Se il recettore (olfattivo) non sta nel naso -If the receptor is not in the nose

What is real? How do you define real? If you are talking about what you can feel, what you can smell, what you can taste and see, then real is simply electrical signals interpreted by your brain. This is the world that you know (The Matrix, 1999).

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Quand’è che un odore diventa tale? Parafrasando un detto noto, potremmo dire l’odore sta nel naso – e nel cervello – di chi annusa. Senza addentrarci negli aspetti filosofici della questione, possiamo ragionevolmente affermare che la realtà esiste “indipendentemente” dalla nostra percezione, però, diventa per noi “reale” grazie ai nostri sensi, con i quali possiamo percepirla, seppur spesso in modo sfuggevole, soggettivo e ingannevole. E allora, in quest’ottica, quando un odore diventa un odore?

La percezione olfattiva è il risultato di processi fisiologici, cognitivi e psicologici, che si svolgono principalmente nel nostro cervello e ci permettono di definire alcune sensazioni come odorose. Il naso da solo non farebbe molto se non fosse ben cablato e non avesse un sistema efficiente per comunicare al cervello le informazioni ricevute. Per cui, un odore, diventa davvero tale quando, dopo essersi legato a specifici recettori nel nostro naso, viene “rielaborato” nella nostra testa. Sembra banale dirlo ma, se i recettori per le molecole odorose si trovassero su altre cellule, in altre parti del nostro corpo, noi non sentiremmo alcun odore.

La cosa intrigante, ma che può confondere alcuni, è che però alcuni recettori olfattivi si trovano davvero anche in altre parti del corpo. Come mai?

Si chiamano recettori olfattivi ectopici, perché appunto localizzati in parti esterne al naso – a dirla tutta, sono stati trovati “fuori posto” anche alcuni recettori per il gusto – e non si tratta di anomalie e disfunzioni, come pure potrebbe accadere. I ricercatori li hanno trovati in diversi organi e tessuti: lingua, polmoni e altri tratti delle vie respiratorie, su alcune cellule della muscolatura liscia dei bronchi, reni, pancreas, milza, testicoli, spermatozoi, cervello, sangue, pelle.

In alcuni casi, evidenze sperimentali indicano o suggeriscono possibili funzioni, per altri si è appena iniziato a capire e a ipotizzare a cosa possano servire.

È stata abbastanza studiata, per esempio, la funzione del recettore “hOR 17-4”, scovato sugli spermatozoi e studiato da Marc Spehr e colleghi già nel 2003. Questo recettore, espresso anche nel naso, risponde a una molecola chiamata bourgeonal, un’aldeide aromatica il cui odore richiama quello del mughetto, e per questo usata infatti anche in profumeria. Che ci fa questo recettore sugli spermatozoi?

La sua presenza è stata confermata negli ultimi anni anche da altri studi scientifici, che hanno trovato anzi altri recettori in diverse parti dello spermatozoo: testa, “collo” , coda. L’ipotesi principale, anche se non ci sono ancora prove dirette, è che questi recettori svolgano una funzione chemotattica, cioè contribuiscano all’attrazione dello spermatozoo verso molecole chimiche rilasciate dalla cellula uovo, e quindi facilitando la fecondazione. Tuttavia, anche se con test in vitro si è visto che il recttore risponde al bourgeonal, non sono ancora state isolate molecole specifiche dalle cellule uovo che possano agire nello stesso modo su quel recettore.

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From Flegel et al., Front. Mol.Biosci., 2015

 

Un altro dato curioso, ottenuto dai ricercatori nel 2010 testando la molecola bourgeonal su 500 soggetti adulti, 250 maschi e 250 femmine, è che in questo studio i maschi sono risultati più sensibili delle donne: percepivano questa molecola a concentrazioni molto piu basse rispetto alle donne (13 parti per bilione negli uomini, 26 ppb nelle donne). Il come e il perché di questo fatto non è ancora del tutto chiaro.

Recettori olfattivi ectopici, dicevamo, sono stati isolati in diversi tessuti e in certi casi si pensa abbiano un ruolo nel riconoscimento di sostanze chimiche importanti per il metabolismo cellulare o la comunicazione tra cellule. Nel caso dei recettori trovati nel pancreas, per esempio, un’ipotesi è che possano contribuire al controllo del rilascio di insulina, ma non è ancora stato accertato.

Di fatto la comunicazione tra cellule e la regolazione delle funzioni fisiologiche di tessuti e organi avviene in buona parte attraverso sofisticati meccanismi che coinvolgono molecole chimiche usate come “messaggeri”. Dal momento che i recettori olfattivi sono fatti per riconoscere molecole chimiche – normalmente gli odori nel naso – è ragionevole pensare che alcuni di essi possano essere espressi anche in altre parti del corpo per riconoscere altre molecole chimiche importanti per le funzioni dei tessuti in cui sono espressi. Questo non deve però trarre in inganno e far pensare che anche quei recettori, espressi in altre parti del corpo, servano in qualche modo a “sentire” gli odori. Per capirci: immaginiamo il recettore olfattivo nel naso come una serratura che può essere aperta (cioè attivato) da una chiave (la molecola odorosa). Questa serratura si trova, diciamo, su una porta d’ingresso e quindi il risultato della sua “attivazione” sarà far entrare e uscire le persone da casa. Ma di serrature ce ne sono tanti tipi, e non solo sulle porte: possono trovarsi anche su finestre, valigette, scatole, armadietti e via dicendo. La funzione specifica della serratura non cambia o cambia poco– c’è un meccanismo che fa “scattare” un’apertura – ma il risultato finale, una porta che si apre e gente che entra, un armadietto in cui vengono riposte delle cose, una valigetta per trasportare degli oggetti, decisamente cambia. Perciò, così come aprendo la serratura di un cassetto non possiamo aspettarci come effetto finale l’ingresso o l’uscita di persone, analogamente, dall’attivazione di un recettore olfattivo, scovato per esempio nelle cellule epiteliali, non potremo aspetterci una sensazione olfattiva.

Come dicevamo all’inizio, un odore diventa un odore nella nostra testa dopo che una cascata di messagi chimici e segnali elettrici porta l’informazione attraverso strutture, specializzate per quello, dal naso al cervello.

E, però, è sempre grazie agli affascinanti meccanismi del nostro cervello-mente che possiamo immaginare, come poetica ispirazione, di poter annusare e sentire gli odori non solo col naso ma con tutto il nostro corpo.

 

If the Olf-receptor is somewhere else

When an odor becomes an odor? When do we smell what we smell? What we know about reality – aside from philosophical issues – comes from our senses; it exists independently from us, but somehow, we can say, it becomes “real” to us thanks our senses.

About smell, we can say an odor becomes an odor in our head, that is when a molecule, after binding the receptors in our nose, sends a message to our brain, which processes it, and the odor becomes a smell perception. Without this pathway we could not smell any odor. If the odorant receptor would be somewhere else, in our body, we could not have any smell perception.

However, we do have some odorant receptors outside our nose, expressed in other organs and tissue. Why?

Scientists have found ectopic odorant receptor – odorant receptors expressed not in the nose – in many tissues: lung, spleen, pancreas, heart, testis, sperm, and skin. However their function is in most of cases still under discussion.

One of the most studied is the receptor “hOR 17-4”. This odorant receptor is present in the nose, and in sperm. Marc Spehr and colleagues discovered already in 2003 that it can be activated by the compound bourgeonal, an aromatic aldehyde which smells like lily of the valley, and therefore used often in perfumery as well. Why on heart sperm should express such receptors? This and other studies suggest these odorant receptors (meanwhile scientists find other odorant receptors on sperm) can help sperm, through a chemotactic mechanism, to find their way to the egg during fecundation. There is still no direct prove of that, and so far no physiological odorants emitted by the egg has been isolated yet, so scientists are still working on it in order to clarify the details of such fascinating mechanism.

In general, an odorant receptor is made to detect chemicals, and since often cell-to-cell communication in our body happens via chemicals, released and detected by cells, it makes sense that, in certain cases, our body evolved systems which use also odorant receptor in other tissues to detect substances. That does not mean we can “sense” and smell with such ectopic receptors of course, but their function aside their “conventional” job in the nose remain an intriguing mechanism and a scientific open field of research.

An odor becomes an odor in our head, and we cannot really “smell” with the full body. But still, we do it, every time we let our inspiration and our minds float aside an odor perception.

Bonus

These receptors seems to be quite conserved among species and scientist found them not only in humans

#SmellWalkBookFair stories

Vi racconto come è andata

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Credits: I. Hofmann

 

Durante gli smellwalks alla fiera del libro ho raccolto numerose storie, aneddoti e riflessioni sugli odori da parte dei partecipanti e di chi si imbatteva in noi “smellwalkers” e, incuriosito, prima chiedeva cosa esattamente stessimo facendo, poi iniziava a raccontarmi le proprie storie. Perché alla fine l’olfatto fa proprio questo, stana storie e impressioni che se ne stanno accovacciate nei recessi della nostra memoria, pronte a mettersi in moto al primo sniffo.

Come S. e la sua ragazza che aveva inizato a sentire l’odore dell’autunno già ai primi di settembre, ma lui non ci credeva. Poi, dopo un paio di giorni, tornando a casa in bici le sue narici vengono colte da una strana sensazione: i primi odori autunnali. E lui che se lei non glielo avesse detto se li sarebbe persi.

Oppure il Signor H. che proprio quel mattino aveva fatto una sorpresa di compleanno alla moglie facendole trovare un profumo che lei aveva amato molto, ma che non è più in produzione; dopo aver girato un sacco di profumerie era riuscito finalmente a scovare un ultimo flacone, per lei.

E poi D. che certi odori di detergente, usati spesso negli spazi pubblici, proprio non li sopporta; e L. che annusando la copertina di un quaderno fatto con materiali naturali ci ritrova un odore di paglia e fieno, e subito pensa al suo porcellino d’india; e S. che riconosce tra una pieghetta della tenda in un allestimento l’odore di un ammormidente conosciuto; e M. che di mestiere fa la guida turistica e ora vuole aggiungere delle digressioni olfattive ai propi tour; e F. che se ne esce dicendo “tutti almeno una volta nella vita dovremmo annusare lo spazio intorno a noi come fanno i cani”.

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Credits: perfectsenseblog

Durante le passeggiate olfattive i partecipanti annotavano su una scheda di valutazione tutti gli odori trovati, il posto in cui erano stati annusati, il grado di intensità, durata, piacevolezza o disgusto, ed eventuali sensazioni e ricordi evocati. Nonostante questa fosse una versione un po’ “compressa” e più breve delle camminate olfattive che si fanno in strada, durante il percorso nella fiera abbiamo raccolto numerosi odori, alcuni un po’ più scontati, altri decisamente non ovvi, che ci danno comunque un’impressione piuttosto precisa di cosa fosse la fiera “a naso”: carta appena stampata, odore di libro, odore di volantino patinato, tappeto, mentine, polvere, colonia da uomo, inchiostro, vernice, caffè, fumo di sigarette, spezie, fiori secchi, detergente per il pavimento, ammorbidente, incenso, pattumiera, cioccolato, cartone, plastica, sudore, salmone affumicato, waffle, camicia/tessuto sintetico (sudato), patatine fritte, salcicce, sabbia, pioggia, sacco di juta, arancia, legno, fiori freschi, canfora, mele, scale mobili, cloro, zenzero, pepe nero, candele, buccia di banana, bar-bistrot, fogliame (la lista riprende in ordine sparso i principali odori descritti dai partecipanti, il più delle volte l’odore viene descritto/nominato riferendosi alla sua sorgente).

L’odore dell’aria, inteso come odore di background dell’ambiente, cambiava a seconda del padiglione della fiera, presumibilmente in base alle dimensioni dello spazio, il sistema di areazione e il numero di persone presenti, e in base a specifici espositori – nell’area gourmet dove si svolgevano anche assaggi e dimostrazioni di cucina ovviamente l’elemento “cibo” era preponderante. Naturalmente anche il momento del giorno influiva: al mattino erano spiccati i profumi e le acque di colonia indossati dai visitatori (soprattutto uomini), mentre nel primo pomeriggio – quando comunque c’era più gente – gli odori di cibo e magliette sudate erano preponderanti. Il fatto che in uno dei due giorni degli smellwalks avesse piovuto ha pure influenzato il tipo di odori percepiti nello spazio esterno. Il vento portava gli odori dei chioschi di cibo in direzioni precise per cui non si sentivano ovunque allo stesso modo, il suolo bagnato emetteva odori più acri e un po’ metallici, mentre col sole era più facile sentire l’odore di cloro salire da una fontana, e quelli di alcune aiuole.

Pur essendo questa una volutazione puramente qualitativa e non esaustiva né di tutti gli spazi della fiera, né tutti i giorni, è interessante osservare quante informazioni è stato comunque possibile raccogliere. Gli stessi partecipanti hanno potuto cogliere aspetti inediti della fiera e notare stand a aree comuni che altrimenti avrebbero ignorato. Di fatto durante gli smellwalks l’invito è proprio quello di “calarsi” completamente nello spazio intorno, esplorandolo attivamente e cogliendone impressioni e suggestioni al ritmo del proprio respiro e della propria curiosità: ci si “sporca” ed espone mettendo il naso letteralmente dappertutto, ed è proprio da questo cercare apparentemente “senza scopo” che alla fine si scoprono un sacco di cose su posti, persone, e alla fine anche su noi stessi, perché l’atto di annusare è per sua natura intimo e un po’ introversivo, ci fa rallentare…

 

 #SmellWalkBookFair stories

 

During the smellwalks at the book fair I collected many stories and impressions from participants and people who were first asking what the hell we were doing and, after my explanation, they were telling their own smell-related experiences. It was interesting and inspiring, and it was fun.

Like S. and his girlfriend: she started to smell the upcoming autumn already at the beginning of September; he was not believing that, he said it was a laugh; but a couple of day after, going home with his bicycle, he suddenly got a strange whiff into his nose. She was right, the scent of autumn was there.

Or like Mr. H. who did a romantic surprise to his wife on that morning: he found for her the very last bottle of her favorite perfume, which is discontinued and not available anymore.

Or like D. who does not like the smell of detergents used to clean public spaces; and L. who found a book-cover made out of natural materials which smelled like straw and hay, and she recalled the smell of her hamster; and M. who works as a city-guide and now he wants to add some “olfactory impressions” to his tours; and F. who ended up saying: ”anyone should try at least ones in his life to smell around pretending to be a dog”.

During our smellwalks participants had a technical sheet to take notes of all the encountered smells, the degrees of pleasantness, intensity, duration and evoked memories and feelings. Out of all recorded notes I can list some findings: fresh paper, books, glossy flyer, mint candy, dust, eau de cologne for man, ink, coffee, smoke of cigarettes, incense, flowers, detergents, smoked salmon, washing powder, used shirts, fire, box and cardboard, apple, waffle, jute, ginger, chocolate, plant leaves, chlorine, sausages, fries, candles, bistro, carpet, garbage, wood, banana peel, stairway, rain. Though it was an adapted version of “traditional” smellwalks, and we made only some qualitative – yet subjective – estimation, we could catch a general sensory impression about at least some of the spaces within the fair, and some of the habits of visitors and guests. The general quality of the air inside the pavilions was affected mainly from the air conditioning, the number of visitant, and the presence of specific expositors: the gourmet corner, for examples, with all the tasting-sessions and cooking-show was of course rich of food-related flavors. During the morning man-perfumes were very common, whilst in the afternoon sweaty shirts and food were preponderant. Participants could also experience corners and boots which would have been otherwise ignored, and they express surprise for getting so many information and feelings just using their nose.

Smellwalks invite people to get a bit “dirty” and curious using their own nose to explore and feel the environment; we get insights doing something apparently pointless or even weird, we search without looking for something particular, we listen with our nose, and we end up discovering a lot about the surrounding, and learning about ourselves. Olfaction is an intimate sense; it invites to slow down…

#SmellwalkBookfair

Annusando la fiera del libro

 Smell

Sì avete capito bene, quest’anno alla Fiera Internazionale del libro di Francoforte, dal 19 al 23 ottobre, ci faremo delle grandi sniffate passeggiate odorose tra i padiglioni espositivi. 😀

Si tratta di un progetto promosso dal Museum Angewandte Kunst (museo di arti applicate) di Francoforte dedicato a olfatto, arte e comunicazione, e nato dall’entusiasmo di Matthias Wagner, direttore del museo, e Martin Hegel, capo del settore comunicazione e marketing. Insieme hanno curato il libro Für den tieferen SinnDuft als medium in Kunst, Design und Kommunication ([Per] il senso più profondo, l’odore come medium in arte, design a comunicazione), edito da Spielbein Publishers, che raccoglie contributi di scienziati, artisti (Peter de Cupere, per citarne uno) ed esperti di comunicazione, in un libro di arte e cultura dell’olfatto. E c’è anche un mio contributo con un capitolo su olfatto, new media e tecnologia, ve ne parlerò a breve in modo più dettagliato.

Il libro sarà presentato il 20 ottobre alla fiera del libro, e per l’occasione ci sarà una performance dell’artista Clara Ursitti, mentre io terrò delle passeggiate olfattive – smellwalks -all’interno della fiera. (Sì sono un po’ emozionata eh eh).

Per questi smellwalks mi sono ovviamente ispirata al lovoro di Victoria Henshaw, che ne è stata pioniera, e il cui libro Urban smellscapes raccoglie buona parte delle sue ricerche su odori e design urbano. Lo studio indaga come gli odori della città influiscono sulla qualità e la vivibilità della città stessa e come il design urbano, inclusi presenza/assenza di spazi verdi, smog, inquinamento, ristoranti, chioschi di cibi etnici, e così via, contribuiscono a definire l’identità dei posti in cui viviamo. Gli smellwalks sono anche un modo per avvicinare le persone al posto in cui vivono usando uno dei nostri sensi più profondi, l’olfatto. Durante queste passeggiate olfattive, lungo un percorso di pochi chilometri attraverso la città, i partecipanti sono invitati a rallentare e annusare intorno, esplorare col naso il pezzo di starda che magari percorrono ogni mattina di corsa per andare a prendere l’autobus o la metropolitana. È un invito a rallentare e riflettere su ciò che ci sta attorno, scoprire nuovi aspetti del posto in cui viviamo e diventarne più consapevoli: durante le passeggiate si registrano le puzze e i fetori che arrivano per esempio dalla sporcizia e dalle cacche lasciate sui marciapiedi; lo smog emesso dalle auto; il profumo di un’aiuola in fiore; l’aroma che esce da una panetteria; gli odori delle persone che ci passano accanto. Inoltre capire come gli odori emessi da specifiche aree e attività umane influiscono sul panorama urbano può dare informazioni utili a chi gli spazi urbani li progetta e costruisce.

Il percorso che proporrò la prossima settimana sarà una versione mignon di queste passeggiate, nello spazio della fiera. Un pretesto per avvicinare le persone al nostro senso piu intimo e selvaggio.

Per l’evento seguite l’hashtag #smellwalkbookfair con il quale pubblicheremo via Instagram e Twitter  and Facebook le tappe del nostro percorso olfattivo.

 Il programma completo:

Giovedì  20.10.16
(Punto di ritrovo presso SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79)
11.00
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco
12.00 – 12.30
Presentazione del libro: Für den tieferen SinnDuft als medium in Kunst, Design und Kommunication
14.00 – 14.30
Performance
Clara Ursitti
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco
Venerdì  21.10.16
(Punto di ritrovo presso SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79)
10.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco
11.45 – 12.15
Performance
Clara Ursitti
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Durata: 30 min ca.
Lingue: Inglese, tedesco

 

 

#SmellwalkBookfair

 

This year at the International book fair of Frankfurt we are going to unleash our nose.

I am pleased to taking part in a project promoted by the Museum Angewandte Kunst (Museum of applied arts) here in Frankfurt on olfaction, art and communication, which has been developed by the director Matthias Wagner and Martin Hegel, head of communication design. They just edited the book Für den tieferen Sinn – Duft als medium in Kunst, Design und Kommunication (For the Deeper Sense. Scent as Media in Art, Design and Communications) for Spielbein Publishers, which will be presented at the book fair next week. Contributions from scientists, artists and communication experts converge in an art-book centered on scent and its communication power. I am thrilled of being part of the contributors with a chapter about smell in new media and technologies (I will give you further details soon 😉 ). As collateral events of the book release, there will be a performance from the fabulous artist Clara Ursitti, and I will lead some smellwalks through the fair-pavillons.

The idea of smellwalks comes directly from the work of Victoria Henshaw, who was the pioneer. You will find in her book Urban smellscapes main part of her studies on smell and urban design.

People encounter odor wherever they go, they get feelings and information from other people they meet, shops they pass by, street they walk through. They do not often pay enough attention to it, but smell is still there, as a presence in the background.

Now, imaging a tour in a city: Walking around a railway station or in the underground you can easily encounter urine exhalations from a hidden corner, or the scent trail of a strong eau de cologne from a stranger; down in the market street you may pass by a stand where hot sausages have just reached the right cooking point, while few feet behind it a remarkable vanilla aroma signs the presence of warm sugary waffles, fresh apple juice expands around from a neighbor stand; you go on and you pass along a grass bed, your nose get trapped in a misty cloud which smells like a wet dog. Keep walking, go along the river, can you smell it? How does it feel like?

The smellscape of a city can tell a lot about citizen and their habits, smog and exhausts can affect the quality of the city air; district food area have usually characteristic odor as well and they can also affect the general perception of the city as a lively and colorful –“smellful” -place or as a stinky and “fatty” site; the presence of green area can on the other hand increase the feeling of being in a pleasant and clean environment.

During last years the number of architects, designer and artists interested in urban smellscapes has raised with a new attention in designing urban area taking into account odors, and their sources. City smell can impact on general perception, arousing several psychological and physiological reactions on people, generating delight or disgust. Several projects around the world have already realized smell maps of cities like New York, Singapore, Barcelona, London, Paris, Shanghai, Edinburg, just to mention a few. During such investigation usually normal people are engaged in smellwolks through the cities with the double objective of awakening their sense of smell and their feelings and perception on the city they live in. Sharing experiences and practices represent a key part of these projects, for which website with smell maps are constantly updated. Moreover, people start to listen to the city in a different way, they communicate with the city, and they smell it.

In a walk through the exhibition space during the book fair, I will invite participants to pay full attention to their sense of smell, in a revised version of the traditional city-smellwalks. You can follow #smellwalkbookfair on Instagram and Twitter and Facebook for our sensory map during the fair. I’ll see you there.

Full program  #smellwalkbookfair

Thur. 20.10.16
Meeting point SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79
11.00
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German
12.00 – 12.30
Book presentation: Für den tieferen SinnDuft als medium in Kunst, Design und Kommunication
14.00 – 14.30
Performance
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German
Venerdì  21.10.16
Meeting point SPIELBEIN PUBLISHERS, Halle 4.1 Stand H 79
10.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German
11.45 – 12.15
Performance
Clara Ursitti
14.30
Smellwalk
Anna D’Errico
Duration: 30 min ca.
Languages: English, German

Lo strano caso di ‘Scella Pezzata

Ovvero sul perché le donne sanno di cipolla e gli uomini di formaggio, un classico di stagione

 

Henri Matisse, Odalisque with Arms Raised, (of Henriette Darricarrière), 1923, National Gallery of Art, Washington, D.C.

Henri Matisse, Odalisque with Arms Raised, (of Henriette Darricarrière), 1923, National Gallery of Art, Washington, D.C.

 

 

La pelle. L’organo più esteso del nostro corpo, ci copre, ci avvolge, ci protegge. Sulla nostra pelle passa il mondo, e lo sappiamo perché possiamo toccarlo, sentirlo sotto i polpastrelli, dietro le ginocchia, sulle labbra, tra gli alluci. Caldo, freddo, liscio, ruvido, spigoloso, soffice, tagliente, morbido, appiccicoso, bagnaticcio. La pelle parla prima di noi, parla alla pelle che ci sfiora, parla agli occhi che ci guardano, parla al naso che ci respira. E che odorini.

L’epidermide è un habitat ricco e variegato in cui vive una moltitudine di microrganismi: batteri e funghi lavorano in simbiosi con il nostro organismo, ci fanno stare bene, e ci danno quell’aroma in più. Ci sono ancora diverse questioni aperte su come la nostra pelle si sia evoluta, su quando esattamente abbiamo smesso di esser pelosi come la maggiorparte degli altri animali, e su quando abbiamo iniziato a sudare come sudiamo.

Il sudore è un fenomeno affascinante: ci ha permesso di essere attivi e operativi durante il giorno, al caldo, mentre la maggiorparte degli altri animali doveva aspettare la sera e il fresco per darsi alle proprie attività. La pelle a un certo punto ha perso i peli e si è dotata di efficienti ghiandole sudoripare importanti per la termoregolazione. Per mantenere costante la temperatura corporea quando siamo esposti ad alte temperature, il corpo rilascia una soluzione acquosa salina che, evaporando, sottrae calore al corpo e lo raffredda. Siccome questo sistema in certe condizioni funziona meglio della pelliccia di altri animali, l’uomo si è adattato a diversi tipi di clima e, come dicevamo, è diventato attivo anche durante le ore più calde del giorno: faceva più caldo, ma c’erano meno predatori in circolazione.

Abbiamo due tipi di ghiandole sudoripare, in media tra i 2 e i 4 milioni: le ghiandole eccrine, sparse un po’ su tutto il corpo, secernono una soluzione acquosa ipotonica ricca principalmente di urea, cloro, sodio e potassio e intervengono come dicevamo nella termoregolazione; le ghiandole apocrine invece sono associate ai bulbi piliferi e secernono nel dotto pilifero, insieme alle ghiandole sebacee, una sostanza ricca di lipidi, proteine e acidi organici. Il sudore implica quindi alcune cose: soprattutto tra le pieghe della nostra pelle, e dove siamo un po’ più pelosetti, si crea un microclima umido favorevole alla proliferazione di diversi tipi di batteri. Questi batteri si nutrono delle sostanze presenti nel sudore e rilasciate soprattutto dalle ghiandole apocrine, le metabolizzano trasformando queste molecole e rilasciandone altre di scarto. Il frutto di questo metabolismo è un bouquet di molecole dall’odore piuttosto pungente. E una delle sedi principali di questa amena attività sono le ascelle, dove Staphylococcus epidermidis è il batterio più abbondante insieme a diverse specie di Corynebacteria e altri Staphylococci.

 

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sudore ascellare

spigliatoio

caprone

Perché ai bimbi le ascelle non puzzano? Le ghiandole aprocrine si sviluppano con la pubertà, e siccome sono loro dicevamo a produrre la maggiorparte delle sostanze di cui si cibano i batteri, il sudore dei bambini sarà meno puzzoso.

Se ci fate caso anche il sudore di quando facciamo un’intensa attività fisica non ha un odore molto forte perché è prodotto principalmente dalle ghiandole eccrine ed è fondamentalmente una soluzione salina inodore. Al massimo sarà un po’ salato. Viceversa, il sudore di quando siamo nervosi è molto più puzzolente perché in situazioni di stress si attiva il sistema nervoso simpatico che tra le altre cose stimola il rilascio di secreto dalle ghiandole apocrine. E questo sì che è cibo succulento per i batteri.

Nel sudore sono stati identificati circa 200 componenti, alcuni dei quali sono precursori di molecole con odori caratteristici. Tra questi ci sono due molecole, un acido grasso volatile (l’acido (R)/(S)-3-idrossi-3-metilesanoico o  (R)/(S)-HMHA), e un tiolo volatile ((R)/(S)-3- metil-3-sulfanilesano-1-olo o (R)/(S)-MSH) in diverse percentuali negli uomini e nelle donne. Nel sudore ascellare di maschi e femmine ci sono infatti alcune differenze, oltre a quelle individuali, dovute soprattutto alle caratteristiche delle molecole di cui si nutrono i batteri. Probabilmente la differenza è dovuta anche a fattori genetici e ormonali, fatto sta che il metabolismo da parte dei batteri di queste due sostanze porta a odori diversi: nel caso degli uomini, dove c’è più produzione dell’ acido grasso, si ha un odore più vicino al formaggio; nel caso delle donne invece siccome la molecola dominante di partenza è un tiolo, cioè una molecola con zolfo, il prodotto finale saprà più di composto solforato, tipo cipolla insomma.

 

Bonus

Wangechi Mutu, The Original Nine Daughters (detail), 2012. Series of 9 etchings, Paper size 19 x10 inches each, image size 15 x 7 inches. Edition of 30 + 11 APs. Couortesy of the Artist and Pace Editions,

Wangechi Mutu, The Original Nine Daughters (detail), 2012. Series of 9 etchings.

Woman with Blond Armpit Combing Her Hair by the Light of the Stars

Joan Miro, Woman with Blond Armpit Combing Her Hair by the Light of the Stars, 1940.

 

 

 

Per questo post ho consultato:

  • Troccaz et al., Gender-Specific Differences between the Concentrations of Nonvolatile (R)/(S)-3-Methyl-3-Sulfanylhexan-1-Ol and (R)/(S)-3-Hydroxy-3-Methyl-Hexanoic Acid Odor Precursors in Axillary Secretions. (2009) Chemical Senses.
  • Bawdon et al., Identification of axillary Staphylococcus involved in the production of the malodorous thioalcohol 3-methyl-3-sufanylhexan-1-ol. (2015) FEMS Microbiology Letters.
  • James et al., Microbiological and biochemical origins of human axillary odour. (2012) FEMS Microbiology Ecol.

Save

Un profumo, un ‘impressione

Ovvero sul significato che diamo al profumo

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Può essere un’occasione speciale, una cerimonia, un appuntamento amoroso o un colloquio di lavoro, indossare un profumo, oppure no, è quasi sempre una scelta precisa. E la reazione delle persone accanto a noi dipenderà anche da quella scelta. Di fronte a uno sconosciuto, quanto siamo influenzati dal suo profumo nella nostra valutazione?

Pensiamo a un profumo da uomo, elegante, cuoiato, e poi immaginiamo di sentirlo addosso a qualcuno in giro: addosso a un operaio a lavoro in un cantiere; addosso al tassista che ci porta in aeroporto; addosso a un collega a lavoro; addosso alla signora seduta accanto a noi in autobus. Potremmo fare lo stesso esperimento pensando invece a un profumo un po’ più gourmand, con un sentore dolce e vanigliato, e applicarlo alle stesse persone. Come cambia la nostra percezione di quelle persone al variare del loro profumo? E perché succede?

In un paio di studi degli anni Ottanta, pubblicati su Journal of Applied Social Psychology, i ricercatori hanno osservato come in un contesto lavorativo le capacità dei candidati venivano valutate più o meno positivamente a seconda che indossassero un profumo oppure no. Lo scenario presentato ai soggetti in questi due studi era un colloquio di lavoro. I volontari dovevano valutare le potenziali abilità dei candidati. I risultati mostrarono che i maschi erano portati a considerare meno adatte al lavoro le donne col profumo (Jontue, nel caso specifico) rispetto a quelle che non lo indossavano. Al contrario, le donne non mostravano questo bias.

Si tratta certamente di studi datati e sui quali è importante fare alcune osservazioni. Queste ricerche risalgono infatti a un periodo storico – pur non lontano – in cui in molti ambiti lavorativi si era ancora ben lontani dalla parità di genere. Non che adesso la questione sia completamente risolta, ma all’epoca era sicuramente più accentuata e questo può aver influito sulle valutazioni dei soggetti. Anche il tipo di profumo scelto per gli esperimenti potrebbe essere questionabile. Jontue era negli Stati Uniti, dove sono state svolte le ricerche, un profumo molto in voga. Tuttavia, può essere che molti soggetti fossero abituati a sentire questo profumo in contesti personali, indossati magari da mogli e fidanzate, e questa associazione può aver influito sulle loro impressioni.

La valutazione e percezione di un profumo è fortemente influenzata dalla circostanza in cui è usato e può assumere valenze anche opposte a seconda del contesto. Gli elementi psicologici e socioculturali associati all’uso del profumo sono numerosi. Nella società occidentale c’è stata, per svariate ragioni storiche, culturali e di costume, un’attribuzione puttosto marcata di significato erotico e sensuale al profumo. E queste sono spesso state associate a immagini stereotipate della donna “delicata” che “deve profumare come un fiore”, o al contrario della “famme fatale” dal profumo ammaliante. Dopo un periodo a inizio e metà del Novecento in cui questo stacco e assegnazione del profumo a prerogativa femminile si è fatta marcata, negli ultimi decenni l’uso del profumo tra gli uomini è stato nuovamente sdoganato. Studi come quelli citati prima, ora darebbero, forse (?) risultati diversi. Mi pare comunque valga la pena una riflessione sul fenomeno. Perché?

Avete fatto caso all’invito che vi ho fatto all’inizio di questo post? Dicevo, provate a pensare a un profumo maschile. Ma cosa significa “profumo maschile” o “femminile”? Il marketing ci ha abituati a questa distinzione, così tanto che oramai lo diamo per scontato, ma dove sta scritto quale sia il profumo più adatto a noi? Chi lo decide?

 

Bonus

Per chi come la sottoscritta ama annusare di tutto, ma soprattutto ha una passione per i profumi, dal 31 marzo al 3 aprile a Milano ci sarà Esxence 2016, evento e luogo di incontro della profumeria artistica. Il tema di quest’anno è l’infinito.

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Gli studi che ho citato:

  • Baron R. A. Sweet smell of success? The impact of pleasant artificial scents on evaluations of job applicants.
    Journal of Applied Psychology. 1983;68:709–13.
  • Baron R. A. Self-presentation in job interviews: When there can be too much of a good thing. Journal of Applied Social Psychology. 1986;16:16–28.

 

Parliamo insieme di olfatto

Incontriamoci a Verona per esplorare puzze, odori e aromi

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Un odore può essere verde, caldo, speziato, scintillante, acuto, avvolgente, putrido, fiorito, fruttato, luminoso o tenebroso. Sappiamo sempre riconoscere e dare un nome agli odori che sentiamo? Cosa accade nel nostro naso – e nel nostro cervello – quando annusiamo qualcosa? Ma soprattutto, che cos’è un odore? Il primo weekend di marzo, se ancora non avrete altro in programma, potreste fare un salto a Verona, dove parlerò proprio di questo.

Perugia Officina Scienza Tecnologia (POST), una fondazione di comune e provincia di Perugia per promuovere e divulgare la scienza, ha fatto un progetto di divulgazione scientifica itinerante ispirato ai temporary shop – cioè negozi temporanei aperti in aree dove una specifica marca non ha distribuzione. L’idea dei Temporary Science Center, progetto sostenuto dal MIUR, è quella di creare dei centri della scienza temporanei in aree in cui non ci sono, un’opportunità per avvicinare il pubblico alla scienza con incontri, conferenze, caffè scientifici, percorsi didattici per le scuole e laboratori interattivi per adulti e bambini.

La prima tappa sarà a Verona, da sabato 20 febbraio a sabato 5 marzo, nella sala espositiva Renato Birolli, un ex macello comunale, in pieno centro città. Da lunedì a giovedì lo spazio sarà dedicato alle scuole, con percorsi didattici e laboratori, mentre dal venerdì per tutto il weekend ci sarà l’apertura al pubblico, con ingresso libero.

Sabato 5 marzo, dale 15.30 alle 17.15, come vi dicevo farò un intervento sul senso dell’olfatto, aromi, odori e puzze, seguito alle 17.30 da una degustazione di vini guidata – lì io più che altro assaggerò insieme a voi 😀 – a cura di Stefania Pompele (Terra Uomo Cielo). L’ingresso è libero, ma conviene prenotare:

Attività didattiche e laboratorio “sensorialità e vino” su prenotazione.
Info line: 347/6086340
Prenotazione attività didattiche: 075/5736501

Gli incontri si svolgeranno nell’area espositiva Renato Birolli, via Macello, 17 (Verona).

Cliccate sull’immagine per ingrandire e leggere il programma completo.

Problemi di gas

Ovvero di mutande antiodore e battaglie giapponesi

 

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Sono inglesi. E eleganti come un peto inodore, che è poi il motivo per cui le hanno inventate. Rimanete seri, respirate e capiamo di cosa si tratta.

Le Fartfiltering (letteralmente traducibile come “filtrascoregge”) sono mutande fatte con materiali assorbi-odori pensate, come è facile intuire, per evitare la puzza in caso di aerofagia. Ce ne sono di diversi tipi e il modello base ha un tassello centrale, ad altezza sedere, con carboni attivi. La ricerca per creare indumenti antiodore è piuttosto avanzata e in commercio si trovano ormai un sacco di prodotti dai calzini alle mutande appunto.

Il loro funzionamento si basa spesso sul carbone attivo che, semplificando un po’, agisce catturando le molecole di odore sulla propria superficie con legami deboli, chiamati forze di Wan der waals. Ecco perché l’estensione della sua superficie, porosa, è importante per renderlo efficace: cioè più superficie è a contatto con l’aria o l’acqua, più odori assorbe. E viene usato infatti anche nei sistemi per purificare l’aria e l’acqua.

E la flatulenza invece da cosa è prodotta? Durante la digestione i cibi vengono sminuzzati meccanimente e digeriti da enzimi specializzati, per permettere ai singoli costituenti di essere assorbiti dall’organismo. Quindi proteine, grassi e carboidrati vengono ridotti nei loro componenti più semplici. Non tutte le parti dei cibi che mangiamo sono però digeribili, alcune di queste, come nel caso dei legumi o delle crucifere (cavoli e broccoli per esempio) o del lattosio per chi non ha l’enzima lattasi, vengono digeriti solo in parte, il resto prosegue il transito intenstinale e viene attaccato da batteri la cui attività metabolica produce gas.

I gas intestinali sono principalmente metano, idrogeno, e composti solforati come il solfuro di idrogeno e il metanetiolo, parenti insomma di quelli responsabili anche di altre puzze. Questi composti furono isolati in uno studio del 1998 (ma ce ne sono anche altri) pubblicato sulla rivista scientifica di gastroenterologia Gut, in cui i ricercatori analizzarono direttamente le flatulenze di un gruppo di volontari. Vi racconto in breve come hanno fatto, tanto so che ve lo state chiedendo (o forse no 😀 ).

L’esperimento fu condotto su un gruppo di 16 vlontari, dieci uomini e sei donne, di età compresa tra i 18 e i 47 anni, senza precedenti problemi gastrointestinali. Tredici di loro la sera prima del test mangiarono 200 grammi di fagioli, mentre gli altri, che facevano da controllo di riferimento, mangiarono normalmente. I campioni di gas furono presi tramite un tubo rettale fatto a posta (brevettato) e collegato a una sacca raccogli gas impermeabile. Poi l’analisi con gas-cromatografo e spettometria di massa diede come risultato: solfuro di idrogeno, solfuro di dimetile e metanetiol, tra le molecole principali. Due esperti fecero poi l’analisi sensoriale e delle proprietà organolettiche dei campioni – si’, annusarono i campioni confrontandoli con quelli di controllo se ve lo state chiedendo. I ricercatori osservarono anche una differenza tra le puzzette di maschi e femmine: i maschi producevano più gas, ma quello delle donne aveva concentrazioni di solfuro di idrogeno più alte, erano più potenti insomma, anche se bisogna notare che visto il numero limitato di soggetti queste stime sono indicative.

 

Bonus

Parliamo di arte giapponese. C’è un’antica pergamena, di artista anonimo, chiamata He-Gassen 屁合戦, ossia “battaglia di peti”, e riproduce per l’appunto diversi personaggi impegnati in questa fine lotta. Risalente al periodo Edo (1603-1868 d.c.), probabilmente secondo alcune interpretazioni voleva essere un messaggio di denuncia sociale contro certi malcostumi e perdita di antichi valori. A me fa pensare il fatto che risalga al periodo in cui ebbe massimo sviluppo una delle arti tradizionali giapponesi legata agli odori: il Kodo, cioè larte di ascoltare gli incensi. La sensibilità olfattiva della cultura giapponese è infatti molto spiccata e nel corso dei secoli ha dato luogo a un’arte raffinata e unica nel suo genere, il Kodo appunto, molto diversa dal modo occidentale di apprezzare e usare i profumi. Ma questa è un’altra storia…

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La fabbrica di corpi

Di cadaveri e cose un poco macabre

 

Memento mori di Max Ernst,  Et le papillon se mettent a chanter, 1929 Stadel verein. Credit: VG Bild-Kunst Foto: U.Edelmann

Memento mori di Max Ernst, Et le papillon se mettent a chanter, 1929 Stadel verein.
Credit: VG Bild-Kunst Foto: U.Edelmann

Nel 2008 i riti popolari dell’America Latina per celebrare i morti sono stati inseriti dall’Unesco nel patrimonio immateriale dell’umanità. Che odore ha la morte? Probabilmente per ognuno di noi ha un odore diverso…

Siamo in periodo di cose lugubri e feste dei morti che forse un po’ ci consolano e un po’ ci fanno sdrammatizzare uno degli eventi più difficili da elaborare. E quindi sdrammatizziamo.

Una ricerca pubblicata lo scorso settembre sulla rivista scientifica PlosOne, identifica cinque componenti caratteristici dei corpi umani in decomposizione. Lo studio è stato condotto in Belgio nel laboratorio di tossicologia forense dell’università di Leuven guidato dalla chimica Eva Cuypers. La ricerca è iniziata nel 2010 quando il gruppo nazionale per l’identificazione delle vittime di disastri ha chiesto ai ricercatori un aiuto: avevano bisogno di metodi – e odori – più accurati per addestrare i propri cani nella ricerca dei cadaveri. È possibile isolare molecole caratteristiche solo degli odori dei corpi umani e non di altri animali?

Durante la ricerca di corpi gli investigatori sono aiutati da cani addestrati, che con il loro fiuto riescono a trovare i cadaveri. Tuttavia anche per il fine olfatto dei segugi questo può essere un compito difficile. E succede infatti che ogni tanto cani addestrati con molecole sintetiche non siano poi in grado di riconoscere i cadaveri veri. Per addestrarli al meglio sono necessari odori molto simili a quelli che poi dovranno davvero individuare, di solito cadaverina e putrescina, marcatori di decomposizione. Ma queste sono molecole liberate dalla maggiorparte degli animali, mentre più utile sarebbe conoscere odori caratteristici dell’uomo. In questo ambito le ricerche vanno avanti da molti anni vista la sua utilità. Certo, perché a molti potrà sembrare una cosa raccapricciante ma, se in seguito a un omicidio o un disastro naturale ci sono dei corpi che non si trovano, i familiari delle vittime e la polizia hanno tutte le ragioni per volerli ritrovare il prima possibile.

 

117418-md 117428-mdFesta per i morti in America Latina.
via Internazionale

In questo studio i ricercatori hanno analizzato campioni di 26 carcasse di diversi animali e di sei cadaveri umani, tenuti in laboratorio nelle stesse condizioni controllate per poter confrontare le molecole sviluppate nel corso del tempo. I campioni umani (da donazioni anonime) provenivano da autopsie fatte presso l’istituto di medicina forense dell’ospedale universitario di Leuven. Gli scienziati hanno conservato i tessuti in vasi di vetro chiusi con tappi a vite di metallo che permette il ricambio di aria all’interno del contenitore. I tappi avevano dei buchi richiudibili da cui hanno potuto prelevare campioni di aria a intervalli di tempo regolari e analizzarneil disfacimento.

Nel corso dei sei mesi di analisi sono stati isolati 452 composti organici. La maggiorparte di questi, come i composti solforati, sono comuni al processo di decomposione di numerose carcasse. Procedendo con le analisi e confrontando le molecole isolate dai tessuti di diversi animali, i ricercatori ne hanno individuato otto caratteristiche di uomini e maiali. Ecco la lista per i curiosi:

  • 3-methylthio-1-propanol
  • methyl(methylthio)ethyl disulfide
  • diethyl disulfide
  • Pyridine
  • ethyl propionate
  • propyl propionate
  • propyl butyrate
  • ethyl pentanoate

 

Ricordiamo che spesso i maiali anche per questo tipo di ricerche sono un modello di riferimento perché hanno una composizione corporea vicina a quella dell’uomo: simili microbi intestinali, simile percentuale di grasso corporeo e simili pure i peli. I ricercatori hanno poi distinto da quelli dei maiali cinque esteri caratteristici solo dell’uomo:

-3-methylbutyl pentanoate

– 3-methylbutyl 3-methylbutyrate

– 3-methylbutyl 2-methylbutyrate

– butyl pentanoate

– propyl hexanoate

 

Ovviamente questo non risolve tutti i problemi di identificazione visto che il processo di decomposizione – ne avevamo già parlato – è piuttosto complesso e influenzato da numerosi fattori ambientali come temperatura, tipo di suolo, umidità, grado di immersione del corpo nel terreno, tanto per dirne alcuni. Questo studio è però un altro tassello per capire come funzionano i processi di decomposizione e, tra le tante possibili applicazioni, magari potrà aiutare a migliorare le tecniche di addestramento dei cani da ricerca.

 

Bonus

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Ve lo ricordate il bestseller di Patricia Cornwell del 1994 La fabbrica di corpi (The body farm)? Il libro si ispira direttamente a una delle vere ‘body farm”, come vengono spesso chiamate, presenti sul territorio degli Stati Uniti e usate a scopo di ricerca forense e dall’FBI. Quella a cui si è ispirata la Cornwell nello specifico è la facility di ricerca antropologica di Knoxville, università del Tennessee, avviata nel 1971 dal chimico e ricercatore William Bass. Il centro studia il processo di decomposizione dei corpi e basa il proprio lavoro principalmente sui corpi donati da persone e loro familiari che accettano di aderire a questo programma di ricerca. I risultati di questi studi sono come dicevamo importanti per la ricerca forense e la criminologia.

Vedi che succede a crescere con una mamma appassionata di gialli e triller ?:D

Marketing olfattivo

Ovvero voli pindarici sulla consapevolezza dei sensi

 

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Credit: G.Sammarco

Transizione da profumeria elitaria a profumeria commerciale dicevamo. Il passaggio successivo è il marketing olfattivo: incentivare le vendite con l’uso di fragranze, creare un proprio logo olfattivo facilmente distinguibile, profumare gli ambienti per colpire il cuore delle persone. Il più delle volte a essere colpiti sono stomaco e portafogli.

Partiti da una società (mi riferisco sempre principalmente a quella occidentale) puzzolente, dove per le strade di città non si distingueva il fango dal letame e i fiumi erano cloache a cielo aperto, siamo arrivati ai giorni nostri dove sembra che tutto debba profumare. E quindi le città (e noi con loro) continuano a puzzare. Certo ci sono odori diversi, cambiano da città a città, da quartire a quartiere, da isolato a isolato: rosticcerie, panetterie, pizzerie, cucina thai, cucina cinese, indiano, McDonald, profumerie, pelletterie, negozi aromatizzati, passanti che fumano, smog, passanti che hanno mangiato troppo aglio o cipolla, vicini in metropolitana inondati di dopobarba, tessuti sintetici sudati, asfalto rovente, immondizia, asfalto sotto la pioggia, pipì, fiori appena sbocciati, erba tagliata. Odori diversi a seconda delle stagioni e del naso di chi annusa. Una costante: il bisogno di coprire gli odori e averne uno nuovo per sentirsi speciali. Nulla di male, ma mi chiedo quale sia il livello di consapevolezza dietro questa esigenza. Ci muoviamo nello spazio subendo gli odori – puzze, profumi o qualunque cosa siano – e per difenderci cerchiamo di coprirli con altri odori in un circolo vizioso un po’ asfittico. Siamo iperstimolati, ma i nostri sensi continuano e essere rattrappiti perché la testa fugge invece di fermarsi ad ascoltare come il corpo risponde a certi stimoli e perché. Non sappiamo respirare.

 

Smell

Cosa ci azzecca questo discorso col marketing olfattivo? Parlare di “sensorialità” va di moda, è tutto un inno all’esaltazione dei sensi e a trovare lo stimolo definitivo che accenda la nostra attenzione. Dal momento che l’olfatto è un forte mediatore di emozioni e ricordi, si è pensato bene di sfruttarlo a scopi commerciali. Vista e udito sono ormai assuefatti, stimolare l’olfatto per aumentare gli acquisti, creare una firma olfattiva per sottolineare l’esclusività di un marchio, è ciò verso cui diversi brand si stanno muovendo. Peccato i nostri sensi siano in preda ai crampi e non ce la fanno più. Credo io. Chiariamo, non ci vedo nulla di sbagliato nell’usare certe profumazioni per rendere più piacevole un ambiente, far rilassare i clienti e quindi renderli più propensi all’acquisto. Perché no? Il mio dubbio sta nel come questa operazione viene fatta: superficiale e aggressiva (certo ci sono eccezioni, ma spesso…).

Tra l’altro l’olfatto è un senso subdolo: non sentiamo tutti gli stessi odori e nello stesso modo. Sia a livello psicologico che fisiologico la percezione olfattiva ha una variabilità superiore agli altri sensi. Certo si può disquisire su quale sia l’esatta tonalità di rosso in un manifesto, ma un odore è tutt’altra faccenda: per uno è un profumo, per un altro una puzza, per un’altro ancora qualcosa di neutro perché magari quasi non lo sente. E questo succede a livello biologico perché la variabilità dei recettori olfattivi nel nostro naso è grandissima: per i colori abbiamo tre diversi recettori, e fanno già un lavoro pazzesco se pensate a tutte le sfumature visibili; di recettori olfattivi ce ne sono nell’uomo quasi quattrocento, e non tutti hanno esattamente gli stessi, perciò non tutte le persone sentiranno proprio gli stessi odori. A questo aggiungeteci i fattori psicologici, culturali, ambientali e di allenamento a distingure gli odori. Cose da tenere presente prima di saturare l’aria di un negozio con un aroma X.

Il marketing olfattivo emerge da una mistura variegata di cose ormai in voga e cerca di infilarsi nelle pieghe del neruromarketing – ché ormai “c’è un neuro per tutto” come mi è già capitato di dire. Intanto, cos’è il neuromarketing? Marketing e neuroscienze, più o meno. Nato da una branca della neuroeconomia (l’ho già detto che c’è un “neuro“ per tutto?), integra il marketing tradizionale con gli studi di scienze cognitive e comportamentali su come funziona il cervello quando compiamo delle scelte volte all’acquisto. L’obiettivo è capire in che modo un certo tipo di comunicazione e specifici stimoli sensoriali influenzano una persona quando deve comprare qualcosa. Più in generale, quello che viene chiamato “decision making” (prendere decisioni: cosa comprare, quale partito votare, ecc…) è oggetto di studi della neuroeconomia.

La risposta a queste domande sta spesso nella pancia. Inutile scuotere la testa, siamo tutti soggetti a bias cognitivi che influenzano le nostre scelte e ci fanno propendere quasi sempre per scelte meno razionali di quanto siamo disposti ad ammettere. E questo sono le scienze cognitive a dircelo, esperimenti alla mano. Quello che non si sa ancora bene è se, e nel caso come, certi odori possano influenzare attivamente alcuni nostri comportamenti – in verità qui siamo ancora più sul mistico che sul reale. I pochi studi disponibili mancano spesso di rigore sufficiente perché siano davvero attendibili, è facile pensare che il contesto e elementi di suggestione psicologica – come del resto in molti altri casi – facciano la loro parte. Per capirci: in una sistuazione in cui mi sento ascoltato e accudito come cliente sicuramente sarò più rilassato e ben disposto; in tale contesto un leggero aroma x nell’aria sarà facilmente percepito come un’aggiunta originale e piacevole. Alla fine comprerò qualcosa. Questo significa che l’aroma x mi ha influenzato nell’acquisto? Magari ha contribuito, ma difficile darlo per certo. Nulla di male, basta esserne consapevoli.

 

 

Bonus

Smellwalking, ovvero passeggiate olfattive. Fare caso agli odori intorno a noi ci rende più ricettivi e presenti al nostro naso. Il respiro rallenta e si fa più profondo, una via verso una maggiore consapevolezza del nostro corpo e dello spazio in cui ci muoviamo.

Esplorare la città, le vie che percorriamo ogni giorno, annusandone angoli e vicoli è una fonte di sorprese. Pioniera di queste esplorazioni urbane, raccolte nel blog Smell and the city e nel libro Urban smellscapes, è stata Victoria Henshaw. Tra l’altro, una mappa olfattiva della città permette, per esempio, di progettare spazi urbani più vivibili tenendo conto degli odori che li caratterizzano. Forse è proprio questo il primo passo da seguire, per non farci semplicemente investire dagli odori, ma annusarli al tempo del nostro respiro.

Una stretta di mano per annusarsi meglio

Credit: wikipedia

Credit: wikipedia

 

Nel mondo animale usa darsi una sniffata reciproca per capire come butta. Noi umani però siamo in questo senso un po’ più ritrosi e di solito non ci avviciniamo a una persona appena conosciuta annusandola platealmente; o, se lo facciamo, non lo diamo a vedere – ché ci pigliano subito per matti. Cosa facciamo invece? Ci presentiamo stringendoci la mano, e poi ce la annusiamo.

Il gruppo di ricerca di Noam Sobel, del Weizmann Institute, in Israele, ha recentemente pubblicato sulla rivista scientifica eLife uno studio che suggerisce un comportamento stereotipato anche in noi umani quando conosciamo una persona nuova: ci annusiamo la mano dopo avergliela stretta. Quello di portarsi le mani al viso e tocchicciarsi naso, bocca e zone limitrofe fa parte di un repertorio di gesti che compiamo senza pensarci. Il punto era capire se questi gesti siano in qualche modo associati anche alla percezione di odori e come.

Alcune molecole odorose si trasferiscono di mano in mano

I ricercatori erano interessati a capire se e come gli odori siano coinvolti nel comportamento umano. La stretta di mano è in numerose culture un comportamento standard usato quando ci si presenta, hanno perciò studiato questo comportamento in relazione agli odori in un gruppo di volontari. Per prima cosa i ricercatori si sono chiesti: è possibile trasferire molecole odorose dalla mano di una persona a quella dell’altra durante una stretta di mano? Per verificarlo gli scienziati hanno fatto un primo esperimento: ogni volontario viene accolto e fatto sedere da solo in una stanza in laboratorio, dopo qualche minuto lo sperimentatore entra indossando dei guanti (quelli blu chirurgici) e si presenta stringendo la mano del volontario. I guanti vengono poi analizzati confrontando quelli di controllo, che non hanno stretto nessuna mano, quindi puliti, con quelli che invece hanno stretto la mano del volontario. Analizzando le molecole presenti sui guanti con gascromatografo e spettrometro di massa, i ricercatori hanno identificato tre molecole presenti solo sui guanti della “stretta di mano” per tutti e dieci i volontari di questo test. Le tre molecole identificate erano già note per essere attive come segnali odorosi nel mondo animale: lo squalene, molecola attiva anche nei cani e nei ratti; l’acido esadecanoico (acido palmitico), noto per essere attiva nei mammiferi e negli insetti; il geranil-acetone, presente nelle secrezioni umane e attivo anche negli insetti. Attenzione, questo non significa direttamente che queste tre molecole funzionano nell’uomo come negli altri animali, mica è detto, magari sì ma magari no, va dimostrato. Questo risultato però ha confermato che il trasferimento di molecole odorose dalla mano di una persona a quella di un’altra attraverso la stretta di mano è possibile.

Tutti ci annusiamo le mani

A questo punto gli scienziati si sono chiesti se esista una qualche relazione tra l’azione della stretta di mano e l’annusarsi le mani. Per questo esperimento è stato preso un campione più ampio di persone, 153 volontari di età media intorno ai 34 anni, maschi e femmine.

Anche questa volta i volontari aspettano soli in una stanza di laboratorio dove è stata nascosta una telecamera*. Dopo tre minuti da soli i soggetti ricevono la breve visita di un membro del laboratorio che in 20 secondi li saluta stringendo loro la mano, oppure no, e poi esce di nuovo. I ricercatori hanno osservato grazie ai filmati il comportamento dei volontari prima e dopo la stretta di mano misurando il tempo che ognuno di loro passava toccandosi il naso o l’area della faccia vicina. Hanno quindi confrontato i tempi tra i due gruppi di persone, quelli che avevano ricevuto la stretta di mano dallo sperimentatore e quelli, come controllo, che avevano avuto solo una comunicazione verbale.

Le analisi dei risultati hanno mostrato che il nostro comportamento “normale” già di base è quello di toccarci spesso il viso e il naso. La cosa interessante è che la frequenza di questo comportamento aumenta in modo significativo dopo aver stretto la mano a qualcuno dello stesso sesso. Come ulteriore controllo per verificare un coinvolgimento reale dell’olfatto in questo comportamento ed escludere movimenti casuali delle mani, i ricercatori hanno preso un campione aggiuntivo di persone (33 volontari) e monitorato anche il flusso di aria attraverso le narici – la forza delle sniffate per capirci. Hanno così verificato che il toccarsi il naso era associato effettivamente a sniffate più intense, ossia i volontari si stavano annusando attivamente le mani.

L'immagine fa vedere tre fotogrammi presi da un filmato e mostrano il prima-durante-dopo la stretta di mano. La figura sotto rappresenta a colori la frequenza con cui i volontari si sono toccati la faccia dopo aver incontrato lo sperimentatore con ("with handshake") e senza stretta di mano ('no handshake"). Il colore rosso indica un "toccarsi spesso" e blu "toccarsi meno o per niente". Fonte: Idan Frumin et al. eLife Sciences 2015;4:e05154

L’immagine fa vedere tre fotogrammi presi da uno dei filmati e mostra il prima-durante-dopo la stretta di mano. La figura sotto rappresenta a colori la frequenza con cui i volontari si sono toccati la faccia dopo aver incontrato lo sperimentatore, con (“with handshake”) e senza stretta di mano (‘no handshake”). Il colore rosso indica un “toccarsi spesso” e blu “toccarsi meno o per niente”.
Fonte: Idan Frumin et al. eLife Sciences 2015;4:e05154


Ma perché tra persone dello stesso sesso? Sembra controintuitiva come cosa ma, bisogna ricordare, molti comportamenti sociali, e stereotipati negli altri animali, non riguardano solo le relazioni a fini riproduttivi. Numerosi comportamenti sociali servono a stabilire e/o a conoscere gerarchie e rapporti di dominanza per esempio, e sono comunque influenzate dal contesto. I ricercatori di questo studio infatti si chiedono come le loro osservazioni potrebbero essere influenzate e magari modificate da contesti “più naturali”. Rimane comunque un’osservazione interessante e suggerisce come gli odori anche nell’uomo possano avere un ruolo più imporante di quanto pensato fino ad ora nella comunicazione non verbale.

Certo da qui a poter parlare di feromoni e odori che agiscono a livello “subliminale” anche nell’uomo ce ne passa e su questo punto non ci sono ancora conferme scientifiche. Si tratta di continuare gli studi e, come ha spiegato bene in un recente articolo sui feromoni lo scienziato Tristam Wyatt, ricordarsi di applicare negli studi sull’uomo lo stesso rigore di analisi applicato per gli studi sugli altri animali. Solo così si possono ridurre errori di misurazione e bias psicologici e statistici nell’interpretazione e analisi dei dati.

Ora dai però, via quelle mani dalla faccia 😀

 

*Tutti i volontari hanno firmato un consenso informato prima dello studio e dopo hanno deciso liberamente se acconsentire all’uso dei filmati a scopi scientifici o far distruggere le registrazioni.

 

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