuggente, ma questo è sufficiente a far sì venga ignorato? Nessuno si era preso la briga di mettere in scena un odore? Non dico una “puzza”, ma almeno un “profumo”? La mia ignoranza sulla questione andava colmata e nel frattempo avevo bisogno di provare da me. A usare gli odori in scena e durante il traning dico. A capire come fare e come non cascare subito nelle trappole di un senso così viscerale e profondo. Come è andata?
Nel mio contributo in questo libro c’è in qualche modo l’inizio di questa storia, con una panoramica sull’olfatto e l’uso di odori in scena e la presentazione di alcuni “casi”, performance e pezzi teatrali, e racconto anche dello studio iniziale di una mia performance di teatro danza con gli odori. Del resto vi darò presto altre notizie 😉
I am very happy to announce the long waited book on smell and design is finally out! It has been a long way, with many contributors coming from different disciplines and a common interest on smell, art and design, and I am honored to be on of them.
The book, which was initiated by the late Victoria Henshaw, was continued in her memory by Kate McLean, Dominic Medway, Chris Perkins, and Gary Warnaby as editors, and it is published by Routledge:
Designing with Smell aims to inspire readers to actively consider smell in their work through the inclusion of case studies from around the world, highlighting the current use of smell in different cutting-edge design and artistic practices. This book provides practical guidance regarding different equipment, techniques, stages and challenges which might be encountered as part of this process.
Throughout the text there is an emphasis on spatial design in numerous forms and interpretations – in the street, the studio, the theatre or exhibition space, as well as the representation of spatial relationships with smell. Contributions, originate across different geographical areas, academic disciplines and professions. This is crucial reading for students, academics and practitioners working in olfactory design.
The book includes my contribution on smell and theater, with some case-studies including the work in progress of my performance Duft- metamorphosis, a dance-theater piece with odors.
Imagine being in a theater watching a piece or a choreography. Focus on the gesture of the actors, on the expressions of their faces, you can feel them. Actually, you can smell them. Would be this disturbing? Fascinating? Could be the meaning/interpretation of the performance influenced? In this chapter I analyze the use of the odors, i.e. the odor perception, in the performative space: how the smell can be included in the space of the spectator and the actor and, how it modifies the communication between them and their experience. The olfaction has the unique feature to be directly connected with the deep and old part of the brain, the so-called “reptilian brain”. The regions that process odor-information, emotions and memory are in part overlapped. What does this mean for the performative arts? In this work I am going to explore these questions analyzing as case-study different uses of the smell in space.
Vi racconto come è andata
Credits: I. Hofmann
Durante gli smellwalks alla fiera del libro ho raccolto numerose storie, aneddoti e riflessioni sugli odori da parte dei partecipanti e di chi si imbatteva in noi “smellwalkers” e, incuriosito, prima chiedeva cosa esattamente stessimo facendo, poi iniziava a raccontarmi le proprie storie. Perché alla fine l’olfatto fa proprio questo, stana storie e impressioni che se ne stanno accovacciate nei recessi della nostra memoria, pronte a mettersi in moto al primo sniffo.
Come S. e la sua ragazza che aveva inizato a sentire l’odore dell’autunno già ai primi di settembre, ma lui non ci credeva. Poi, dopo un paio di giorni, tornando a casa in bici le sue narici vengono colte da una strana sensazione: i primi odori autunnali. E lui che se lei non glielo avesse detto se li sarebbe persi.
Oppure il Signor H. che proprio quel mattino aveva fatto una sorpresa di compleanno alla moglie facendole trovare un profumo che lei aveva amato molto, ma che non è più in produzione; dopo aver girato un sacco di profumerie era riuscito finalmente a scovare un ultimo flacone, per lei.
E poi D. che certi odori di detergente, usati spesso negli spazi pubblici, proprio non li sopporta; e L. che annusando la copertina di un quaderno fatto con materiali naturali ci ritrova un odore di paglia e fieno, e subito pensa al suo porcellino d’india; e S. che riconosce tra una pieghetta della tenda in un allestimento l’odore di un ammormidente conosciuto; e M. che di mestiere fa la guida turistica e ora vuole aggiungere delle digressioni olfattive ai propi tour; e F. che se ne esce dicendo “tutti almeno una volta nella vita dovremmo annusare lo spazio intorno a noi come fanno i cani”.
Credits: perfectsenseblog
Durante le passeggiate olfattive i partecipanti annotavano su una scheda di valutazione tutti gli odori trovati, il posto in cui erano stati annusati, il grado di intensità, durata, piacevolezza o disgusto, ed eventuali sensazioni e ricordi evocati. Nonostante questa fosse una versione un po’ “compressa” e più breve delle camminate olfattive che si fanno in strada, durante il percorso nella fiera abbiamo raccolto numerosi odori, alcuni un po’ più scontati, altri decisamente non ovvi, che ci danno comunque un’impressione piuttosto precisa di cosa fosse la fiera “a naso”: carta appena stampata, odore di libro, odore di volantino patinato, tappeto, mentine, polvere, colonia da uomo, inchiostro, vernice, caffè, fumo di sigarette, spezie, fiori secchi, detergente per il pavimento, ammorbidente, incenso, pattumiera, cioccolato, cartone, plastica, sudore, salmone affumicato, waffle, camicia/tessuto sintetico (sudato), patatine fritte, salcicce, sabbia, pioggia, sacco di juta, arancia, legno, fiori freschi, canfora, mele, scale mobili, cloro, zenzero, pepe nero, candele, buccia di banana, bar-bistrot, fogliame (la lista riprende in ordine sparso i principali odori descritti dai partecipanti, il più delle volte l’odore viene descritto/nominato riferendosi alla sua sorgente).
L’odore dell’aria, inteso come odore di background dell’ambiente, cambiava a seconda del padiglione della fiera, presumibilmente in base alle dimensioni dello spazio, il sistema di areazione e il numero di persone presenti, e in base a specifici espositori – nell’area gourmet dove si svolgevano anche assaggi e dimostrazioni di cucina ovviamente l’elemento “cibo” era preponderante. Naturalmente anche il momento del giorno influiva: al mattino erano spiccati i profumi e le acque di colonia indossati dai visitatori (soprattutto uomini), mentre nel primo pomeriggio – quando comunque c’era più gente – gli odori di cibo e magliette sudate erano preponderanti. Il fatto che in uno dei due giorni degli smellwalks avesse piovuto ha pure influenzato il tipo di odori percepiti nello spazio esterno. Il vento portava gli odori dei chioschi di cibo in direzioni precise per cui non si sentivano ovunque allo stesso modo, il suolo bagnato emetteva odori più acri e un po’ metallici, mentre col sole era più facile sentire l’odore di cloro salire da una fontana, e quelli di alcune aiuole.
Pur essendo questa una volutazione puramente qualitativa e non esaustiva né di tutti gli spazi della fiera, né tutti i giorni, è interessante osservare quante informazioni è stato comunque possibile raccogliere. Gli stessi partecipanti hanno potuto cogliere aspetti inediti della fiera e notare stand a aree comuni che altrimenti avrebbero ignorato. Di fatto durante gli smellwalks l’invito è proprio quello di “calarsi” completamente nello spazio intorno, esplorandolo attivamente e cogliendone impressioni e suggestioni al ritmo del proprio respiro e della propria curiosità: ci si “sporca” ed espone mettendo il naso letteralmente dappertutto, ed è proprio da questo cercare apparentemente “senza scopo” che alla fine si scoprono un sacco di cose su posti, persone, e alla fine anche su noi stessi, perché l’atto di annusare è per sua natura intimo e un po’ introversivo, ci fa rallentare…
During the smellwalks at the book fair I collected many stories and impressions from participants and people who were first asking what the hell we were doing and, after my explanation, they were telling their own smell-related experiences. It was interesting and inspiring, and it was fun.
Like S. and his girlfriend: she started to smell the upcoming autumn already at the beginning of September; he was not believing that, he said it was a laugh; but a couple of day after, going home with his bicycle, he suddenly got a strange whiff into his nose. She was right, the scent of autumn was there.
Or like Mr. H. who did a romantic surprise to his wife on that morning: he found for her the very last bottle of her favorite perfume, which is discontinued and not available anymore.
Or like D. who does not like the smell of detergents used to clean public spaces; and L. who found a book-cover made out of natural materials which smelled like straw and hay, and she recalled the smell of her hamster; and M. who works as a city-guide and now he wants to add some “olfactory impressions” to his tours; and F. who ended up saying: ”anyone should try at least ones in his life to smell around pretending to be a dog”.
During our smellwalks participants had a technical sheet to take notes of all the encountered smells, the degrees of pleasantness, intensity, duration and evoked memories and feelings. Out of all recorded notes I can list some findings: fresh paper, books, glossy flyer, mint candy, dust, eau de cologne for man, ink, coffee, smoke of cigarettes, incense, flowers, detergents, smoked salmon, washing powder, used shirts, fire, box and cardboard, apple, waffle, jute, ginger, chocolate, plant leaves, chlorine, sausages, fries, candles, bistro, carpet, garbage, wood, banana peel, stairway, rain. Though it was an adapted version of “traditional” smellwalks, and we made only some qualitative – yet subjective – estimation, we could catch a general sensory impression about at least some of the spaces within the fair, and some of the habits of visitors and guests. The general quality of the air inside the pavilions was affected mainly from the air conditioning, the number of visitant, and the presence of specific expositors: the gourmet corner, for examples, with all the tasting-sessions and cooking-show was of course rich of food-related flavors. During the morning man-perfumes were very common, whilst in the afternoon sweaty shirts and food were preponderant. Participants could also experience corners and boots which would have been otherwise ignored, and they express surprise for getting so many information and feelings just using their nose.
Smellwalks invite people to get a bit “dirty” and curious using their own nose to explore and feel the environment; we get insights doing something apparently pointless or even weird, we search without looking for something particular, we listen with our nose, and we end up discovering a lot about the surrounding, and learning about ourselves. Olfaction is an intimate sense; it invites to slow down…
Annusando la fiera del libro
Sì avete capito bene, quest’anno alla Fiera Internazionale del libro di Francoforte, dal 19 al 23 ottobre, ci faremo delle grandi sniffate passeggiate odorose tra i padiglioni espositivi. 😀
Si tratta di un progetto promosso dal Museum Angewandte Kunst (museo di arti applicate) di Francoforte dedicato a olfatto, arte e comunicazione, e nato dall’entusiasmo di Matthias Wagner, direttore del museo, e Martin Hegel, capo del settore comunicazione e marketing. Insieme hanno curato il libro Für den tieferen Sinn – Duft als medium in Kunst, Design und Kommunication ([Per] il senso più profondo, l’odore come medium in arte, design a comunicazione), edito da Spielbein Publishers, che raccoglie contributi di scienziati, artisti (Peter de Cupere, per citarne uno) ed esperti di comunicazione, in un libro di arte e cultura dell’olfatto. E c’è anche un mio contributo con un capitolo su olfatto, new media e tecnologia, ve ne parlerò a breve in modo più dettagliato.
Il libro sarà presentato il 20 ottobre alla fiera del libro, e per l’occasione ci sarà una performance dell’artista Clara Ursitti, mentre io terrò delle passeggiate olfattive – smellwalks -all’interno della fiera. (Sì sono un po’ emozionata eh eh).
Per questi smellwalks mi sono ovviamente ispirata al lovoro di Victoria Henshaw, che ne è stata pioniera, e il cui libro Urban smellscapes raccoglie buona parte delle sue ricerche su odori e design urbano. Lo studio indaga come gli odori della città influiscono sulla qualità e la vivibilità della città stessa e come il design urbano, inclusi presenza/assenza di spazi verdi, smog, inquinamento, ristoranti, chioschi di cibi etnici, e così via, contribuiscono a definire l’identità dei posti in cui viviamo. Gli smellwalks sono anche un modo per avvicinare le persone al posto in cui vivono usando uno dei nostri sensi più profondi, l’olfatto. Durante queste passeggiate olfattive, lungo un percorso di pochi chilometri attraverso la città, i partecipanti sono invitati a rallentare e annusare intorno, esplorare col naso il pezzo di starda che magari percorrono ogni mattina di corsa per andare a prendere l’autobus o la metropolitana. È un invito a rallentare e riflettere su ciò che ci sta attorno, scoprire nuovi aspetti del posto in cui viviamo e diventarne più consapevoli: durante le passeggiate si registrano le puzze e i fetori che arrivano per esempio dalla sporcizia e dalle cacche lasciate sui marciapiedi; lo smog emesso dalle auto; il profumo di un’aiuola in fiore; l’aroma che esce da una panetteria; gli odori delle persone che ci passano accanto. Inoltre capire come gli odori emessi da specifiche aree e attività umane influiscono sul panorama urbano può dare informazioni utili a chi gli spazi urbani li progetta e costruisce.
Il percorso che proporrò la prossima settimana sarà una versione mignon di queste passeggiate, nello spazio della fiera. Un pretesto per avvicinare le persone al nostro senso piu intimo e selvaggio.
Per l’evento seguite l’hashtag #smellwalkbookfair con il quale pubblicheremo via Instagram e Twitter and Facebook le tappe del nostro percorso olfattivo.
Il programma completo:
This year at the International book fair of Frankfurt we are going to unleash our nose.
I am pleased to taking part in a project promoted by the Museum Angewandte Kunst (Museum of applied arts) here in Frankfurt on olfaction, art and communication, which has been developed by the director Matthias Wagner and Martin Hegel, head of communication design. They just edited the book Für den tieferen Sinn – Duft als medium in Kunst, Design und Kommunication (For the Deeper Sense. Scent as Media in Art, Design and Communications) for Spielbein Publishers, which will be presented at the book fair next week. Contributions from scientists, artists and communication experts converge in an art-book centered on scent and its communication power. I am thrilled of being part of the contributors with a chapter about smell in new media and technologies (I will give you further details soon 😉 ). As collateral events of the book release, there will be a performance from the fabulous artist Clara Ursitti, and I will lead some smellwalks through the fair-pavillons.
The idea of smellwalks comes directly from the work of Victoria Henshaw, who was the pioneer. You will find in her book Urban smellscapes main part of her studies on smell and urban design.
People encounter odor wherever they go, they get feelings and information from other people they meet, shops they pass by, street they walk through. They do not often pay enough attention to it, but smell is still there, as a presence in the background.
Now, imaging a tour in a city: Walking around a railway station or in the underground you can easily encounter urine exhalations from a hidden corner, or the scent trail of a strong eau de cologne from a stranger; down in the market street you may pass by a stand where hot sausages have just reached the right cooking point, while few feet behind it a remarkable vanilla aroma signs the presence of warm sugary waffles, fresh apple juice expands around from a neighbor stand; you go on and you pass along a grass bed, your nose get trapped in a misty cloud which smells like a wet dog. Keep walking, go along the river, can you smell it? How does it feel like?
The smellscape of a city can tell a lot about citizen and their habits, smog and exhausts can affect the quality of the city air; district food area have usually characteristic odor as well and they can also affect the general perception of the city as a lively and colorful –“smellful” -place or as a stinky and “fatty” site; the presence of green area can on the other hand increase the feeling of being in a pleasant and clean environment.
During last years the number of architects, designer and artists interested in urban smellscapes has raised with a new attention in designing urban area taking into account odors, and their sources. City smell can impact on general perception, arousing several psychological and physiological reactions on people, generating delight or disgust. Several projects around the world have already realized smell maps of cities like New York, Singapore, Barcelona, London, Paris, Shanghai, Edinburg, just to mention a few. During such investigation usually normal people are engaged in smellwolks through the cities with the double objective of awakening their sense of smell and their feelings and perception on the city they live in. Sharing experiences and practices represent a key part of these projects, for which website with smell maps are constantly updated. Moreover, people start to listen to the city in a different way, they communicate with the city, and they smell it.
In a walk through the exhibition space during the book fair, I will invite participants to pay full attention to their sense of smell, in a revised version of the traditional city-smellwalks. You can follow #smellwalkbookfair on Instagram and Twitter and Facebook for our sensory map during the fair. I’ll see you there.
Full program #smellwalkbookfair
Ovvero la nascita del Currywurst
Ketchup e curry. Combinazione speziata e improbabile da leccarsi i baffi in varie gradazioni, a seconda della piccantezza, dopo essersi arroventati per bene la lingua addentando un croccante wurstel. La pace dei berlinesi, di cui il currywurst è simbolo. E ovviamente c’è un museo dedicato. Che, ovviamente, ho visitato 😀
Credit:perfectsenseblog.
Foto scattata al Currywurst museum, Berlino. Credit: perfectsenseblog
È una storia interessante perché si accompagna alla ripresa del secondo dopoguerra e segna il filo che ha portato ai primi chioschi, per non dire fast-food.
Siamo nel 1949 quando l’intraprendente Herta Heuwer, nata a Koenigsberg, Prussia, nel 1913, compra per 35 marchi un vecchio minivan e lo converte con l’aiuto di marito e cognato in un chiosco mobile. Si piazza nel centro del settore britannico, all’incrocio tra Kantstrasse e Kaiser-Friedrichstrasse nel quartiere Charlottenburg, e inizia a vendere wurstel e salcicce. Poco tempo dopo ne apre un secondo e inaugura un’attività redditizia che conduce direttamente fino al 1974 quando è costretta a delegare per motivi di salute.
Secondo i racconti ufficiali (riportati dal Currywurst Museum), il 4 settembre 1949 la laboriosa Herta Heuwer sta trafficando con la salsa ketchup e le spezie a sua disposizione. È un periodo di ristrettezze in cui è difficile comprare a buon mercato la maggiorparte dei prodotti di comune consumo. Nell’intento di trovare verisoni economiche, ma gustose, dei condimenti per le salcicce si fa prendere un po’ la mano e arriva a mescolare una decina di spezie unendole al ketchup e assaggiando di tanto per testare il risultato. Il giorno dopo Herta aggiunge la nuova salsa alle sue salcicce fumanti e le serve ai propri clienti. Sono nati i primi currywurst della storia.
Foto scattata al Currywurstmuseum, Berlino. Credit: perfectsenseblog
Giust per darvi un assaggio… Foto scattata al Currywurstmuseum, Berlino. Credit:perfectsenseblog.
Il currywurst è un successo immediato, diventa popolare tanto che nel 1959 la salsa “Chilliup” (da “chilli-ketchup”) viene registrata all’ufficio brevetti di Monaco col numero 721319. Una curiosità che avvolge il personaggio di Herta è l’ostinazione con cui per anni si rifiuta di rivelare la ricetta originale, tanto che nel 1987 dopo la morte del marito distrugge tutta la documentazione della sua ricetta. Anche per questo verrà invitata in diversi programmi televisivi tra i quali quello del presentatore Harald Schmidt che le conferisce il premio “first-class secret-keeper”.
Foto scattata al Currywurstmuseum, Berlino. Credit: perfectsenseblog
Herta muore a Berlino il 3 luglio 1999 e nel 2003 all’incrocio della KantStrasse 101 viene apposta una targa commemorativa: Ihre Idee ist Tradition und ewiger Genuss” (“la sua invenzione è tradizione e delizia eterna”).
Una delle versioni attuali, eh eh…
Bonus
La leggenda di Amburgo…
Come spesso accade con cibi e tradizioni anche la nascita del currywurst è avvolta da un alone di incertezza e mito. Lo scrittore Uwe Timm traccia “il precedente” portandoci ad Amburgo, sua città natale e luogo in cui ricorda di aver mangiato da bambino il suo primo currywurst, prima della sua nascita ufficiale. Dalla sua ricerca a ritroso nel tempo nasce il romanzo (di cui c’è anche la versione comics) “The invention of curried sausage” parla della Germania alla fine del nazismo, e nel dopoguerra, e della storia d’amore tra Lena Brucker – inventrice del currywurst – e il disertore ufficiale di marina Hermann Bremer. Vicende di guerra e di spionaggio con finale al curry 😀
Letture sfiziose per esplorare i nostri sensi con un tuffo nella botanica e sorpresa finale
Questa volta vi propongo letture per esplorare olfatto e gusto, ma anche per conoscere qualcosa in più di cosa mettiamo nei piatti e diventare un po’ più consapevoli di ciò che acquistiamo e mangiamo.
Quest’anno mi sento poi particolarmente ispirata dalla botanica e ho deciso di condividere qui con voi queste mie divagazioni 🙂
Prendetevi una pausa che comiciamo:
In base a cosa preferiamo un cibo o un altro? Perché non a tutti piacciono gli stessi alimenti – tipo la carne di squalo andata a male che per gli islandesi è una leccornia? Dall’analisi sensoriale dei cibi, alla psicologia e antropologia del gusto per esplorare un senso voluttuoso e affascinante.
Un’indagine sul campo, raccogliendo anche le testimonianze di ricercatori e agricoltori, per capire meglio cosa mangiamo e cosa c’è nei nostri allevamenti e coltivazioni. Gli autori ci spiegano in modo comprensibile il significato di termini scientifici spesso poco chiari e ci aiutano a muoverci con più consapevolezza nella selva di OGM e coltivazioni “naturali e biologiche”. Da leggere.
Qui ci muoviamo invece nel regno della bellezza e cerchiamo di capire se e come alcuni principi attivi contenuti in frutta e verdura possono essere usati a scopo cosmetico, al di là dei falsi proclami di un certo tipo di marketing.
Dall’omonimo blog un libro per scoprire strategie di sopravvivenza e adattamento delle piante, utili anche all’uomo. La biomimetica si occupa proprio di questo: imitare la natura con innovazioni sostenibili. Una chicca davvero.
E ora vi parlo dell’ultimo romanzo che ho letto
Trasuda il rigoglio di fronde verdi a soffici muschi tanto che vi sembrerà di toccarli mentre leggete e non resisterete alla voglia di farvi un erbario vostro o almeno di correre nel primo parco o giardino vicino a voi e semplicemente godervi gli alberi, l’erba, il terreno, anche in questa stagione. Non fatevi depistare dal fatto che l’autrice è la stessa di “Mangia, Prega, ama” e qualcuno potrebbe storcere il naso. Per questo libro l’autrice si è ispirata al lavoro del briologo (la briologia è una branca della botanica che studia i muschi) Robin Wall Kimmerer e al suo libro “Gathering Moss: a Natural and cultural History of Mosses”. Di fatto tutte le vicende del libro è come se fossero distese su un tappeto di muschi, c’è l’eleganza delle orchidee dipinte da uno dei protagonisti, la lentezza e il respiro profondo delle piante. I muschi in particolare crescono lenti lenti e il lavoro scientifico di ricerca e osservazione della protagonista segue gli stessi tempi, riflessi anche nelle sue vicende personali. Una cosa devo dire sull’edizione italiana, almeno nella copertina – la traduzione non saprei perché l’ho letto in inglese – non c’entra proprio niente col libro, è bella, ma non c’entra, anzi lo manda su un binario sbagliato promettendo, secondo me, la classica storia di donna sensuale e ribelle vissuta a metà Ottocento ben lontana dallo spirito del libro. Peccato. Anche confrontando le copertine dell’edizione italiana con quella in inglese o in tedesco per dire, ve ne accorgerete.
La mia edizione mi colpì proprio per la copertina e per le bellissime stampe botaniche presenti anche all’interno, con una carta tra l’altro che richiama un po’ i libri antichi (voglio dire, di sti tempi se un romanzo lo compro di carta almeno che ne valga la pena e sia bello!). Ad ogni modo, il libro parla di Alma Wittacker, botanica autodidatta dalla cultura immensa e l’intelligenza viva, nata nel 1800 e cresciuta nella famiglia più facoltosa di Filadelfia. La vicenda si sviluppa come una bambola russa facendoci conoscere prima le vicende del padre di Alma e come da umili origini, dopo viaggi e spedizioni botaniche negli angoli più esotici del pianeta, costruisce in modo spregiudicato una fortuna. Conosciamo poi Alma bambina, che a dieci anni sa già il latino, il greco e parla correntemente inglese, olandese (lingua materna) e francese. La seguiamo nelle sue esplorazioni nelle serre del padre e nei suoi studi. E poi la vediamo crescere, mentre pubblica articoli di botanica su riviste scientifiche dell’epoca, prende le redini dei commerci paterni e nel frattempo scopre la sensualità del proprio corpo e spera di trovare un uomo che la ami, e ne apprezzi non solo l’ intelligenza ma anche il corpo, non proprio in accordo con i canoni di bellezza. Ma qual’è l’anima di tutte le cose, e il loro segno? Beh, non vi dico altro, dovete scoprirlo voi. È un libro che vi farà venir voglia di camminare a piedi nudi nell’erba, anche sotto la pioggia.
6. Per i nerd della botanica due cose bellissime:
Bonus
Colgo il momento di letture odorose e ispiratrici per presentarvi Smell Magazine, la rivista di arte e cultura olfattiva appena nata dalla mente – e dal naso – mi verrebbe da dire di Francesca Faruolo con il gruppo di Smell Festival. Il primo numero – “Performing Scents” – è dedicato al tema 2015 del festival. Tra i vari interventi quello sulla suggestiva installazione odorosa Mellifero#1 di Dacia Manto – ispirata ai fiori e alle api, per restare in tema botanico.
E siccome ho avuto il piacere di pertecipare all’edizione Smell Festival di quest’anno con la mia performance olfattiva “Duft, metamorfosi olfattiva di un gesto danzato”, ci trovate anche un mio intervento 😀
Potete scaricare gratuitamente la rivista da Smellmagazine.it e annusarla mentalmente mentre lo sfogliate in queste giornate piene di aromi.
Ovvero letture e regali per piccoli grandi nasi
Questo periodo dell’anno per me rappresenta una festa d’inverno e, soprattutto, approfitto delle vacanze per spupazzarmi un po’ la nipotina, quindi sì questo post in parte è dedicato a lei, e a chi cerca letture sfiziose per i propri nani, o anche per se stessi: letture della buonanotte, ma magari anche del buongiorno, perché no, esplorazioni a lume di naso, puzze da scoprire, nasi strani, spezie e sapori di posti lontani; una piccola lista di chicche scovate qua e là, in italiano e in inglese:
Siamo in festa, ma questa è un po’ particolare perché ci prepariamo al capodanno indiano: come si celebra? E come si prepara il curry? Il libro racconta l’avventura profumata della piccola Lani e di sua zia Usha in un mercato colorato e odorosissimo di spezie e aromi.
Dal sito del libro è possibile scaricare le prime pagine per aver un assaggio del contenuto, e una scheda didattica per esperimenti odorosi.
Questo libro è iniziato con una lista scritta una notte in cui non riuscivo a dormire… dice l’autrice. E questa lista raccoglie spunti e riflessioni per osservare il mondo che ci circonda e esplorarlo in modo originale. Usatelo, questo libro, pasticciatelo, scarabocchiateci sopra, annusatelo, attaccateci sopra le vostre idee e scoperte. Divertitevi.
Questi tre sono in inglese:
Chi ha fatto quella puzza? Le vicende di Ben a Annabel per scoprire da dove arrivano certi strani odori… Un librino per i più piccoli.
4. Who needs that nose? Di Karen Clemens Warrick e illustrazioni di Sherry Neidigh.
Di chi è quel naso? E a che gli serve? Animali con nasi assurdi e forme buffe, li conoscete tutti?
Perché i piedi puzzano? Perché ci cola il naso? Lo sapete che una persona in media produce circa quattro tazze di muco al giorno? E che uno sbadiglio in media dura sei secondi? E perché facciamo i rutti? Queste e altre amenità per conoscere come funziona il nostro corpo.
Bonus
Candele di posti fantastici per gli amanti di maghi e storie fantastiche:
Gli odori della foresta di Narnia…
Beh, questa non ve la devo spiegare, vero? 😀
Come in tutte le cose anche in questo caso ci sono, tanto per dire, i moderati, i possibilisti, gli indecisi, gli assolutisti, gli scettici, gli esperti, quelli che ignorano l’argomento, e i feticisti. Questi ultimi vi diranno che con la carta hanno un rapporto quasi fisico, che ne amano il contatto, il gesto legato alla lettura e l’atto di sfogliare le pagine, vi diranno che dei libri amano l’odore. Quanti però vi hanno mai detto che della carta amano il suo odore di bacon abbrustolito? E di costoletta di vitello o di asparagi in vinaigrette? La questione è seria dal momento che ci sono aziende che stanno investendo fior di soldi in ricerca chimica e tecnologie in grado di riprodurre l’odore dei libri e della carta nel modo più realistico possibile, sic. La ragione è semplice: con la diffusione sempre più capillare degli ebook nasce l’esigenza di acchiappare anche chi di digitale non ne vuole sapere. Come gestire i feticisti di cui sopra? Per esempio con uno spray per ebook al bacon, o che sa libro stantio o… di gatto (?), certo serve qualche precauzione: nei warnings si legge che è meglio usare lo spray in ambienti bene areati, che può dare stordimento e allucinazioni, irritare il naso e ne sconsigliano l’uso sui mezzi pubblici, inoltre, nel caso si scelga l’eau, you have cats è importante tenere a mente che contiene tracce di testosterone, quindi se siete atleti attenzione all’anti-doping…
Sì, vi capisco, sono sconvolta anch’io.
La cosa però dovete ammettere che è interessante, anche perché rivela ancora una volta quanto la percezione olfattiva possa essere effimera e sfuggente. Mi spiego. A livello cognitivo ancora non è chiaro come esattamente rielaboriamo l’informazione olfattiva, resta che mediamente chi non è particolarmente allenato fatica a riconoscere gli odori, o meglio a dar loro un nome. Inoltre il fatto di essere animali le cui attività esplorative e di orientamento nello spazio sono affidate primariamente ad altri sensi fa sì che finiamo facilmente vittime di bias cognitivi e percettivi e tendiamo a fidarci più di sensi come la vista o l’udito che dell’olfatto, anche a costo di cadere in errore. Si è visto in diversi esperimenti che tendenzialmente crediamo di più a ciò che vediamo che a ciò che annusiamo (approfondiremo un’altra volta). Inoltre, in un recente studio pubblicato sulla rivista scientifica Chemical Senses è stato visto come la descrizione/percezione di un odore possa essere influenzata dall’identità che gli viene attribuita: dagli esperimenti condotti in questa ricerca è emerso per esempio che le persone attribuiscono a un odore la qualità “citrus” con molta più probabilità se alla sostanza annusata è abbinata l’etichetta corrispondente rispetto a chi annusa senza ricevere nessuna indicazione sull’identità della fragranza. Ora non voglio dire che chi afferma di aver sentito carta che sapeva di bacon fosse preda di suggestioni, ma ho intrapreso comunque una personale indagine e raccoglierò volentieri tutte le testimonianze di coloro a cui è capitato di associare l’odore di un libro a quello di pancetta, ali di pollo e simili :).
L’impronta olfattiva dei libri antichi…
Al di là della diatriba tra feticisti della carta e sostenitori del digitale, l’odore della carta riserba altri aspetti interessanti su cui vale la pena soffermarsi: c’è carta e carta, ed effettivamente hanno odori diversi che derivano dalla diversa composizione, dagli agenti chimici impiegati, dal tipo di inchiostro e poi, nel caso dei libri antichi, ma anche semplicemente un po’ vecchiotti, c’è tutta una gamma di odori legata al posto in cui questi libri sono stati conservati, alle sostanze prodotte da muffe e batteri che hanno allegramente pasteggiato tra le pagine, l’umidità e numerosi altri fattori ambientali. Un gruppo di ricercatori dell’University College di Londra, in collaborazione con la facolta di chimica e tecnologie dell’università di Lubiana, qualche tempo fa ha condotto una meticolosa analisi chimica, pubblicata su Analitycal Chemistry, dei componenti volatili prodotti dai processi di degradazione della carta. Hanno insomma cercato di identificare le sostanze che conferiscono ai libri antichi il loro caratteristico odore. Ma perché farlo?
L’idea è nata, come racconta Matija Strlic, primo nome dell’articolo, osservando un libraio intento ad annusare le pagine di un libro antico per identificarne la provenienza. Analizzare la gamma di composti organici volatili e semivolatili prodotti dalla carta nel tempo e la loro capacità di essere trasferiti per contatto o esposizione è oggi per esempio una routine che riguarda la produzione degli imballaggi e cartoni per alimenti, volendo garantire che il cibo non assorba odori “strani”. Ma questo tipo di analisi può essere molto utile anche nel caso dei libri antichi per aiutare chi lavora in musei, biblioteche e archivi a capire lo stato di deterioramento delle opere e adottare le misure più efficaci per rallentare questo processo.
Come dicevamo un libro si porta dietro la sua storia anche grazie agli odori di cui è impregnato. Gli scienziati hanno condotto su 72 diversi campioni di carte antiche, risalenti a Diciannovesimo e Ventesimo secolo, diverse analisi chimiche tra cui il footprinting che consente appunto di identificare alcuni markers di degradazione. Questo primo screening ha permesso ai ricercatori di distinguere il diverso stato di stabilità dei campioni, informazioni importanti se si vuole preservare la carta al meglio. Le analisi hanno valutato i livelli e le concentrazioni di pece e proteine, dai quali si ottengono indicazioni sulle tecniche di produzione, il contenuto di lignina e l’acidità della carta, che sono indicatori di instabilità rivelata anche dal grado di polimerizzazione e ossidazione e da un alto contenuto di gruppi carbonilici. Non sono analisi banali se pensate a tutti gli step necessari per produrre la carta e a come le tecniche di produzione sono cambiate nel tempo. Bisogna considerare il tipo e l’origine della cellulosa, i processi di sbiancatura, il rivestimento presente o meno. Inoltre la carta di bassa qualità ha di solito un grado di acidità maggiore e poiché trattata con gelatine è possibile rilevarne il contenuto proteico, sistema utilizzato per distinguere le carte di buona qualità da quelle di bassa. Dallo studio è emerso che i libri prodotti tra il 1850 e il 1990 probabilmente sono destinati a durare un paio di secoli al massimo a causa degli agenti chimici utilizzati per la produzione. Le sostanze acide impiegate agiscono infatti da autocalizzatori promuovendo la degradazione della carta. L’aggiunta di pece e i trattamenti della cellulosa per rendere i fogli adatti alla scrittura, paradossalmente li rendono più vulnerabili al tempo.
Al termine di questo studio i ricercatori hanno quindi potuto definire alcuni criteri per determinare lo stato di conservazione dei libri antichi individuando diverse sostanze chimiche che possono essere usate come indicatori di degradazione. Queste molecole dicevamo, hanno anche un odore: una combinazione di note grasse con una componente acida piuttosto forte e un tocco di vaniglia, questo è l’aroma classico di libro antico.
…e il profumo di quelli moderni
Che dire invece dei libri nuovi di pacca? Qualcuno di voi, un po’ nostalgico starà pensando anche a quello dei giornali freschi di stampa, o alle pagine patinate delle riviste. Se rientrate in questa categoria ma al bacon preferite un tono un po’ più glam l’haute couture vi viene incontro: il maestro di eleganza e stile Karl Lagerfeld ha lanciato infatti proprio l’hanno scorso con l’editore tedesco Gerard Steidl la fragranza paper passion. Aiutati dal profumiere Geze Schoen hanno voluto ricreare l’odore del libro fresco di stampa, un aroma secco e grasso ricreato con soli cinque ingredienti in un flacone riposto in un vero libro. In apertura un breve saggio di Gunter Grass mentre le restanti pagine del libro sono intagliate al centro per far posto al flacone.
Io il profumo l’ho provato, con un certo scetticismo devo dire, ma mi tocca ammettere che effettivamente alla carta “fresca” un po’ mi ci ha fatto pensare. Inganni dei sensi…