A lume di naso – prima parte

Ovvero letture e regali per piccoli grandi nasi

 

Questo periodo dell’anno per me rappresenta una festa d’inverno e, soprattutto, approfitto delle vacanze per spupazzarmi un po’ la nipotina, quindi sì questo post in parte è dedicato a lei, e a chi cerca letture sfiziose per i propri nani, o anche per se stessi: letture della buonanotte, ma magari anche del buongiorno, perché no, esplorazioni a lume di naso, puzze da scoprire, nasi strani, spezie e sapori di posti lontani; una piccola lista di chicche scovate qua e là, in italiano e in inglese:

 

  1. Con la testa tra le spezie, illustrato da Anna Godeassi, editrice Sironi Ragazzi, collanna Semi di zucca.

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Siamo in festa, ma questa è un po’ particolare perché ci prepariamo al capodanno indiano: come si celebra? E come si prepara il curry? Il libro racconta l’avventura profumata della piccola Lani e di sua zia Usha in un mercato colorato e odorosissimo di spezie e aromi.

Dal sito del libro è possibile scaricare le prime pagine per aver un assaggio del contenuto, e una scheda didattica per esperimenti odorosi.

 

  1. Come diventare un esploratore del mondo – Museo d’arte di vita tascabile. Keri Smith, Corraini edizioni.

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Questo libro è iniziato con una lista scritta una notte in cui non riuscivo a dormire… dice l’autrice. E questa lista raccoglie spunti e riflessioni per osservare il mondo che ci circonda e esplorarlo in modo originale. Usatelo, questo libro, pasticciatelo, scarabocchiateci sopra, annusatelo, attaccateci sopra le vostre idee e scoperte. Divertitevi.

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Questi tre sono in inglese:

  1. Who’s Making That Smell? Di Philip HawthornJenny Tyler, con le illustrazioni di Stephen Cartwright.

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Chi ha fatto quella puzza? Le vicende di Ben a Annabel per scoprire da dove arrivano certi strani odori… Un librino per i più piccoli.

4.     Who needs that nose? Di Karen Clemens Warrick e illustrazioni di Sherry Neidigh.

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Di chi è quel naso? E a che gli serve? Animali con nasi assurdi e forme buffe, li conoscete tutti?

  1. Why do feet smell? 20 questions about the human body. Di Gilda Berger e Melvin Berger.

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Perché i piedi puzzano? Perché ci cola il naso? Lo sapete che una persona in media produce circa quattro tazze di muco al giorno? E che uno sbadiglio in media dura sei secondi? E perché facciamo i rutti? Queste e altre amenità per conoscere come funziona il nostro corpo.

 

Bonus

Candele di posti fantastici per gli amanti di maghi e storie fantastiche:

Cedro, castagno e... butterbeer

Cedro, castagno e… butterbeer

 

Gli odori della foresta di Narnia...

Gli odori della foresta di Narnia

 

 

Star-Wars-Candles-featured-930x703Beh, questa non ve la devo spiegare, vero? 😀

La fabbrica di corpi

Di cadaveri e cose un poco macabre

 

Memento mori di Max Ernst,  Et le papillon se mettent a chanter, 1929 Stadel verein. Credit: VG Bild-Kunst Foto: U.Edelmann

Memento mori di Max Ernst, Et le papillon se mettent a chanter, 1929 Stadel verein.
Credit: VG Bild-Kunst Foto: U.Edelmann

Nel 2008 i riti popolari dell’America Latina per celebrare i morti sono stati inseriti dall’Unesco nel patrimonio immateriale dell’umanità. Che odore ha la morte? Probabilmente per ognuno di noi ha un odore diverso…

Siamo in periodo di cose lugubri e feste dei morti che forse un po’ ci consolano e un po’ ci fanno sdrammatizzare uno degli eventi più difficili da elaborare. E quindi sdrammatizziamo.

Una ricerca pubblicata lo scorso settembre sulla rivista scientifica PlosOne, identifica cinque componenti caratteristici dei corpi umani in decomposizione. Lo studio è stato condotto in Belgio nel laboratorio di tossicologia forense dell’università di Leuven guidato dalla chimica Eva Cuypers. La ricerca è iniziata nel 2010 quando il gruppo nazionale per l’identificazione delle vittime di disastri ha chiesto ai ricercatori un aiuto: avevano bisogno di metodi – e odori – più accurati per addestrare i propri cani nella ricerca dei cadaveri. È possibile isolare molecole caratteristiche solo degli odori dei corpi umani e non di altri animali?

Durante la ricerca di corpi gli investigatori sono aiutati da cani addestrati, che con il loro fiuto riescono a trovare i cadaveri. Tuttavia anche per il fine olfatto dei segugi questo può essere un compito difficile. E succede infatti che ogni tanto cani addestrati con molecole sintetiche non siano poi in grado di riconoscere i cadaveri veri. Per addestrarli al meglio sono necessari odori molto simili a quelli che poi dovranno davvero individuare, di solito cadaverina e putrescina, marcatori di decomposizione. Ma queste sono molecole liberate dalla maggiorparte degli animali, mentre più utile sarebbe conoscere odori caratteristici dell’uomo. In questo ambito le ricerche vanno avanti da molti anni vista la sua utilità. Certo, perché a molti potrà sembrare una cosa raccapricciante ma, se in seguito a un omicidio o un disastro naturale ci sono dei corpi che non si trovano, i familiari delle vittime e la polizia hanno tutte le ragioni per volerli ritrovare il prima possibile.

 

117418-md 117428-mdFesta per i morti in America Latina.
via Internazionale

In questo studio i ricercatori hanno analizzato campioni di 26 carcasse di diversi animali e di sei cadaveri umani, tenuti in laboratorio nelle stesse condizioni controllate per poter confrontare le molecole sviluppate nel corso del tempo. I campioni umani (da donazioni anonime) provenivano da autopsie fatte presso l’istituto di medicina forense dell’ospedale universitario di Leuven. Gli scienziati hanno conservato i tessuti in vasi di vetro chiusi con tappi a vite di metallo che permette il ricambio di aria all’interno del contenitore. I tappi avevano dei buchi richiudibili da cui hanno potuto prelevare campioni di aria a intervalli di tempo regolari e analizzarneil disfacimento.

Nel corso dei sei mesi di analisi sono stati isolati 452 composti organici. La maggiorparte di questi, come i composti solforati, sono comuni al processo di decomposione di numerose carcasse. Procedendo con le analisi e confrontando le molecole isolate dai tessuti di diversi animali, i ricercatori ne hanno individuato otto caratteristiche di uomini e maiali. Ecco la lista per i curiosi:

  • 3-methylthio-1-propanol
  • methyl(methylthio)ethyl disulfide
  • diethyl disulfide
  • Pyridine
  • ethyl propionate
  • propyl propionate
  • propyl butyrate
  • ethyl pentanoate

 

Ricordiamo che spesso i maiali anche per questo tipo di ricerche sono un modello di riferimento perché hanno una composizione corporea vicina a quella dell’uomo: simili microbi intestinali, simile percentuale di grasso corporeo e simili pure i peli. I ricercatori hanno poi distinto da quelli dei maiali cinque esteri caratteristici solo dell’uomo:

-3-methylbutyl pentanoate

– 3-methylbutyl 3-methylbutyrate

– 3-methylbutyl 2-methylbutyrate

– butyl pentanoate

– propyl hexanoate

 

Ovviamente questo non risolve tutti i problemi di identificazione visto che il processo di decomposizione – ne avevamo già parlato – è piuttosto complesso e influenzato da numerosi fattori ambientali come temperatura, tipo di suolo, umidità, grado di immersione del corpo nel terreno, tanto per dirne alcuni. Questo studio è però un altro tassello per capire come funzionano i processi di decomposizione e, tra le tante possibili applicazioni, magari potrà aiutare a migliorare le tecniche di addestramento dei cani da ricerca.

 

Bonus

05.The-Body-Farm.car_1

Ve lo ricordate il bestseller di Patricia Cornwell del 1994 La fabbrica di corpi (The body farm)? Il libro si ispira direttamente a una delle vere ‘body farm”, come vengono spesso chiamate, presenti sul territorio degli Stati Uniti e usate a scopo di ricerca forense e dall’FBI. Quella a cui si è ispirata la Cornwell nello specifico è la facility di ricerca antropologica di Knoxville, università del Tennessee, avviata nel 1971 dal chimico e ricercatore William Bass. Il centro studia il processo di decomposizione dei corpi e basa il proprio lavoro principalmente sui corpi donati da persone e loro familiari che accettano di aderire a questo programma di ricerca. I risultati di questi studi sono come dicevamo importanti per la ricerca forense e la criminologia.

Vedi che succede a crescere con una mamma appassionata di gialli e triller ?:D

Una stretta di mano per annusarsi meglio

Credit: wikipedia

Credit: wikipedia

 

Nel mondo animale usa darsi una sniffata reciproca per capire come butta. Noi umani però siamo in questo senso un po’ più ritrosi e di solito non ci avviciniamo a una persona appena conosciuta annusandola platealmente; o, se lo facciamo, non lo diamo a vedere – ché ci pigliano subito per matti. Cosa facciamo invece? Ci presentiamo stringendoci la mano, e poi ce la annusiamo.

Il gruppo di ricerca di Noam Sobel, del Weizmann Institute, in Israele, ha recentemente pubblicato sulla rivista scientifica eLife uno studio che suggerisce un comportamento stereotipato anche in noi umani quando conosciamo una persona nuova: ci annusiamo la mano dopo avergliela stretta. Quello di portarsi le mani al viso e tocchicciarsi naso, bocca e zone limitrofe fa parte di un repertorio di gesti che compiamo senza pensarci. Il punto era capire se questi gesti siano in qualche modo associati anche alla percezione di odori e come.

Alcune molecole odorose si trasferiscono di mano in mano

I ricercatori erano interessati a capire se e come gli odori siano coinvolti nel comportamento umano. La stretta di mano è in numerose culture un comportamento standard usato quando ci si presenta, hanno perciò studiato questo comportamento in relazione agli odori in un gruppo di volontari. Per prima cosa i ricercatori si sono chiesti: è possibile trasferire molecole odorose dalla mano di una persona a quella dell’altra durante una stretta di mano? Per verificarlo gli scienziati hanno fatto un primo esperimento: ogni volontario viene accolto e fatto sedere da solo in una stanza in laboratorio, dopo qualche minuto lo sperimentatore entra indossando dei guanti (quelli blu chirurgici) e si presenta stringendo la mano del volontario. I guanti vengono poi analizzati confrontando quelli di controllo, che non hanno stretto nessuna mano, quindi puliti, con quelli che invece hanno stretto la mano del volontario. Analizzando le molecole presenti sui guanti con gascromatografo e spettrometro di massa, i ricercatori hanno identificato tre molecole presenti solo sui guanti della “stretta di mano” per tutti e dieci i volontari di questo test. Le tre molecole identificate erano già note per essere attive come segnali odorosi nel mondo animale: lo squalene, molecola attiva anche nei cani e nei ratti; l’acido esadecanoico (acido palmitico), noto per essere attiva nei mammiferi e negli insetti; il geranil-acetone, presente nelle secrezioni umane e attivo anche negli insetti. Attenzione, questo non significa direttamente che queste tre molecole funzionano nell’uomo come negli altri animali, mica è detto, magari sì ma magari no, va dimostrato. Questo risultato però ha confermato che il trasferimento di molecole odorose dalla mano di una persona a quella di un’altra attraverso la stretta di mano è possibile.

Tutti ci annusiamo le mani

A questo punto gli scienziati si sono chiesti se esista una qualche relazione tra l’azione della stretta di mano e l’annusarsi le mani. Per questo esperimento è stato preso un campione più ampio di persone, 153 volontari di età media intorno ai 34 anni, maschi e femmine.

Anche questa volta i volontari aspettano soli in una stanza di laboratorio dove è stata nascosta una telecamera*. Dopo tre minuti da soli i soggetti ricevono la breve visita di un membro del laboratorio che in 20 secondi li saluta stringendo loro la mano, oppure no, e poi esce di nuovo. I ricercatori hanno osservato grazie ai filmati il comportamento dei volontari prima e dopo la stretta di mano misurando il tempo che ognuno di loro passava toccandosi il naso o l’area della faccia vicina. Hanno quindi confrontato i tempi tra i due gruppi di persone, quelli che avevano ricevuto la stretta di mano dallo sperimentatore e quelli, come controllo, che avevano avuto solo una comunicazione verbale.

Le analisi dei risultati hanno mostrato che il nostro comportamento “normale” già di base è quello di toccarci spesso il viso e il naso. La cosa interessante è che la frequenza di questo comportamento aumenta in modo significativo dopo aver stretto la mano a qualcuno dello stesso sesso. Come ulteriore controllo per verificare un coinvolgimento reale dell’olfatto in questo comportamento ed escludere movimenti casuali delle mani, i ricercatori hanno preso un campione aggiuntivo di persone (33 volontari) e monitorato anche il flusso di aria attraverso le narici – la forza delle sniffate per capirci. Hanno così verificato che il toccarsi il naso era associato effettivamente a sniffate più intense, ossia i volontari si stavano annusando attivamente le mani.

L'immagine fa vedere tre fotogrammi presi da un filmato e mostrano il prima-durante-dopo la stretta di mano. La figura sotto rappresenta a colori la frequenza con cui i volontari si sono toccati la faccia dopo aver incontrato lo sperimentatore con ("with handshake") e senza stretta di mano ('no handshake"). Il colore rosso indica un "toccarsi spesso" e blu "toccarsi meno o per niente". Fonte: Idan Frumin et al. eLife Sciences 2015;4:e05154

L’immagine fa vedere tre fotogrammi presi da uno dei filmati e mostra il prima-durante-dopo la stretta di mano. La figura sotto rappresenta a colori la frequenza con cui i volontari si sono toccati la faccia dopo aver incontrato lo sperimentatore, con (“with handshake”) e senza stretta di mano (‘no handshake”). Il colore rosso indica un “toccarsi spesso” e blu “toccarsi meno o per niente”.
Fonte: Idan Frumin et al. eLife Sciences 2015;4:e05154


Ma perché tra persone dello stesso sesso? Sembra controintuitiva come cosa ma, bisogna ricordare, molti comportamenti sociali, e stereotipati negli altri animali, non riguardano solo le relazioni a fini riproduttivi. Numerosi comportamenti sociali servono a stabilire e/o a conoscere gerarchie e rapporti di dominanza per esempio, e sono comunque influenzate dal contesto. I ricercatori di questo studio infatti si chiedono come le loro osservazioni potrebbero essere influenzate e magari modificate da contesti “più naturali”. Rimane comunque un’osservazione interessante e suggerisce come gli odori anche nell’uomo possano avere un ruolo più imporante di quanto pensato fino ad ora nella comunicazione non verbale.

Certo da qui a poter parlare di feromoni e odori che agiscono a livello “subliminale” anche nell’uomo ce ne passa e su questo punto non ci sono ancora conferme scientifiche. Si tratta di continuare gli studi e, come ha spiegato bene in un recente articolo sui feromoni lo scienziato Tristam Wyatt, ricordarsi di applicare negli studi sull’uomo lo stesso rigore di analisi applicato per gli studi sugli altri animali. Solo così si possono ridurre errori di misurazione e bias psicologici e statistici nell’interpretazione e analisi dei dati.

Ora dai però, via quelle mani dalla faccia 😀

 

*Tutti i volontari hanno firmato un consenso informato prima dello studio e dopo hanno deciso liberamente se acconsentire all’uso dei filmati a scopi scientifici o far distruggere le registrazioni.

 

Bonus

 

Appuntamento al museo

 

Che fate a San Valentino, un pheromone-party vi andrebbe?

Si svolge a Basilea, in un museo. L’appuntamento è alle 22.00 al museo Tinguely ed è proprio come lo speed-date della “maglietta usata” a cui avevo accennato qualche tempo fa parlando di feromoni (no, negli uomini non ci sono ancora prove chiare che ci siano, calmi gli animi). Si svolge più o meno così: ognuno porta una maglietta già usata che viene raccolta e “messa in lista” con un numero, gli incontri vengono poi stabiliti a naso, cioè ognuno annusa altre magliette e sceglie quella con l’odore per lui più attraente. A maglietta scelta si potrà incontrare il proprietario/a…

Nel museo c’è però altro, ossia una mostra bellissima su arte e odori: Belle Haleine – The scent of art. Non è una mostra sugli odori nell’arte come ce la potremmo immaginare, ma è proprio, nella maggior parte dei casi, arte da annusare. Il museo apre così un ciclo dedicato ai sensi, e inizia con l’olfatto quello più trascurato ma che in ambito artistico suscita più scandalo: in che modo un odore influenza l’esperienza estetica di un’opera d’arte? E cosa succede quando l’artista usa le sue stesse traspirazioni e fluidi corporei, che ovviamente hanno un odore? Che ciò avvenga per via puramente concettuale come in Fiato d’artista (1960) e Merda d’artista (1961) di Piero Manzoni, o in modo più concreto come la Poemetrie (1968) di Dieter Roth, impregnata di profumo al budino e urina, il risultato è sempre piuttosto dirompente.

La mostra indaga i diversi aspetti dell’intreccio estetico tra odori e arte interrogandosi(ci) su come si influenzino reciprocamente e fino a che punto. A me è passata per la mente subito una riflessione sulla differenza tra “lo scandalo” che può provocare un’immagine – considerato quanto tuttavia siamo abituati a raffigurazioni erotiche – e quello alla fine più scioccante (?) di un’installazione intrisa per esempio di odori corporei. E credo ci sia di mezzo anche un altro fatto, puramente fisico, che distingue l’olfatto dagli altri sensi: se qualcosa non ti piace chiudi gli occhi, ti tappi le orecchie, ritrai la mano, la sputi via. Però non puoi tenerti il naso tappato più di tanto perché hai bisogno di respirare – e magari sei pure in uno spazio chiuso: ecco come il senso più affascinante diventa anche il più subdolo. E le reazioni viscerali di disgusto nel caso dell’olfatto possono essere molto violente ed è più difficile evitarle e prevenirle. L’odore ha una componente invasiva molto forte, segna subito il confine tra familiare e estraneo, tra ciò che accettiamo e accogliamo e ciò che rigettiamo o magari ci fa proprio un po’ schifo (certo poi ha anche componenti psicologiche e culturali). Il disagio generato dall’intrusione di un odore è amplificato proprio dal fatto che non può essere evitato e in questo risiede parte della sua violenza. Nello stesso tempo alcuni odori corporei possono scatenare sensazioni oscure, ma invitanti, tremori ambigui.

Un’opera d’arte che ci fa immergere in una dimensione percettiva privata e magari un po’ disdicevole ci sconvolge forse un po’ di più se ci sono di mezzo degli odori. Intanto perché è qualcosa di inaspettato, rompe il modo tradizionale di esperire l’opera artistica, andando per esempio contro la fobia occidentale della puzza corporea. Ed essendo in contrasto con l’esigenza culturale e psicologica di coprire gli odori, svela una nuova nudità, percepita in qualche modo come oscena, quasi pornografica. Vedere come diversi artisti affrontano e infrangono il tabù di certi odori intimi facendoli diventare parte di un’installazione è interessante anche per questo. Ironia, dissacrazione e sperimentazione sono secondo me componenti importanti nella ricerca artistica e in questo approccio l’olfatto ben si presta a nuove ricerche di senso e contenuti.

La mostra sarà aperta fino al 17 maggio e sul sito c’è una bella pagina di presentazione. Inoltre, il museo offre un programma ricco di incontri e percorsi guidati a tema (quello di sabato 14 febbraio sarà appunto sui feromoni, a seguire sarà proiettato il film Il profumo e dopo la “festa dei feromoni” che vi dicevo), da segnarsi in agenda i workshop per bambini di Sissel Tolaas il 19 aprile.

Tweed al whisky

The Johnnie Walker and Harris Tweed Fabric of Flavour - via Scotland Now

The Johnnie Walker and Harris Tweed Fabric of Flavour – via Scotland Now

 

Certe cose sono belle e basta, dei classici. E te ne accorgi perché stanno bene sempre e comunque. Con tutto. Il tweed per esempio, scozzese fascinoso e avvolgente, è sempre elegante al punto giusto, casual al punto giusto. E ora immaginate se questo tessuto magnifico, oltre a regalarvi il piacere tattile del suo calore e delle sue fibre, sapesse un po’ di whisky.

Johnnie Walker Black Label e Harris Tweed si sono uniti e lo scorso 2 dicembre hanno lanciato a Berlino il loro nuovo prodotto: un tweed dalle note di “ ricco malto, vaniglia, frutti rossi e toni di cioccolato”, come hanno descritto questo nuovo aroma. La fragranza, chiamata Aqua Alba e che richiama appunto le note del whisky, sarà microincapsulata nel tessuto in modo da diventarne parte integrante. Un lavoro reso possibile dalla collaborazione con la Heriott Watt University’s School of Textiles and Design di Edimburgo e Galashiels. La prima serie di prodotti, realizzati dal designer milanese Angelo Bratis, sarà distribuita inizialmente in Germania, Belgio e Grecia.

Tecnologie per “incapsulare” molecole odorose in tessuti e altri materiali sono disponibili da diversi anni e le ricerche in questo settore sono in continuo fermento visto l’interesse commerciale crescente per questi prodotti: da un lato la richiesta di tessuti profumati che resistano a più lavaggi (a secco) possibile, dall’altro prodotti che assorbano il meno possibile gli odori corporei.

Le microcapsule che incorporano gli odori sono particelle di dimensioni variabili tra 1 e 100 millesimi di millimetro formate da una membrana di polimeri, sintetici o naturali, e all’interno l’agente attivo. La membrana esterna serve a proteggere le molecole da agenti ossidanti o che ne altererebbero comunque la struttura come calore, umidità, luce, altre sostanze. In questo modo si può controllare, entro certi limiti, anche l’evaporazione dei componenti volatili e i tempi di rilascio. Sono basati su questo principio, per esempio, anche i prodotti “gratta e annusa”, come certi campioni di profumo che si trovano sulle riviste e i libri profumati.

 

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Optical microscopy of microcapsules solution. Magnification: (a) 20×; (b) 100×. Ref. Rodrigues et al. ; Ind. Eng. Chem. Res.  2008, 47, 4142-4147. DOI: 10.1021/ie800090c Copyright © 2008 American Chemical Society

Optical microscopy of microcapsules solution. Magnification: (a) 20×; (b) 100×.
Ref. Rodrigues et al. ; Ind. Eng. Chem. Res.  2008, 47, 4142-4147.
DOI: 10.1021/ie800090c
Copyright © 2008 American Chemical Society

 

Molti dei sistemi di incapsulazione di fragranze per tessuti sono basati su polimeri di formaldeide (resine di phenol-formaldehyde o melamine-formaldehyde), il cui uso ha però delle restrizioni dovute alla tossicità. Altre alternative sono per esempio le microcapsule di poliuretano e urea.

Purtroppo non conosco i dettagli di fabbricazione per il tweed al whisky, mi dovrò limitare a dargli una sniffatina appena me ne capiterà uno sottonaso!

E voi la indossereste una sciarpa che sa di whisky?

 

Bonus

Odore di… morte – The smell of death

Ovvero come avere un costume per Halloween davvero impeccabile

 

Michael Wolgemut, Danza macabra (1493) da Liber chronicarum di Hartmann Schedel.

Michael Wolgemut, Danza macabra (1493) da Liber chronicarum di Hartmann Schedel.

 

Nel caso voleste vestirvi da morti viventi e celebrare degnamente Halloween c’è una cosa da fare assolutamente per essere credibili e davvero spaventosi: datevi una spruzzata di cadaverina e putrescina, l’odore di morto.

Qualunque zombie degno di questo nome infatti dovrebbe avere oltre all’andatura legnosa e la pelle verdognola con qualche vermetto attaccato, anche un bell’odore putrescente. Come si ottiene? In realtà, come spesso succede, quello definito come “odore di morte” è un bouquet di almeno 400 diverse molecole chimiche, ma tra queste alcune sono particolarmente degne di nota: cadaverina, putrescina, scatolo e indolo.

Perché i cadaveri in putrefazione puzzano? Intanto chiariamo una cosa: puzzano secondo noi, ma non tutti i nasi sono uguali. Prendete per esempio gli animali che si cibano di carcasse, o gli insetti che vi depositano le larve. Per molti esseri viventi riconoscere e essere attratti da questi odori pestiferi è vitale, nel vero senso della parola. Anche animali come i ratti e i pesci rossi sono moderatamente attratti da composti come cadaverina e putrescina, mentre altri usano questi odori per delimitare il territorio. Come si sviluppano? Il processo di decomposizione di un corpo attraversa diversi stadi: quando il cuore smette di battere si interrompe la circolazione sanguigna, perciò il sangue non irrora più i tessuti, e le cellule, non ricevendo più ossigeno e nutrimento, muoiono. L’azione di diversi tipi di batteri produce i primi odori. Le loro attività metaboliche producono infatti diversi tipi di gas che causano il classico gofiore del corpo e la sua puzza. Man mano che le molecole organiche del cadavere vengono digerite e altre quindi si formano, cambiano anche i batteri e gli insetti che usano in vario modo queste sostanze. Questa macabra staffetta è utile tra l’altro se si è sulla scena di un crimine: per stabilire l’ora del decesso gli investigatori si rifanno alle perizie dei patologi e degli entomologi che fanno un’analisi gli insetti infestanti.

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Ad ogni modo, le molecole più puzzolenti sono ammine e composti solforati. Putrescina (Butano-1,4,diamina) e cadaverina (Pentano, 1,5, diamina), descritte nel 1885 dal medico Ludwig Brieger, hanno il caratteristico odore di carne putrefatta – sono reponsabili anche della classica fiatella che si ha appena svegli – e sono molecole organiche a catena corta con due gruppi aminici alle estremità. La differenza tra le due sta nell’origine da due diversi aminoacidi: argininia e lisina. Ci sarebbe poi da dire che l’arginina nel diventare putrescina subisce un passaggio intermedio nel quale viene trasformata in ornitina, la quale entra anche nel ciclo dell’urea e come risultato finale del processo contribuisce all’odore caratteristico dell’urina. Il metabolismo delle proteine, essendo fatte di aminoacidi, di solito porta a molecole piuttosto odorose per via del gruppo amminico –NH2 (azoto, idrogeno) – parente dell’ammoniaca (NH4) per capirci – in diverse declinazioni. Ecco anche perché per esempio la pupù degli animali carnivori di solito ha un odore più pungente rispetto a quella degli erbivori.

Lo scatolo (3-metilindolo), dall’ odore più fecale, e l’indolo, più muffoso, danno invece al cadavere delle declinazioni odorose più stantie, ma si tratta di molecole che a basse concentrazioni hanno un sentore floreale. Lo scatolo, oltre a essere attraente per molti insetti lo si trova anche negli olii essenziali dei fiori d’arancio e del gelsomino, infatti insieme all’indolo viene usato anche in profumeria.

 The smell of death

 

How was your Halloween? Have you spotted any credible scary deadly monster around, or have you been yourself one of them? Did it worked out?

Well, one of the most important features of any respectable zombie is an awful, horrid, disgusting smell of putrescent flesh. How to get that?

First, we should notice that what we usually call “smell of death” is actually a mixture of more than 400 different compounds including putrescine, cadaverine, skatole (3-methylindole), and indole, which are released at a certain moment of the decaying process of a carcass or a corpse. Let’s have a look how it works.

When heart stops beating the blood stops flowing to the tissues and cells, without oxygen and nutrients, start to die. Bacteria take advantage from the situation, they start to eat and grow releasing gas as a by-product of digestion. Thus, the corpse body starts inflating and stinking.

As soon as all the organic compounds have been digested, the population of bacteria and insects able to eat the remains changes. This is how, for example, pathologist and forensic science can estimate the time of death during criminal investigations. Forensic entomology studies the succession pattern of insects and arthropods found on the decomposed cadavers. Therefore, depending on which kind of insect they found on the body, they can estimate the stage of decomposition and the time of death.

Among the most stinky molecules responsible for the smell of death we found sulfur and amine derivatives compounds. First discovered by the physician Ludwig Brieger in 1885, putrescine (1,4-diaminobutane) and cadaverine (1,5-pentanediamine) are both produced by the breakdown of amino acids arginine and lysine respectively, and they are the major responsible for the foul smell of putrefying flesh. By the way, they are also responsible, with other molecules, of bad breath, vaginosis odor and some of other body scents.

Usually protein metabolism produces smelly molecules because proteins are made out of amino acids, and the products of their metabolism usually are NH2 – compounds, similar to “ammonia” (NH4) derivatives to say it sample. This is why, for example, the poop of carnivores is smellier than that from vegetarian animals.

Skatole and indole are quite smelly as well. The fascinating thing about them is that they are also present in some essential oils from flowers like jasmine. Many insects are very attracted from them, which is the reason why many flowers evolved a way to produce such compounds. They have an odor which in small concentration can result flowery and pleasant, and they are used along with other compounds in perfumery as well.

Ready for being the scariest zombie ever?

Bonus
Come si fa la cadaverina?
How to make cadaverine.
 

 

Riconoscersi a naso

Come riconosciamo il nostro odore

Giornata intensa, un corri corri fino a sera quando, tornati a casa, compiamo quel gesto meraviglioso di togliere i vestiti e metterci comodi. È in quel momento, mentre ci stiamo sfilando la maglia a braccia alte e ascelle spalancate che cogliamo il nostro io più profondo. Una sola sniffata è sufficiente, ci crogioliamo giusto un attimo nel nostro odore, un ghigno a metà tra il compiaciuto e il tramortito e poi via sotto la doccia. Affascinante. Eppure che cosa sia a permetterci di distinguere il nostro odore da quello degli altri non è ancora chiaro.

Continua (su Quarantadue)

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Credit: Wikipedia.

 

PS. Poi certo c’è sempre chi si fa un po’ prendere la mano…