Ovvero sulle mie esplorazioni a Esxence 2015
Mi trovo in un periodo un po’ vorticoso e cose belle su cui concentrarmi sono la divagazione migliore, per cui sì questo post sarà una chiacchierata di cose profumate, annusate e ascoltate… Dopotutto questo è sì un blog dedicato alla scienza dell’olfatto, ma è anche un po’ un diario di odori e di esplorazioni olfattive. E poi non vi ho ancora raccontato come è andata a Esxence lo scorso marzo.
È una fiera di profumeria artistica e io ci vado cercando di calibrare lo spirito critico (deviazione professionale :D) e la propensione alla divagazione artistica. E poi sono curiosa come una scimmia – questo si era capito – ma soprattutto mi piace avvicinarmi alle cose con uno sguardo libero e non appannato da preconcetti. Mi interessa capire se e cosa c’è dietro un profumo, come è stato fatto, perché; a cosa pensava il naso quando lo ha creato? A cosa si è ispirato? Da dove arrivano le materie prime usate e perché ha fatto certe scelte? Questi sono elementi importanti perché caratterizzano anche il processo creativo e di ricerca, e a mio parere segnano in buona parte la differenza tra un prodotto artistico e uno commerciale.
Tornando a Esxence, quest’anno ho apprezzato gli spazi secondo me più adeguati rispetto a precedenti edizioni: era tutto più arioso, curato e il sistema di areazione buono permetteva di non rimanere soffocati dalle fragranze. Anche il tema, dedicato alla musica e alle affinità tra note olfattive e note profumate, mi è piaciuto e ho trovato un carattere più esperienziale nella programmazione degli incontri/eventi. La presenza di un magnifico pianoforte all’ingresso faceva il suo, e gli appuntamenti musicali erano nel complesso ben integrati nell’evento, peccato solo alcuni di questi momenti avrebbero meritato un’atmosfera un po’ più raccolta: il workshop musicolfattivo del musicista e creatore di fragranze Laurent Assoulen, per esempio, è stato molto suggestivo, ma lui e noi pubblico abbiamo fatto davvero molta fatica a instaurare un dialogo e a concentrarci su ciò che ci faceva sentire e annusare. Difficile davvero stando proprio accanto all’uscita principale con il viavai di gente a fine giornata. Peccato. L’incontro è stato comunque pieno di suggestioni a partire da cose semplici. L’approccio è stato graduale, per esempio: pensate al limone, al suo odore e al suo sapore. A quale nota musicale l’assocereste? Grave? Acuta? Perché?
Ora provate – lui ce lo ha fatto sentire – a pensare al rumore della pioggia. Che tipo di associazioni vi vengono in mente? Emozioni? Qualche odore? E ora invece pensate al vento, un rumore un po’ metallico, fronde che mormorano, qualche fischio. Che odore ha il vento?
Probabilmente molti di voi, come noi quella sera, vi siete immaginati diversi scenari e l’inghippo sta proprio qui: ci chiedono di pensare a un suono, anzi a un odore, e nella nostra testa si para prima di tutto un’immagine. Riuscire a definire una sensazione con un linguaggio olfattivo senza prestiti da parte degli altri sensi è una delle cose più difficili da fare, ma provarci è un esercizio dalle mille risorse: a un certo punto facciamo un salto quantico, uno sbalzo creativo apre la mente e la precisione del nostro linguaggio, e di conseguenza le nostre sensazioni. Perché siamo visivi certo, ma ragioniamo con le parole e una cosa riusciamo davvero a capirla quando sappiamo darle un nome, senza è come se non esistesse, rimane inafferrabile.
E proprio di parole, aromatiche, è stato l’incontro con Giovanna Zucconi per la presentazione del libro La sua voce è profumo. Si è rivelato davvero, come lei stessa lo ha definito, una passeggiata letteraria tra erbe e profumi. Grazie alla presenza musicale di Enerbia, gruppo italiano di musica tradizionale antica con Maddalena Scagnelli, Franco Guglielmetti e due coriste brave e dalla voce cristallina, l’incontro è stato un susseguirsi di brani musicali a tema e letture sparse. Mi sembrava davvero di passeggiare in un giardino aromatico, delicato e a volte pungente, col ronzio di qualche insetto e il naso che prude un po’. Peccato, di nuovo, che l’atmosfera bucolica fosse interrotta di tanto in tanto dai rumori della caffetteria accanto.
Atmosfere vintage e sentori del secolo scorso hanno invece preso vita con il focus di Ermano Picco sulla profumeria italiana. Per me è stato un viaggio a ritroso quando da bambina frugavo nei cassetti di nonna – della quale ancora conservo dei flaconi profumati. E poi ho scoperto curiosità interessanti: ad esempio chi ha lanciato la crema Venus e con lei tutta una serie di prodotti cosmetici e di profumeria. Achille Bertelli, farmacista, iniziò la sua attività imprenditoriale a fine Ottocento e suo fratello Vittorio si occupò poi della parte cosmetica. Tra i suoi maggiori successi il profumo Come tu mi vuoi, in omaggio all’omonimo dramma di Pirandello del 1929. Il profumo ricevette un premio all’Esposizione Internazionale di Parigi del 1937 a la sua testimonial era Greta Garbo, ammaliante. Questo e molti altri marchi, da Paglieri a Borsari tanto per citarne alcuni, grazie a Ermano sono riemersi dai meandri della mia memoria e hanno in qualche modo ritrovato un significato e una nuova cornice. Tra l’altro seguire l’evoluzione della profumeria italiana in quegli anni ci fa fare un viaggio nel tempo attraverso le due grandi guerre e il periodo del boom economico dopo. Profumeria artistica che si apre a un mercato sempre più grande e segna il costume di una società in evoluzione. Mi chiedo, quando è avvenuta esattamente la separazione (scissione? rottura?) tra profumo artistico e profumo commerciale?
Facciamo una pausa, e continuiamo a parlarne la prossima volta…
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